Settembre 16th, 2019 Riccardo Fucile
DA QUANDO E’ ALL’OPPOSIZIONE HA RECUPERATO LA MEMORIA CHE AVEVA PERSO PER 14 MESI
Lo aveva detto lo stesso Matteo Salvini: «Stare all’opposizione è più semplice».
E nel giro di meno di due settimane, ecco che le questioni sempre taciute nel suo lungo periodo a capo del Viminale diventano una questione che può essere strumentalizzata per fare la solita e continua propaganda politica.
Si parla degli sbarchi fantasma che da sempre — anche durante la sua guida al Ministero dell’Interno — hanno contraddistinto le coste italiane.
Solo che, fino a un paio di settimane fa, il leader della Lega non ne ha mai voluto parlare, portando avanti la sua campagna fatta di propaganda sui ‘porti chiusi’. Ora, invece, gli episodi vengono denunciati e palesati, anche attraverso i suoi canali social.
Lo ha fatto — dopo averlo già detto durante la festa della Lega a Pontida 2019 — ai microfoni di Mattino 5, la trasmissione in onda sulle reti Mediaset.
Durante il suo intervento, infatti, Matteo Salvini ha fatto riferimento alle 250 persone arrivate nella notte sulle coste italiana attraverso i cosiddetti sbarchi fantasma: quei barchini al di fuori dei radar che riescono ad attraversare il Mediterraneo nell’anonimato assoluto.
Tardi, ma se ne è accorto. Sempre fuori tempo massimo.
Quando, infatti, gli venivano fatte notare le decine di episodi che si sono susseguiti nel corso dei suoi 14 mesi di lotta contro le Ong, Matteo Salvini non ha mai parlato di questi sbarchi fantasma che, in realtà , hanno fortemente influenzato il suo mandato al Viminale. Ma il ‘problema’ — evidenziato anche con i due decreti sicurezza — erano soltanto le Ong, in una sorta di ossessione da dare in pasto agli italiani.
Il tutto mentre sulle coste italiane i porti non sono mai stati chiusi, con i cittadini vittime dei luoghi comuni. Ma ora se ne parla. Ora, dall’opposizione. Perchè è più facile.
(da agenzie)
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Settembre 16th, 2019 Riccardo Fucile
IL PROCURATORE PATRONAGGIO: “CRIMINI CONTRO L’UMANITA’, AGIRE A LIVELLO INTERNAZIONALE” … COINVOLTE LE ISTITUZIONI UFFICIALI LIBICHE, QUELL’ASSOCIAZIONE A DELINQUERE CHE L’ITALIA FINANZIA A MILIONATE PER FARE IL LAVORO SPORCO
Lasciati morire, torturati, violentati, ricattati in un centro di detenzione della polizia libica. È un condensato di orrori, ma soprattutto una tragica conferma di quanto denunciato nei giorni scorsi da un rapporto dell’Onu il racconto di alcuni dei migranti soccorsi e sbarcati a Lampedusa dalla nave Alex della Ong Mediterranea che hanno consentito alla squadra mobile di Agrigento diretta da Giovanni Minardi di avviare l’inchiesta che questa mattina ha portato al fermo di tre persone, altri migranti giunti in Italia con precedenti sbarchi, che erano ancora ospitate nell’hotspot di Messina.
L’inchiesta, coordinata dalla Procura di Agrigento e poi passata alla Dda di Palermo che ha firmato il provvedimento di fermo, per la prima volta contesta in Italia il reato di tortura oltre a quelli di sequestro di persona e tratta di esseri umani.
“Questo lavoro investigativo – spiega il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio – è suscettibile di ulteriori importanti sviluppi e ha dato conferma delle inumane condizioni di vita all’interno dei cosiddetti capannoni di detenzione libici e la necessità di agire, anche a livello internazionale, per la tutela dei più elementari diritti umani e per la repressione di quei reati che, ogni giorno di più, si configurano come crimini contro l’umanità “.
I torturatori
I tre arrestati, Mohamed Condè, detto Suarez, 27 anni della Guinea, Hameda Ahmed, 26 anni, egiziano e Ashuia Mahmoud, 24 anni, egiziano anche lui, sequestravano i migranti al loro arrivo in Libia e li lasciavano partire solo dopo mesi e mesi di drammatiche violenze e dopo aver ricevuto il riscatto pagato dai familiari. O dopo aver rivenduto come schiavi chi non poteva pagare.
Le vittime, che coraggiosamente hanno dato la loro testimonianza, hanno raccontato di aver assistito a omicidi, ma anche di aver visto morire di stenti loro compagni di detenzione. Hanno riconosciuto gli autori delle violenze nelle foto che gli agenti della Mobile di Agrigento hanno mostrato loro, come fanno ad ogni sbarco nelle prime indagini condotte negli hotspot proprio alla ricerca di eventuali componenti le organizzazioni di trafficanti che spesso arrivano anche loro in Italia sui gommoni.
Il centro di detenzion
Il lager in cui avvenivano le torture oggetto dell’inchiesta è quello di Zawiya, un centro di detenzione ufficiale gestito dalla polizia libica
“C’erano anche donne e bambini. Sostanzialmente era una prigione della polizia libica. Presso questa ultima struttura, malgrado – racconta uno dei migranti ai poliziotti – la stragrande maggioranza di noi migranti pativa la fame e la sete. Nessuno veniva curato e quindi lasciato morire in assenza di cure mediche. Personalmente ho assistito alla morte di tanti migranti non curati. Molti di noi aveva malattie alla pelle”.
Le testimonianze: “Ci davano da bere solo acqua di mare”
“Tutte le donne che erano con noi, una volta alloggiate all’interno di quel capannone, sono state sistematicamente e ripetutamente violentate da due libici e tre nigeriani che gestivano la struttura. Eravamo chiusi a chiave. I due libici e un nigeriano erano armati di fucili mitragliatori, mentre gli altri due nigeriani avevano due bastoni”. È il racconto di una delle vittime dei carcerieri del campo di prigionia di Zawiya. “Le condizioni di vita, all’interno di quella struttura, erano inaudite. Ci davano da bere acqua del mare – racconta – e, ogni tanto, pane duro. Noi uomini, durante la nostra permanenza, venivamo picchiati per sensibilizzare i nostri parenti a pagare denaro in cambio della nostra liberazione. Ci davano un telefono col quale dovevamo contattarli per dettare loro le modalità di pagamento. Durante la mia prigionia ho avuto modo di vedere che gli organizzatori hanno ucciso a colpi di pistola due migranti che avevano tentato di scappare”.
“I carcerieri erano spietati – spiega ancora il testimone – Il capo del campo si chiama Ossama ed è un libico. Vestiva in abiti civili ed aveva delle pistole sempre con sè”. “Ho visto morire tanta gente, – racconta – in particolare due fratelli della Guinea morti per le ferite subite nel campo. Con me all’interno di quel carcere c’era mia sorella Nadege che purtroppo è morta lì per una malattia non curata. Mia sorella aveva al seguito le due figlie di 7 e 10 anni che sono ancora detenute in Libia. Ho visto che molte donne venire violentate da Ossama e dai suoi seguaci”.
L’atto d’accusa
“Sistematiche percosse con bastoni, calci di fucili, tubi di gomma, frustate e somministrazione di scariche elettriche”, ma anche “ripetute minacce gravi” messe in atto “con l’uso delle armi o picchiando brutalmente altri migranti quale gesto dimostrativo”, “accompagnate dalla mancata fornitura di beni di prima necessità , quali l’acqua potabile, e di cure mediche per le malattie lì contratte o le gravi lesioni riportate in stato di prigionia- acute sofferenze fisiche e traumi psichici e un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona”.
Ecco alcune delle torture subite dalle vittime nei cambi di detenzione in Libia, scrivono i magistrati nel provvedimento di fermo firmato dal procuratore aggiunto Marzia Sabella e dai sostituti Ferrara e Caputo.
(da agenzie)
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Settembre 16th, 2019 Riccardo Fucile
LA PROPRIETARIA: “PER NOI NASCERE A PALERMO E’ SUFFICIENTE PER ESSERE ITALIANI, SE NON TI STA BENE STATTENE A CASA TUA, LA RAGAZZA E’ BRAVISSIMA E MERITA RISPETTO”… E LO ACCOMPAGNA ALLA PORTA
Un altro episodio di razzismo e discriminazione, anche in vacanza. Dopo la vicenda della giovane pugliese a cui non è stato permesso affittare un’abitazione nel Milanese, il capoluogo meneghino continua a essere protagonista — a latere — di vicende che vedono al centro la discriminazione.
L’ultimo episodio è stato denunciato dalla titolare di un B&B — o per meglio dire, un R&B, Room and Breakfast — del centro di Palermo, dove un turista milanese ha utilizzato termini di stampo razzista nei confronti di una dipendente nera che lavora nella struttura.
Ed è la stessa proprietaria del R&B La Terrazza Sul Centro di Palermo, la signora Barbara Alongi, ad aver denunciato l’accaduto sui social, rendendo pubblica la sua decisione di cacciare via dalla sua struttura quel maleducato e razzista turista che da Milano era sceso in Sicilia al grido dei «veri italiani», quasi fosse un manifesto della razza nei confronti degli stranieri. E non solo.
«Caro ospite ignorante, per noi nascere a Palermo è sufficiente per essere italiani e se per te i siciliani non lo sono, stattene serenamente a casa tua — si legge nel post Facebook condiviso dalla pagina della struttura alberghiera siciliana -. Se pensi che il “vero italiano” sia un essere superiore, noi tutti siamo più italiani di te! Felice di averti, con il sorriso, sbattuto la porta in faccia perchè qui è casa mia e non diamo il benvenuto a chi non lo merita. W il mondo a colori».
Il marito della donna, co-proprietario del R&B, ha spiegato a La Repubblica come si sia mantenuta la calma per qualche minuto, ma vista l’insistenza del turista milanese nel ribadire i suoi concetti di «vero italiano» insultando la collaboratrice che lavora nella loro struttura, hanno deciso di rinunciare agli ultimi soldi di quell’uomo cacciandolo dal loro albergo.
“Ho sopportato qualche minuto, poi ho deciso di intervenire – racconta Emiliano Nania, marito della titolare del b&b “La terrazza sul centro” – La ragazza è una collaboratrice bravissima del b&b e merita rispetto”.
Il post su Facebook ha ottenuto un profluvio di commenti e condivisioni. “Brava – si legge in un commento – W Palermo dell’accoglienza, della cultura antica e dei sorrisi gioiosi come quello della tua collaboratrice”.
(da agenzie)
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Settembre 16th, 2019 Riccardo Fucile
NON C’E’ LIMITE AL DEGRADO UMANO… IL GRUPPO IRONIZZA ANCHE QUANDO IL RAGAZZO E’ STATO SOCCORSO DA UN’AMBULANZA
Una foto in posa davanti a un ragazzo svenuto sul sagrato della chiesa. Come sottofondo la canzone “Se mi lasci non vale” di Julio Iglesias.
La consigliera comunale della Lega a Ostuni, Margherita Penta (anche coordinatrice cittadina del partito guidato da Matteo Salvini) si lascia ritrarre così da un amico avvocato, nelle stories di Instagram.
Il tutto è accaduto nel centro cittadino, in piazza Libertà , intorno a mezzanotte del 15 settembre.
Da quanto ricostruito dal social network, attraverso i tag rimbalzati fra amici, il ragazzo – di colore – appare incosciente: indossa un cappello e una maglietta rossa, pantaloni chiari e scarpe da ginnastica. È fermo in una posizione scomoda sulle scale della chiesa di San Francesco, proprio accanto al palazzo del Comune
Qualcuno – forse lo stesso gruppo di amici – chiama l’ambulanza, che interviene per portare via il ragazzo.
E lo smartphone continua a inquadrare, e a pubblicare tutto sui social network. La sequenza, quindi, si sviluppa in diverse fasi: in un primo momento, davanti al ragazzo incosciente, c’è una ragazza in atteggiamento dubbioso, e la foto è accompagnata dalla scritta “Mi vuoi sposare?”, da un emoticon a tema e dalla canzone “Ti sposerò perchè” di Eros Ramazzotti.
Segue poi un video in cui si vedono gli operatori dell’ambulanza che trascinano la barella, portando via il ragazzo, e stavolta la canzone scelta – sempre dall’amico avvocato – è “Morirò d’amore” di Jovanotti.
La sequenza si chiude infine con il ritratto di Margherita Penta, sorridente davanti al ragazzo, sulle note di Julio Iglesias.
(da agenzie)
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Settembre 16th, 2019 Riccardo Fucile
LA SUA INCAPACITA’ DI STARE DENTRO UN PROGETTO SENZA ESSERE COLUI CHE COMANDA… MA LOTTI E GUERINI NON LO SEGUONO
L’annuncio ha una data e un orario e fissato, quello di martedì 17 (con scarsa sconsiderazione per la scaramanzia) alle ore 18, quando inizierà la solita registrazione nel solito studio di Vespa.
È in quella sede che Matteo Renzi pronuncerà il suo “me ne vado dal Pd”. Fonti vicine all’ex segretario assicurano che “è pressochè certo, anche se con Matteo non si sa mai fino all’ultimo”.
E tutto racconta di una precipitazione, con l’obiettivo di fare della Leopolda la celebrazione del nuovo inizio e non il luogo di un dibattito su “che fare”, rituale che il decisionismo renziano non ha mai particolarmente apprezzato.
Proseguono le stesse fonti: “Anche perchè vogliamo vedere chi viene alla Leopolda, chi sta con noi e chi no”.
Ecco, ci siamo, è il partito (o partitino di Renzi), che ancora non ha un nome, ennesimo capitolo di una storia politica all’insegna del referendum su di sè, nel paese, nel partito, ora tra i suoi.
Perchè su questo strappo si è consumata una frattura vera, tutta dentro il mondo che fu renziano: “Ormai Guerini e Lotti sono con Franceschini”, sono queste le parole di chi in questi giorni ne ha raccolto lo sfogo. C’è anche questa “solitudine” nella decisione maturata in queste ore, in cui c’è stata una accelerazione operativa proprio nella domenica passata a Firenze per definire i dettagli: soldi, sede, nome.
Pare cioè un atto di forza, in verità è un modo per dire “io esisto”. Il colpo duro da digerire è “il Lotti” che in questi anni è stato a Renzi come Verdini a Berlusconi, custode dei segreti, braccio operativo delle operazioni più delicate. Tra i due si è consumata una separazione vera. Il giglio ha perso un petalo.
Con Lotti resterà il grosso di Base riformista: “La rottura è stata sul governo, nella fase finale della trattativa sui sottosegretari”. E adesso anche le amazzoni del renzismo entrate nella stanza dei bottoni, come Alessia Morani, scrivono “Matteo ripensaci”. Diverso il discorso con Matteo Orfini, che ha sostenuto Renzi con lealtà , ma non lo seguirà in questa avventura. I due hanno parlato nei giorni scorsi, senza psicodrammi. Senza che l’uno facesse cambiare idea all’altro
L’ex segretario ha deciso: “Non è più sostenibile la situazione, vogliono che me ne vada, me ne vado”. Al Senato l’idea è di trasferirsi, già nei prossimi giorni, nel misto con tre o quattro senatori, poichè il regolamento a palazzo Madama impedisce di formare gruppi ai partiti che non si sono presentati alle elezioni.
Ma anche perchè, in tal modo, Marcucci resterebbe capogruppo del Pd. Primo caso nella storia in cui gli scissionisti controllano anche il partito da cui si sono scissi. Alla Camera non c’è problema di numeri e circola già l’ipotesi di Roberto Giachetti, che oggi si è dimesso dalla direzione del Pd, come capogruppo
Altro che separazione consensuale, si dice sempre così quando si inizia. L’obiettivo è di Renzi è chiaro, quello di muoversi nella nuova maggioranza come un Salvini turbo-riformista, condizionare l’agenda di governo, porsi come l’alfiere dello spirito autentico del Pd, di fronte a un Pd che rischia la “grillizzazione”, tornare in tv, parlare, sentirsi capo. Di pochi, ma capo.
Perchè poi il punto è sempre questo, l’incapacità di stare dentro un progetto senza essere colui che comanda.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 16th, 2019 Riccardo Fucile
LA SQUALLIDA ESIBIZIONE DELLA GRETA DI BIBBIANO SUL PALCO DI PONTIDA
«Mi vergogno per chi coinvolge i bambini, i figli devono essere tenuti fuori dalla polemica politica», a dirlo Matteo Salvini mentre insultava il cronista di Repubblica Valerio Lo Muzio “colpevole” di aver filmato il figlio a bordo di una moto d’acqua della polizia.
«Lei che è specializzato — aveva continuato l’allora ministro dell’Interno — vada a riprendere i bambini, visto che le piace tanto». Erano i giorni in cui Lega e M5S facevano polemica gratuita su Bibbiano e sul partito di Bibbiano.
Oggi a parlare di Bibbiano e di bambini rubati è rimasto solo il partito che definiva “famiglie schifezza” e “fritti misti” quelle omosessuali.
E ieri a Pontida i bambini sono tornati ad essere protagonisti della propaganda politica della Lega. Salvini ha chiamato sul palco un gruppo di bimbi e tra loro c’era anche Greta una delle bambine “rubate” di Bibbiano (accompagnata dalla mamma).
Anche questa volta Salvini si è garantito un posto sulle prime pagine di tutti i giornali. Con la mossa di Bibbiano tutti parlano di Pontida 2019 e della strategia spregiudicata di usare i bambini nei comizi.
C’è chi si è scandalizzato per questa ennesima strumentalizzazione dei minori. Ma non serve avere la memoria lunga.
Qualche mese fa — ad aprile — durante un comizio a Cantù il leader della Lega aveva fatto salire sul palco bambini, mamme e papà mentre spiegava«è questa l’Italia cui stiamo lavorando, che i bambini nascano a Cantù e che non ci arrivino sui barconi dall’altra parte del mondo, già belli e confezionati».
E Salvini i bambini, i suoi o quelli degli altri, li ha sempre usati per fare propaganda.
Ci sono le foto dei suoi figli, in particolare la figlia Mirta, avuta dalla ex compagna Giulia Martinelli.
E ci sono le foto dei figli altrui, quelli portati farsi “benedire” dal Capitano, che dispensa loro baci in fronte e carezze manco fosse il Papa.
Oppure c’è il tema di quel bambino di Padova (Tancredi, di anni 9) che racconta dell’incontro emozionante con Salvini, prontamente pubblicato sulla pagina Facebook. Ma ci sono anche le ragazzine (magari coetanee del figlio) messe alla gogna in quanto pericolose sovversive.
A queste Salvini non riserva nemmeno la cortesia di una foto di spalle o censurata. La privacy vale solo per i suoi figli non per quelli degli altri.
Quando Salvini carica su Facebook una foto della figlia non è solo per condividere con i suoi quasi quattro milioni di fan un momento intimo. Il suo è un gesto politico: vuole affermare che lui è uno che pensa ai bambini, sempre. Mica come quelli di sinistra che i bimbi li mangiano o peggio ancora li rubano.
Salvini sa benissimo che la retorica dei figli della Ruspa è nulla senza l’esibizione pubblica dei bambini. E ieri a Pontida la Lega, il partito più vecchio dell’arco costituzionale il cui leader ha fatto cadere un governo con lo stesso stile di Bossi nel 1994, si è presentata come la forza del “Futuro”.
E cosa meglio di un gruppo di bambini incarna in maniera esemplare l’idea di futuro? Nulla. Ed ecco che il futuro si materializza sul palco, nella carne. E poco male se Salvini con le sue idee per finanziare la Flat Tax facendo più debito e con la promessa di abolire la Legge Fornero quel futuro lo vuole rendere insopportabile per le nuove generazioni.
Ma che importa, quando quei bambini se ne accorgeranno saranno troppo grandi per salire sul palco della Lega, e il loro posto sarà preso da altri.
Perchè uno dei pregi dei bimbi è che non fanno domande.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 16th, 2019 Riccardo Fucile
TRA LE DOTI MINIME DI UN LEADER RIENTRA CHIEDERE SCUSA QUANDO SI SBAGLIA
Chiedere scusa dovrebbe rientrare tra le doti minime di un leader. Matteo Salvini non lo ha ancora imparato.
Non lo ha fatto a Milano Marittima dopo l’intimidazione nei confronti di Valerio Lo Muzio, videoperatore di Repubblica .
E non lo ha fatto ieri a Pontida dopo l’aggressione fisica a Antonio Nasso, sempre del nostro giornale, e gli insulti antisemiti all’indirizzo di Gad Lerner.
Si è permesso, anzi, una battuta sui “provocatori” che osano calpestare il prato della Lega. Nulla di nuovo per chi ha sdoganato questa “normalità ”, se non una riflessione: la violenza non solo verbale dei sovranisti contro la stampa trova alimento nel clima del Paese.
Solo a Repubblica è lungo l’elenco dei giornalisti minacciati.
Federica Angeli e Floriana Bulfon dai clan criminali di Roma, Paolo Berizzi dai gruppi neonazisti, Salvo Palazzolo dai boss della mafia, Carlo Bonini e Marco Mensurati dalle frange più violente degli ultras romanisti.
La loro colpa? Ostinarsi a informare.
Il problema, non di Repubblica ma del Paese, è che fare con rigore il giornalista ormai è diventato un rischio. Una realtà , riflettano le istituzioni e i capi politici (sì, anche Salvini), che una democrazia dovrebbe scongiurare.
(da “La Repubblica”)
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Settembre 16th, 2019 Riccardo Fucile
CHI NON CONDANNA I DELINQUENTI APPROVA I LORO METODI PERCHE’ E’ DEGNO DI LORO… IN PAESE NORMALE SAREBBE IN GALERA DA TEMPO, IN UNO MENO NORMALE NON CI SAREBBE NEANCHE ARRIVATO
Un raduno all’insegna della rabbia. È in una singola frase, netta e lapidaria, forse il bilancio più concreto del consueto raduno leghista di Pontida.
La macchina della propaganda di Salvini si nutre di nemici: che siano le “perfide” ONG con il loro carico di immigrati o i giovani dei centri sociali, che siano gli oppositori politici, attaccati usando strumentalmente anche bambini innocenti o giornalisti con l’unico compito di raccontare la realtà , poco importa.
E i semi dell’odio, sparsi a piene mani dalla propaganda leghista, dai palchi di mezza italia e dai social, stanno dando purtroppo i loro frutti.
A farne le spese un giornalista di Repubblica, aggredito da un militante con un pugno e Gad Lerner, storica firma del giornalismo italiano, ospite non proprio gradito alla platea leghista. Mentre si dirigeva verso l’area stampa Lerner è stato sommerso di insulti, con un ventaglio di improperi che hanno oscillato dal “venduto” e “buffone” a veri e propri insulti di tipo antisemita. Dai cori ‘merda-merda’, ‘sei un buffone’, alle minacce ‘ti facciamo mangiare merda’.
Una dinamica molto grave che ha scatenato la dura reazione del giornalista.
In un tweet Lerner ha attaccato frontalmente Salvini, evidenziando tutta la distanza che separa la Lega attuale, guidata da Matteo Salvini, con quella di Bossi, ma anche con l’ala più “liberal” e “moderata” di Giorgetti.
Quando l’onorevole leghista Cesare Rizzi disse in un comizio “Se vedo Lerner capisco Hitler”, subito Bossi mi telefonò che era un pirla. Quando Gianluca Buonanno mi definì “ebreo tirchio che fa il comunista”, Giorgetti chiamò per chiedere scusa.@matteosalvini chi tace acconsente
Secondo Lerner, il silenzio di Salvini è complice della vergognosa aggressione verbale che gli è stata riservata a Pontida. Un’ aggressione che continua anche via social: basta ritagliarsi qualche istante per dare un occhio al tono dei commenti che vengono riservati al giornalista.
La sua unica colpa? Quella di criticare il leader leghista, ovvero quella di fare il suo lavoro. L’ennesima conferma del demone coltivato, con sagacia e strategia, da nuovo corso leghista. Un demone che ha già minato il livello del dibattito pubblico e che ci riporta, direttamente, verso i periodi più drammatici e vergognosi della nostra storia.
(da Globalist)
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Settembre 16th, 2019 Riccardo Fucile
IL VIMINALE HA DATO L’ESATTO NUMERO DEI PARTECIPANTI, BEN LONTANI DAGLI 80.000 DICHIARATI E DAI 70.000 CHE COSTITUIVANO LA LINEA DI DEMARCAZIONE DA UN FLOP
A Pontida o arrivano 70mila persone o sarà stato un flop: secondo Dagospia, che da qualche tempo si diletta nell’arte di portare l’acqua con le orecchie a Salvini tanto da inventarsi anche complotti di poteri forti internazionali contro il povero Matteo, lo pronosticava sabato con discreta sicurezza:
“L’asticella è alta ma non insormontabile per Matteo Salvini: se saranno più di 70 mila le persone domani a Pontida (con il sogno di raggiungere le 100mila presenze mentre a San Giovanni il 19 ottobre a Roma il Capitano vuole 200 mila partecipanti) sarà stato un successo altrimenti sarà flop. È questa la linea di demarcazione tra successo e insuccesso che i vertici leghisti si sono dati per il raduno leghista: “Dobbiamo far vedere a tutta l’Italia che la gente è ancora con noi”.
Eh già , perchè adesso il problema del Capitano leghista è di dimostrare numeri alla mano che ha ancora seguito popolare anche ora che ha perso l’incarico di governo e i sondaggi lo danno in calo.
Tanto più che prestissimo comincerà la trafila delle regionali (Umbria, Emilia Romagna, Toscana e Calabria): e qui potrebbero essere dolori, spiegano leghisti in Transatlantico: “Fino ad un mese fa avremmo fatto filotto senza problemi, conquistando quattro regioni su quattro senza troppe difficoltà invece adesso il nostro obiettivo è di conquistarne almeno due. Se invece ne conquisteremo di meno in futuro si porrà anche il tema della leadership salviniana soprattutto se il governo dovesse durare a lungo, almeno fino all’elezione del prossimo Capo dello Stato”.
E quindi quanti erano ieri a Pontida? Giusto per non sbagliarsi, lo Stato maggiore leghista si è affrettato a dichiararne diecimila in più rispetto all’obiettivo minimo.
Ma, spiega oggi il Corriere, per la Questura erano molti meno:
“Voleva il bagno di folla, Matteo Salvini, e l’ha avuto. Non che fosse difficile ma alle 45 mila persone (i lumbard salgono a 80 mila, «pazzesca, la più grande di sempre» per Salvini) arrivate fin qui, l’ex ministro ha regalato le parole che volevano esattamente sentirsi dire.”
(da agenzie)
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