Dicembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
IL “GRANDE EVENTO” IN PIAZZA MAGGIORE A CONCLUSIONE DELLA CAMPAGNA ELETTORALE NON SI FA PIU’ E SI RIPIEGA SU MARANELLO
Matteo Salvini aveva ripetuto in tante occasioni di voler instaurare un dialogo con le Sardine dopo la contestazione del Paladozza.
In alcune occasioni aveva però messo in campo alcune strategie di fuga che avevano fatto pensare a un cambio di strategia, per così dire, come è successo a Ferrara ad esempio.
Oggi un’intervista rilasciata da Lucia Borgonzoni al Corriere di Bologna fa pensare che la fuga di Salvini sia ancora in atto.
La candidata alla presidenza dell’Emilia-Romagna prima dice che le Sardine, non candidandosi, dimostrano la debolezza del loro progetto politico.
Quando però Francesco Rosano le chiede se ci sarà il famoso grande evento con cui la Lega voleva chiudere la sua campagna elettorale a Bologna, lei nicchia:
La notte del PalaDozza, Matteo Salvini annunciò sul palco che avreste organizzato un evento in piazza Maggiore prima del voto: si farà davvero? E quando
«Per ora abbiamo deciso di chiudere la campagna elettorale a Maranello, simbolo di un’Emilia-Romagna vincente e apprezzata nel mondo. Quello è l’unico rosso che ci piace…».
Insomma, prima l’evento in piazza Maggiore promesso dal Capitano. Poi il curioso dietrofronti di Borgonzoni.
Paura, eh?, direbbe Lucarelli.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
IN UN MESE HA GUADAGNATO UN PUNTO SULLA SUA AVVERSARIA… 48,5% CONTRO 45,5%
Nell’arco di circa un mese Stefano Bonaccini incrementa il suo vantaggio su Lucia Borgonzoni e si conferma il favorito nella corsa alla presidenza della regione Emilia Romagna (48,5%) con un buon margine di vantaggio rispetto alla rivale Lucia Borgonzoni della Lega (45,5%).
Più staccato il candidato del M5s Simone Benini (9,5%). È quanto rileva un sondaggio di Opinio Italia svolto il 19 dicembre scorso su un campione di mille intervistati in vista delle regionali del prossimo 26 gennaio
Lo scorso 15 novembre Bonaccini, candidato del centrosinistra, si attestava su una forbice tra il 44% e il 48%. Il 19 dicembre, data dell’ultima rilevazione, il governatore in carica aveva aumentato il consenso al 44,5%-48%,5 mentre la Borgonzoni ha perso quel mezzo punto percentuale guadagnato dal candidato Pd.
Se la leghista guadagnava tra il 42% e il 46% dei consensi il 15 novembre, la percentuale scendeva al 41,5%-45,5% il 19 dicembre.
Leggero calo anche per Benini, passato dal 6-10% di novembre al 5,5%-9,5% di dicembre.
(da agenzie)
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Dicembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
HA CONTROLLATO PERSONALMENTE TUTTI I NOMI DEI CANDIDATI ALLA REGIONE E NE HA ELIMINATI SEI: “NIENTE SIGNORI DELLE TESSERE E DELLE CLIENTELE, NO A CHI HA GUAI GIUDIZIARI”
Se laboriosa e travagliata è stata l’individuazione del candidato governatore, anche per le liste di centrodestra e centrosinistra alle regionali la quadra arriva al fotofinish.
Il termine massimo per la presentazione è fissato per oggi a mezzogiorno, ma solo il M5s e l’indipendente ex responsabile della Protezione Civile Carlo Tansi hanno presentato con largo anticipo le liste alla Corte d’appello di Catanzaro.
Nei due schieramenti principali invece fino all’ultimo si è lavorato di lima sui nomi.
Le riconciliazioni in extremis con i Mario “ribelli”, il governatore dem uscente Oliverio da una parte e il sindaco di Cosenza Occhiuto dall’altra, scartati come candidati alla presidenza della Regione e fino all’ultimo tentati da una corsa in autonomia, hanno fatto tirare un sospiro di sollievo a Pd e Forza Italia, che temevano un’emorragia di voti. Ma non sono stati per nulla indolori per gli equilibri generali.
Ad agitare le acque nel centrosinistra, l’aut aut del candidato governatore Pippo Callipo che ha preteso l’ultima parola sui nomi di tutti gli aspiranti consiglieri, imponendo un identikit preciso: niente signori di tessere e clientele, nessuno anche solo sfiorato da guai giudiziari. “Altrimenti potete trovarvi un altro candidato governatore” è stata la minaccia, per nulla campata in aria, che l’imprenditore ha fatto arrivare al Pd sotto Natale.
Risultato? Più di una testa è caduta, soprattutto fra i fedelissimi di Oliverio, con gran soddisfazione – suggeriscono fonti interne al Pd – di chi da tempo al Nazareno lavora per liberarsi di ingombranti compagni di strada in Calabria.
A fare le spese della “linea Callipo” sono stati l’ex consigliere regionale Orlandino Greco (Idm), sulla cui testa pende una richiesta di rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa, l’ex vicepresidente del Consiglio regionale, Francesco D’Agostino, assolto dalle accuse di mafia nel processo “Alchemia”, ma ugualmente considerato “scivoloso” e l’ex assessore regionale Nino De Gaetano, travolto dalla Rimborsopoli calabrese, ma il cui nome era anche saltato fuori in alcune inchieste sui clan del reggino.
Meno semplice per il Pd è stato gestire i “no” di Callipo all’ex deputato dem Bruno Censore e agli ex consiglieri regionali, Giuseppe Giordano (Pd) e Flora Sculco (eletta con una civica).
Più silenziose, ma non meno complesse le trattative all’interno del centrodestra, dove all’ultimo minuto è toccato trovare spazio anche a chi pensava di correre a sostegno del solo Mario Occhiuto.
Complice anche il pubblico appello di Silvio Berlusconi, il sindaco di Cosenza ha siglato a malincuore la resa “perchè non ci sono le condizioni per portare avanti da soli il nostro progetto”. In cambio ha chiesto spazio per i suoi e presentato alla candidata governatrice Iole Santelli la lista della spesa: “accelerazione dei cantieri con opere in corso a Cosenza e l’avvio delle procedure per il nuovo Ospedale”.
Nel ritorno a casa però Occhiuto ha perso pezzi, come il movimento dell’ex governatore Giuseppe Nisticò, che ha annunciato il proprio appoggio a Callipo.
In compenso, già da tempo però il centrodestra ha adottato diversi transfughi in arrivo dal Pd o formazioni limitrofe, come i consiglieri regionali Giuseppe Neri e Vincenzo Pasqua, il consigliere metropolitano di Reggio Calabria Demetrio Marino e l’ex presidente della provincia di Vibo Valentia Francesco De Nisi.
(da agenzie)
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Dicembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
E’ RETTORE DELL’UNIVERSITA’ FEDERICO II DI NAPOLI: “L’UNIVERSITA’ E’ FATTORE DI SVILUPPO”
Un ingegnere con un Dna da umanista e un fratello in politica, di cui non voleva seguire le orme. Gaetano Manfredi, rettore dell’Università Federico II di Napoli e presidente della Conferenza rettori università italiane, sarà il nuovo ministro dell’Università e della Ricerca.
Lo ha annunciato il premier Conte nella conferenza stampa di fine anno, annunciando lo sdoppiamento del dicastero dell’Istruzione dopo le dimissioni di Fioramonti: la Scuola andrà alla sottosegretaria Azzolina.
Nel 2016, sulle pagine di Repubblica, Gaetano Manfredi, fratello di parlamentare Pd, aveva negato di voler intraprendere la strada politica. A chi gli domandava del potere seduttivo degli ambienti romani, Manfredi rispondeva: “Io quando sono a Roma sono attento a non essere romano. Lì il rischio, il mio timore, è essere inglobato in una Roma politica e autoreferenziale. Noi abbiamo bisogno d’altro, di antidoti alla sete di potere”.
Università e ricerca diventino “fattori di sviluppo e crescita” per il Paese, ma anche elementi “unificanti”, per fare in modo che “i giovani abbiano le stesse opportunità in qualunque parte d’Italia”. Sono due degli obiettivi di Gaetano Manfredi, indicato come ministro per l’Università e la Ricerca, in una dichiarazione all’ANSA.
“Se mettiamo al centro la qualità delle persone non possiamo sbagliare. E’ la strada che intendo percorrere: su questo a volte mi si considera un pò rigido, ma è un tema su cui non faccio negoziati”.
Così il neoministro per l’Università e la Ricerca, Gaetano Manfredi, rettore dell’ Università Federico II di Napoli e presidente della Conferenza dei Rettori (Crui), poco dopo l’annuncio della sua nomina. “In condizioni sicuramente complicate – ha aggiunto – cercherò di fare il massimo per il nostro sistema”.
Il Magnifico dell’Ateneo più grande del meridione, da giovane ha compiuto studi classici prima di iscriversi e laurearsi in Ingegneria nel 1988 proprio alla “Federico II” con la votazione di 110/110 e lode.
Manfredi è stato dottore di ricerca in Ingegneria delle strutture e ha ottenuto una borsa di studio post-dottorato nel 1994. È stato poi ricercatore in tecnica delle costruzioni dal 1995 al 1998, diventando professore associato in Tecnica delle costruzioni dal 1998 al 2000.
La nomina a professore ordinario sempre alla Facoltà di Ingegneria della “Federico II” è arrivata nel 2000. La scadenza del suo mandato da rettore a Napoli è fissata per il 31 ottobre 2020.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
LA GRILLINA 37ENNE, GIA’ SOTTOSEGRETARIO, SOSTITUISCE FIERAMONTI E SI AFFIANCA A GAETANO MANFREDI, NUOVO TITOLARE DI UNIVERSITA’ E RICERCA
“Devo tutto alla scuola e il mio amore per essa deriva anche da questo”, scriveva su Facebook Lucia Azzolina, la nuova ministra della Scuola.
La sua nomina è stata annunciata dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte nella tradizionale conferenza stampa di fine anno a Villa Madama. Con lo sdoppiamento del dicastero dell’Istruzione, alla Azzolina si affianca Gaetano Manfredi, che diventa il titolare dell’Università e Ricerca.
Trentasette anni, originaria di Siracusa e legata al Movimento 5 Stelle, Lucia Azzolina è già sottosegretario dello stesso dicastero dall’inizio dell’esecutivo. Laureata in filosofia e poi in giurisprudenza, la nuova ministra si è occupata anche di diritto scolastico.
Nel maggio 2019, è risultata idonea al concorso per dirigente scolastico, nelle cui graduatorie rimane iscritta in attesa di un eventuale reclutamento degli idonei, in subordine ai vincitori del concorso.
Attiva per anni all’interno del sindacato ANIEF (Associazione Nazionale Insegnanti e Formatori), è poi tornata ad insegnare all’I.I.S “Quintino Sella” di Biella e ha mosso i primi passi in politica nel 2018.
Candida alle parlamentarie per Novara-Biella-Vercelli-Verbania e parte della provincia di Alessandria, ha ottenuto il maggior numero di voti tra le donne candidate. Il 19 marzo 2018 è stata proclamata deputato della Repubblica Italiana eletta nella XVIII Legislatura.
Al mondo della scuola, la Azzolina aveva dedicato un post Facebook nel giorno della nomina a sottosegretario: “Devo tutto alla scuola e il mio amore per essa deriva anche da questo. Ho deciso, dopo la prima laurea in Storia della Filosofia, di impegnarmi subito per realizzare il mio sogno: fare la docente. Dopo due anni di scuola di specializzazione mi sono trasferita, ho lasciato i miei affetti. All’inizio piangevo: poi ho costruito pezzo dopo pezzo la mia vita, cambiando due volte città pur di insegnare”.
“Ho avuto alunni meravigliosi che mi hanno insegnato tantissimo, colleghi che dedicavano le loro giornate alla costruzione di una scuola migliore, collaboratori scolastici e personale ATA sempre pronti ad un sorriso, dirigenti scolastici in gamba. Ho conseguito la seconda laurea in Giurisprudenza in nome di quell’amore per il sapere che avevo dentro sin da piccolina. Investire sulla scuola, sul futuro di ogni singolo studente, significa potergli cambiare la vita in meglio. Se migliori la vita di uno studente, domani avrai un cittadino migliore e tutta la Repubblica ne trarrà giovamento”, aggiungeva Lucia Azzolina.
La nuova ministra proseguiva: “La scuola non è un onere per lo Stato, è un investimento, è formare menti pensanti, cittadini e non sudditi, è il nostro futuro più bello. Al mondo della scuola, a mia sorella, agli attivisti, ai miei colleghi della Commissione Cultura Camera e Senato e a tutto il MoVimento 5 Stelle va il mio ringraziamento per la fiducia e la stima in me riposta e per gli incoraggiamenti che mi hanno sempre dato. Lavorerò a testa bassa, con umiltà e grande senso di responsabilità , come ho sempre fatto. Continuando ad ascoltare, a studiare e ad amare la scuola come quel primo giorno col grembiule bianco”
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
I PROFILI DI BONAFEDE, GUALTIERI, LAMORGESE, GUERINI
Si avvicina l’anno nuovo ed è il momento di fare qualche bilancio: piccole pillole autobiografiche per guardare il paese, la politica e il mercato del lavoro (e per guardarsi allo specchio)
Correvano gli anni ’90, alla radio c’erano gli 883, la nazionale di calcio perdeva le finali ai mondiali di calcio, il muro di Berlino era caduto da qualche anno, la disoccupazione giovanile oscillava tra il 26 e il 30 percento (numeri simili ad oggi) e la maggior parte dei ministri chiave nel Governo Conte bis si avvicinava alla temibile soglia dei trent’anni.
Non è il caso di Luigi di Maio, la cui ben documentata carriera politica ha origini più recenti: l’attuale ministro degli Esteri ha compiuto trent’anni nel 2016 quando era già deputato e vicepresidente della Camera (il più giovane nella storia).
Ma, a differenza del capo pentastellato, i suoi colleghi di gabinetto, come lo stesso premier Conte, sono figli degli anni ’60. Non tutti erano avviati verso la politica, alcuni studiavano, altri muovevano i primi passi nella loro carriera. Le loro storie possono servire da esempio — o da monito — per i chi ha venti o trent’anni oggi e vuole entrare in politica.
Alfonso Bonafede (Giustizia)
I trent’anni sono un anno chiave per il giovane Bonafede, classe 1976, arrivato a Firenze da Mazara del Vallo per gli studi universitari. Il 2006 è l’anno in cui, dopo una laurea in giurisprudenza e un dottorato in diritto privato, diventa avvocato dell’Ordine di Firenze. Scapolo e senza figli, Bonafede era stato prima di quel momento Cultore della materia in Diritto Privato presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Firenze. Ma sono ormai lontani gli anni in cui sfoggiava una capigliatura lunga e impiegava il suo tempo libero (anche) ad esibirsi come vocalist nelle discoteche in voga di Mazara, l’Exstasy e lo Shakabrà
Roberto Gualtieri (Economia)
Altrettanto studioso Roberto Gualtieri. A trent’anni il ministro, classe 1966, si stava avvicinando alla fine del suo percorso di studi dottorali: nel 1997 conseguirà ufficialmente un dottorato di ricerca in Scienze Storiche con una tesi sul Commercio estero e sviluppo, dopo una laurea in Lettere e Storia Contemporanea all’Università di Roma La Sapienza.
Poca la politica all’attivo: dovevano ancora arrivare le esperienze al Parlamento europeo alla direzione dei Democratici di sinistra prima e del Partito Democratico poi. Ma Gualtieri una tessera la possedeva già : quella della Federazione Giovanile Comunista Italiana (FGCI), firmata dal segretario di allora Nicola Zingaretti, nel 1985
Luciana Lamorgese (Interno)
Più enigmatica il nuovo ministro dell’Interni, sulla cui vita privata si dispongono di meno informazioni. Di tutti i ministri, però, risulta essere — in linea con la sua figura di “tecnica” — quella più avviata nella propria carriera a trent’anni.
Classe 1953, all’epoca Lamorgese lavorava già da da più di tre anni, avendo prestato servizio prima presso la Prefettura di Varese e dal 1980 presso il Ministero degli Interni, dove rimarrà fino al 1990.
Seguirà la nomina a Prefetto nel 2003, momento dal quale comincia ad alternarsi tra il ministero e la Prefettura di Venezia, al cui vertice arriverà nel 2010.
Lorenzo Guerini (Difesa)
Dei cinque ministeri chiave — Esteri, Difesa, Giustizia, Economia e Interni — Guerini è stato, insieme a Luigi di Maio, il più precoce dal punto di vista politico. Classe 1966, a trent’anni Guerini era già presidente (da un anno) della Provincia di Lodi, luogo di nascita.
Una nomina che gli era valsa il titolo di più giovane presidente di provincia in Italia. Rimarrà alla guida della provincia fino al 2004, per poi diventare Sindaco della stessa città l’anno successivo.
Nel frattempo però, si allontana dalla Democrazia Cristiana, avvicinandosi alla Margherita e al Partito Democratico di cui diventerà , con Matteo Renzi, uno dei nomi più quotati.
(da Open)
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Dicembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
LA TRADIZIONALE CONFERENZA STAMPA DI FINE ANNO DEL PREMIER: “ORA RICOLLOCHIAMO 98 MIGRANTI AL MESE, CON LUI SOLO 11”
Questo governo sull’immigrazione sta facendo meglio e di più di quello precedente. E quindi più efficiente ed efficace di Matteo Salvini e della sua propaganda.
Giuseppe Conte nella conferenza stampa di fine anno a Villa Madama non risparmia le bordate all’ex ministro dell’Interno. Sia sugli sbarchi e i barconi. Ma anche sulla sua concezione della democrazia. –
“La Lega è una forza politica pienamente legittimata a partecipare al gioco democratico. Quel che più mi ha meravigliato però è il modo in cui Salvini interpreta la sua leadership, che ritengo insidiosa, perchè si ritiene sciolta da vincoli e chiede pieni poteri. In questo modo produce slabbrature istituzionali e veri e propri strappi”., dice Conte.
Torna poi sulle questione degli sbarchi. “Il tema dell’immigrazione è sparito un po’ dai radar. La propaganda può tenere accese le luci dei riflettori su un tema in modo strategico, ma stiamo ottenendo risultati per certi versi anche migliori rispetto al precedente esecutivo: senza clamori, senza che si parli di porti chiusi e porti aperti. L’Italia chiuderà il 2019 con meno di 12 mila sbarchi. Il 2018 è stato chiuso con circa il doppio”, dice il premier.
Conte però non risparmia un altro colpo. ” E il dato significativo è che abbiamo migliorato anche il numero dei ricollocati: oggi sono 98 al mese, nel precedente governo erano 11.Perchè accade questo? Con la massima pazienza, con lo studio e con la determinazione è stato sottoscritto un accordo a Malta che ci ha consentito di avere dei risultati. Questo ci ha consentito una richiesta congiunta di ricollocazione da quattro paesi contemporaneamente. Questo ci consente di ricollocare i migranti in 4 settimane”.
Il premier risponde anche ad una domanda di Repubblica sul caso Gregoretti e il prossimo voto in Senato sulla richiesta di processare l’ex ministro dell’Interno. Conte replica alla chiamata in causa di Salvini che sostiene che quelle scelte furono collegiali e coinvolsero tutto iil governo. “Sto completando le verifiche sulla Gregoretti, ovviamente non mi occupo di un dossier alla volta. Con massimo scrupolo farò le mie verifiche: ho già fatto quelle sui messaggi sul cellulare, ora lo farò sulle e-mail. Sicuramente c’è stato coinvolgimento della presidenza sulla ricollocazione. Non ho avuto ancora alcun riscontro sullo sbarco, ma non ho ancora sciolto la riserva. Se troverò un frammento sarò il primo a dirlo”, dice Conte.
Il presidente del Consiglio parla anche delle modifiche, annunciate e attese, ai decreti sicurezza varati sempre dall’ex ministro dell’Interno.
“Uno dei 29 punti programmatici riguarda l’intervento sui decreti sicurezza per recepire le preoccupazioni espresse dal Presidente Mattarella. Il decreto sicurezza Bis è stato varato dal Consiglio dei ministri in maniera diversa dall’originale, che teneva conto dei rilievi del Presidente Mattarella. Adesso potremo lavorare e sarà uno dei temi dell’incontro di gennaio”, spiega Conte rispondendo ad un prima domanda.
(da agenzie)
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Dicembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
SI CALCOLA SUL VALORE DI MERCATO E NON SU QUELLO DI AMMORTAMENTO DEI BENI… TRA QUALCHE ANNO CI RITROVEREMMO A PAGARE UNA PENALE ENORME, EQUIVALENTE A UNA MANOVRA FINANZIARIA
È mezzogiorno quando Luigi Di Maio rompe il protocollo informale del silenzio festivo per rilanciare la battaglia contro Autostrade.
Il riposizionamento durissimo dei Benetton, con lo spettro di un maxi-risarcimento da 23 miliardi a carico dello Stato, è esploso proprio a ridosso di Natale, con i 5 stelle in difficoltà . Leggere i passaggi alla Lega e le dimissioni del ministro Fioramonti.
Il capo politico del Movimento tira un colpo di reni e scrive il suo personale primo punto nel check di maggioranza che ci sarà a gennaio. Eccolo, via Facebook: “Vi ricordate quando tutti dicevano che revocare la concessione ad Autostrade ci sarebbe costato almeno 23 miliardi di euro? I Benetton avevano persino inviato una lettera al governo in cui minacciavano la stessa penale. Peccato per loro, però, che sia una enorme sciocchezza”.
Di Maio accompagna il suo pensiero con lo screenshot di un articolo pubblicato il 24 dicembre da Huffpost. Si parla di una relazione della Corte dei Conti approvata a fine novembre e resa nota il 23 dicembre. Dice che la richiesta di 23 miliardi come indennizzo in caso di rescissione della convenzione tra lo Stato e Autostrade per l’Italia non ha basi legali perchè prevede indennizzi abnormi rispetto alla normale prassi commerciale.
È la parola della magistratura contabile che Di Maio usa per fare da leva su una questione che è economica perchè 23 miliardi sono una manovra e quindi un peso insostenibile per le casse dello Stato.
Ma è anche politica perchè proprio a ridosso di Natale, Giuseppe Conte e la ministra delle Infrastrutture, la dem Paola De Micheli, hanno rilasciato due interviste in cui hanno fatto capire che la questione è ancora aperta. Mentre per Di Maio la questione è chiusa: revoca. E il prima possibile.
Smontare lo spettro del maxi-risarcimento è fondamentale per portare avanti la battaglia politica. Ma la situazione è ingarbugliata anche se la lente viene posizionata sulla partita economica.
Fonti industriali spiegano che Autostrade non ha intenzione di retrocedere dalla posizione espressa con un consiglio di amministrazione straordinario e una lettera inviata a palazzo Chigi, al Mit e al Tesoro.
E anche l’ultima mossa di Di Maio viene contrastata.
Circola uno studio della società di analisi internazionale Brattle che evidenzia come l’indennizzo in quattro Paesi di peso dell’Unione europea (Francia, Spagna, Portogallo e Italia) è calcolato sul valore di mercato dei beni e non sul valore dell’ammortamento dei beni, come intende fare invece il governo con le norme contenute nel decreto Milleproroghe approvato salvo-intese.
Quelle che spianano la strada alla revoca della concessione ad Autostrade, prefigurando la gestione di circa tremila chilometri di strade a pagamento in capo all’Anas.
Il ragionamento è che il parere della Corte dei Conti nulla ha a che vedere con il tema dell’indennizzo con il quale viene messo in correlazione e che è previsto dalla Convenzione in essere e in linea con i sistemi regolati europei.
Anche sui meccanismi di adeguamento delle tariffe, le stesse fonti parlano di un parere della Commissione europea, datato 27 aprile 2018, dove è stabilito che il meccanismo di remunerazione e adeguamento tariffario previsto dalla concessione attuale di Aspi è “ragionevole ed equilibrato”.
La Commissione, tra l’altro, per arrivare a questa decisione ha condotto un’analisi di benchmarking confrontandosi con il contesto europeo delle concessioni.
Il braccio di ferro tra Di Maio e Autostrade va avanti e la questione, tra livello economico e politico, è destinata a restare caldissima fino a quando il governo non arriverà a una decisione. Attesa a gennaio. Come tante altre.
(da “Huffingtonpost”)
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