Gennaio 25th, 2020 Riccardo Fucile
UN RECORD DA “CHI L’HA VISTO”, NEL 2019 UNA SOLA PRESENZA… BONACCINI SOLO DUE ASSENZE IN CINQUE ANNI
«Anche se i cittadini non mi scegliessero, io rimarrei qua»: Repubblica Bologna riporta oggi che Lucia Borgonzoni ha intenzione di guidare l’opposizione da consigliera regionale anche in caso di sconfitta nella corsa a governatore.
Tra Senato e Assemblea Legislativa la candidata del centrodestra sembra promettere – nel corso dell’ultimo dibattito andato in onda ieri pomeriggio su Rai3 – di scegliere la seconda.
Ma i numeri delle sue presenze in Comune a Bologna sembrano proprio smentirla.
Quando è stata eletta a Palazzo Madama, nel marzo del 2018, Borgonzoni ha infatti lasciato il Consiglio Comunale di Bologna. Non da un punto di vista formale, visto che non ha rassegnato le dimissioni neanche dopo la nomina a Sottosegretario, ma sostanziale:
In tutto il 2019 si è affacciata nella Sala del Consiglio di Palazzo d’Accursio soltanto una volta. E già in precedenza non figurava certo tra i più presenti, tanto che dall’inizio del mandato collezionato in totale 182 assenze, il 57% del totale.
Bonaccini, da questo punto di vista, è agli antipodi. Stando ai dati forniti da viale Aldo Moro, infatti, nel corso del suo mandato è risultato presente al 75% delle 149 giornate di lavoro in cui si è riunita l’Assemblea Legislativa. Non solo: buona parte delle assenze (il 23%) è stata “giustificata per motivi istituzionali”, tanto che in cinque anni si contano solo due assenze ingiustificate.
Certo, a sua parziale scusante va sottolineato che Borgonzoni è poco presente anche in Senato.
Nel frattempo Lucia ha quasi promesso anche le dimissioni da senatrice. In caso di vittoria da Bonaccini, vediamo se arriveranno davvero.
(da agenzie)
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Gennaio 25th, 2020 Riccardo Fucile
A MORISI NON SEMPRE LE CIAMBELLE ESCONO COL BUCO, SOPRATTUTTO QUANDO C’E’ SOLO IL BUCO E NESSUNA CIAMBELLA
Matteo Salvini ha smesso di digiunare per il processo sul caso Gregoretti dopo meno di trentasei ore dall’annuncio della grande battaglia per la giustizia. Chissà se i suoi sostenitori stanno continuando a digiunare, a turno, per difendere il capo del Carroccio dai senatori brutti e cattivi che lo vogliono mandare a processo solo perchè lui ha difeso la Patria.
Su Facebook la pagina ufficiale della Lega continua a pubblicare ogni due ore l’appello ad aderire al #DigiunoPerSalvini. Ma ormai, senza la spinta propulsiva dei post e dei video del Capitano costretto a bere tè o ginseng mentre tutti attorno mangiano l’iniziativa ha perso lo smalto.
Quasi come se in fondo a nessuno interessasse davvero di digiunare per Salvini. Non tanto perchè non abbiano a cuore la vicenda Gregoretti quanto perchè non è una modalità di lotta propria degli elettori leghisti.
Che sono pur sempre quelli che come arma per difendere il loro leader dalle attenzioni particolari dei magistrati preferiscono ricorrere al rosario e al crocifisso. Non si può certo pensare di trasformare un elettorato che ha sempre insultato i “buonisti”, i pacifinti e disprezzato quelli dei gessetti colorati e delle magliette rosse ad usare una forma di protesta che più pacifista di così non si può.
Il motivo per cui la Lega continua a promuovere l’iniziativa è un altro: raccogliere i dati dei sostenitori di Salvini per coinvolgerli in futuro in chissà quali altre iniziative della Lega. Come sempre si tratta di un tentativo di profilazione di massa degli utenti, tutto legale, ci mancherebbe altro. Però qualcosa non sta funzionando.
Due giorni fa gli utenti che avevano aderito al digiuno per Salvini erano circa cinquemila (inclusi i fake e i troll che all’inizio avevano iniziato a sfottere la Lega). Oggi siamo ad appena 5.200 persone che hanno scelto di “digiunare” per dimostrare il proprio affetto per il Capitano. Per quanto nessuno controlli che il digiuno sia effettivo e per quanto la procedura sia facile e indolore (di sicuro più facile che digiunare) solo un’esigua minoranza dei sostenitori di Salvini ha scelto di aderire. La pagina della Lega ha oltre 600mila follower, quella di Salvini ha ampiamente superato i 4milioni di seguaci.
Eppure questa cosa di digiunare per Salvini ai leghisti non va proprio giù. Sarà perchè è una cosa non violenta, sarà perchè sono stati nutriti con le foto dei pasti del Capitano, chissà . Anche a Morisi non tutte le ciambelle riescono col buco. Soprattutto quando c’è solo il buco e nessuna ciambella.
Ma niente paura, perchè è già tempo di #DifendiSalvini, un appello riservato ad avvocati e giuristi desiderosi di dare una mano per la difesa di Matteo Salvini sul caso Gregoretti.
Chissà perchè ne ha bisogno, visto che l’ex ministro Giulia Bongiorno è uno degli avvocati più brillanti e famosi d’Italia. I nomi qui però non vengono pubblicati.
(da “Giornalettismo”)
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Gennaio 25th, 2020 Riccardo Fucile
IN 24 ORE AVETE FATTO DECINE DI POST SUI SOCIAL E TENUTO COMIZI, MA NON AVETE TROVATO IL TEMPO DI DIRE QUALCOSA SULLA SCRITTA ANTISEMITA: PERCHE TANTA RETICENZA? AVETE PAURA DI PERDERE VOTI NEONAZISTI?
Abbiamo aspettato le canoniche 24 ore di latenza, quelle in cui generalmente un politico qualunque, anche il meno avvezzo alla comunicazione, rilascia una dichiarazione su un fatto di cronaca, esprimendo apprezzamento, critica, indignazione.
Abbiamo aspettato invano. Perchè a 24 ore di distanza, nè Matteo Salvini nè Giorgia Meloni hanno sentito il bisogno di esternare la loro solidarietà ad Aldo Rolfi , figlio della partigiana Lidia Rolfi, deportata ad Auschwitz, la cui porta di casa è stata imbrattata dalla scritta antisemita Hier Juden, qui abita un ebreo.
Le stesse che le Ss scrivevano sulle case degli ebrei tedeschi, durante i pogrom degli anni 30 nella Germania nazista.
Abbiamo aspettato invano, come altre volte. Eppure in cuor nostro speravamo che stavolta andasse diversamente.
Che Matteo Salvini e Giorgia Meloni, dopo i convegni sull’antisemitismo e le pubbliche prese di posizione a favore di Israele e Bibi Netanyahu riuscissero a trovare la forza di dedicare due secondi del loro tempo prezioso a un grave episodio di antisemitismo, tra un bacio alla coppa e una citofonata delatoria a un minorenne incensurato.
Nada, nein, nisba. Solidarietà a Sinisa Mihajlovic, l’allenatore del Bologna che ha esternato le sue simpatie leghiste, e a Mario Cattaneo, il ristoratore assolto per aver sparato a un ladro.
Proprio non gli viene, ai nostri eroi di dire una parola contro chi imbratta le case con scritte neonaziste. Zero.
Del resto, se non c’è un immigrato da accusare di antisemitismo, come ha fatto Salvini nel suo strombazzato convegno, o da plaudere a chi lancia razzi contro i civili a Gaza, non c’è gusto a solidarizzare con gli ebrei.
Meglio, molto meglio stare zitti.
(da Fanpage)
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Gennaio 25th, 2020 Riccardo Fucile
IL PRECEDENTE DELLE REGIONALI NEL LAZIO DOVE IL 15% DEI VOTI PER ZINGARETTI PROVENIRONO DAL VOTO DISGIUNTO
L’affluenza sarà decisiva nel voto in Emilia-Romagna. Nel 2014 alle urne si presentarono 1 milione e 300 mila persone, pari al minimo storico del 37,7 per cento. È certo che nel voto del 26 gennaio l’affluenza tornerà a salire e che proprio il numero dei votanti sarà decisivo per l’esito della contesa tra Stefano Bonaccini e Lucia Borgonzoni.
Il Fatto Quotidiano in un articolo a firma di Lorenzo Giarelli racconta perchè:
“Il 37 per cento del 2014 era figlio di un altro mondo —spiega Roberto Weber, presidente di Ixè —ed era un segnale di disagio che il gruppo dirigente del centrosinistra non colse affatto. Oggi credo che sia ragionevole una stima superiore al 65 per cento”. Tra chi prega per un’affluenza alta c’è soprattutto Stefano Bonaccini, almeno secondo Antonio Noto (Noto Sondaggi): “Un dato alto favorirebbe più il centrosinistra, perchè se il centrodestra dovesse vincere credo lo farà soprattutto grazie a quei delusi di sinistra che sceglieranno di rimanere a casa”.
Da considerare, però, saranno anche le zone geografiche in cui crescerà maggiormente l’affluenza. Secondo gli istituti di ricerca, la Regione è infatti divisa in aree ben distinte: “Nei grandi centri come Bologna o Modena —spiega Noto —il centrosinistra è avanti, mentre l’area che confina con la Lombardia guarda a destra. La parte contendibile è sostanzialmente quella della Romagna”.
E poi c’è il voto disgiunto, ovvero la possibilità di dare la preferenza a una lista e di votare il candidato governatore di un’altra lista. È possibile in Emilia-Romagna ma non in Calabria.
Ma c’è anche un precedente:
In una contesa così risicata, però,anche un paio di punti potrebbero essere preziosi. Il precedente, ben augurante per il centrosinistra, lo ricorda Weber e risale al 4 marzo del 2018, quando insieme alle Politiche nel Lazio si sceglieva anche il nuovo governatore: “Il 15 per cento dei voti incassati da Nicola Zingaretti, ovvero 150.000 voti, non erano collegati alle liste che lo sostenevano”. Conseguenza quindi di alcuni voti dati soltanto al segretario —senza specificare alcuna lista —ma anche di una buona quota di voto disgiunto: due elementi che ora potrebbero tornare comodi anche a Bonaccini.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 25th, 2020 Riccardo Fucile
SECONDO L’ISTITUTO CATTANEO STAVOLTA IL VOTO DISGIUNTO POTREBBE TOCCARE IL 3-4% ED ESSERE DECISIVO… RIGUARDERA’ NON SOLO ELETTORI GRILLINI, MA ANCHE DI FORZA ITALIA E SINISTRA ESTREMA
Il voto disgiunto può decidere le elezioni in Emilia-Romagna. Mentre alcuni eletti del M5S hanno dichiarato che sceglieranno di votare la lista dei grillini e Stefano Bonaccini come governatore, Silvia Bignami su Repubblica spiega che a differenza del solito stavolta ci può essere una percentuale alta di chi sceglie questa possibilità :
«Stavolta – assicura il politologo del Cattaneo Marco Valbruzzi – il disgiunto può valere il 3-4%. E decidere il vincitore».
Non è sempre stato così. Più tecnicismo da addetti ai lavori che strumento di massa, il disgiunto non ha mai superato l’1-2%.
Stavolta però il Cattaneo registra «più disponibilità a muoversi. Soprattutto dell’elettorato grillino». E infatti il M5S, che corre con Simone Benini e senza possibilità di vittoria, ci pensa da giorni.
«Occhio elettori 5 Stelle – ha scritto sui social l’ex capogruppo in Regione Andrea Bertani – Abbiamo due cartucce in mano. Una è per scegliere il presidente, l’altra per scegliere la lista. Chi usa la prima cartuccia per fermare la Lega fa bene». Cioè fa bene a votare Bonaccini, per evitare di «fare opposizione ai citofonisti compulsivi».
Altri 5 Stelle, come l’ex eletta Raffaella Sensoli e il vicepresidente del Parlamento Ue Fabio Massimo Castaldo, hanno già dato lo stesso consiglio. Un gruppo di attivisti bolognesi, tra cui il grillino storico bolognese Filippo Boriani, spingono sul disgiunto. C’è chi pensa che persino Massimo Bugani, contrario alla corsa del M5S, potrebbe esser tentato da questa strada. E non è tutto.
«Al disgiunto potrebbe ricorrere anche una piccola parte di elettori di Forza Italia e di sinistra radicale – secondo Valbruzzi – I primi, secondo le nostre stime, più dei secondi, perchè il loro voto è meno ideologico. E perchè la sinistra estrema considera la forza di Salvini il prodotto delle colpe del Pd, dunque è meno incline a votare Bonaccini» spiega il politologo.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 25th, 2020 Riccardo Fucile
“CHI NON VOTA BONACCINI VOTA SALVINI, POI NON LAMENTATEVI”… “IL M5S NON DOVEVA PRESENTARSI IN EMILIA-ROMAGNA E IL CALABRIA, SE FOSSE VIVO GIANROBERTO CASALEGGIO NON AVREBBE FATTO QUESTO MADORNALE ERRORE”
Marco Travaglio oggi sul Fatto critica il MoVimento 5 Stelle per la decisione di presentarsi alle elezioni in Emilia-Romagna e Calabria e dice che Gianroberto Casaleggio avrebbe preso la decisione di ritirare il simbolo senza aprire consultazioni su Rousseau, a differenza di quello che hanno fatto il figlio Davide e Luigi Di Maio.
“Inutile ripercorrere qui gli errori commessi da 5Stelle e centrosinistra l’un contro l’altro armati. Di Maio aveva lanciato le candidature civiche giallo-rosa. Poi però si è subito arreso dopo l’Umbria, senza pensare che con più tempo e candidati più noti —tipo Callipo in Calabria —le chance di vittoria sarebbero aumentate. I guastatori renzian-calendiani e le beghe locali hanno fatto il resto. Con la ciliegina sulla torta di Casaleggio jr. che ha messo ai voti su Rousseau una scelta che il padre avrebbe fatto da solo: ritirare il simbolo in attesa di tempi migliori.
Ma ora la frittata è fatta e gli elettori non intruppati nella Lega e nel Pd che vogliono mandare nei consigli regionali i propri rappresentanti e, al contempo, evitare alle due regioni e poi all’Italia di cadere nelle grinfie degli squadristi, hanno una sola opzione: il voto disgiunto. Sulla scheda l’elettore può barrare due caselle: una lista e un aspirante presidente. Non ci vuole Nostradamus per sapere che in Emilia Romagna il governatore sarà Bonaccini o Borgonzoni e in Calabria Callipo o Santelli.
Poi spiega che chi non vota Bonaccini e Callipo vota Salvini:
Invece, per i consiglieri regionali, contano i voti di lista. Chi vota 5Stelle (o FdI) e non vuole regalare i pieni poteri a Salvini con quel che resta di B., può scegliere la propria lista e, come governatore, Bonaccini o Callipo. Per il secondo —persona perbene e nuova alla politica —non occorre neppure turarsi il naso. Per il primo sì: molte ragioni avrebbero consigliato un candidato di discontinuità . Ma, a proposito di nasi, tra una puzzetta e una cloaca c’è una bella differenza. Chi non vota Bonaccini e Callipo vota Salvini.
Il voto disgiunto però non è possibile in Calabria, ma soltanto in Emilia-Romagna.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 25th, 2020 Riccardo Fucile
L’ULTIMA BUFALA DI UNA POLITICA DA BAR
Una volta si usava la locuzione ‘politica da bar’. Ora, nel nuovo Millennio, la definizione più adatta sembra poter essere ‘politica da zoo’.
Capita sempre più spesso, infatti, che molti rappresentanti di partito — candidati o meno — decidano di utilizzare le foto in compagnia dei loro amici a quattro zampe per strappare teneri like social.
Lo fanno tutti, da destra a sinistra, quasi senza eccezioni. Poi c’è chi decide addirittura di chiudere con questo tema la propria campagna elettorale, accusando anche il rivale di odiare cani e gatti. Lo ha fatto la candidata leghista in Emilia-Romagna: A poche ore dal silenzio elettorale, ecco la bufala Borgonzoni contro Stefano Bonaccini.
Erano le 23.28 di venerdì sera, a 32 minuti dallo scoccare della mezzanotte che segna l’inizio del silenzio elettorale in vista del voto di domenica 26 in Emilia-Romagna (e anche in Calabria).
Sulla pagina Facebook ufficiale di Lucia Borgonzoni, compare un post con tanto di collage-foto che vede lei alle prese con una serie di scatti abbracciata a cani e gatti, mentre dall’altra parte c’è un Bonaccini con la faccia perplessa e con il simbolo del PD stampato in fronte.
Il tutto accompagnato, a margine, da una scritta: «Non ditelo a Bonaccini che pensa che siano ridicolo cani e gattini». Mentre il post social è lanciato così: «Non ditelo a Bonaccini del PD che si innervosisce! Viva i nostri amici a 4 zampe, certi non sanno che gioia e che tranquillità possano dare», con tanto di emoji di un gatto e un cane. Ovviamente questa presa di posizione è una bufala Borgonzoni.
Come ricorda anche bufale.net, infatti, non è vero che il candidato del Centrosinistra in Emilia-Romagna odia gli animali (e, nello specifico, cani e gatti).
Il tutto è nato da una polemica dei giorni scorsi (era il 19 gennaio), quando sempre la candidata leghista attaccava per lo stesso motivo il suo rivale elettorale. E allora arrivò la replica dello stesso Bonaccini.
Il presidente uscente della Regione Emilia-Romagna, infatti, aveva criticato solamente questo abuso di foto in compagnia di animali (e cibo) fatto dalla sua rivale (e da Matteo Salvini) per creare empatia con i cittadini. Lui non odia affatto gli animai, dato che ha un cane (e ha avuto quattro gatti) e chiedeva di affrontare una propaganda elettorale facendo proposte agli emiliano-romagnoli, non cercando queste scorciatoie social. Forse è stata presa troppo alla lettera la definizione aristotelica dell’uomo come politikòn zà’on.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 25th, 2020 Riccardo Fucile
POI SPIEGA IL MOTIVO PER CUI HA SCRITTO “IL SANGUE DEI VINTI”
Le polemiche sono nate (anzi, tornate a rifocillare le bocche tracotanti di odio) dopo la sua morte. Domenica 12 gennaio, Giampaolo Pansa ci ha lasciati per colpa di una diverticolite che, poi, è degenerata provocando altri danni al suo fisico.
E con il suo decesso sono tornate in auge le accuse nei suoi confronti per aver scritto quel libro, ‘Il sangue dei vinti’, in cui racconta la sua versione dei fatti su alcuni ‘crimini’ commessi dalla Resistenza durante gli anni della Liberazione dell’Italia dai nazi-fascisti.
Ora, a due settimane dalla sua dipartita, è la vedova a prendere la parola, rispedendo al mittente le accuse.
«È abbastanza vergognoso insultare una persona che non può più rispondere. Mi chiedo quale umanità portino dentro. Sono cose che qualificano chi le dice — ha detto Adele Grisendi rispondendo alle domande di Aldo Cazzullo de Il Corriere della Sera -. Hanno scritto volgarità : che non sapeva fare il suo lavoro, che scriveva male. Suvvia, come si può dire che Pansa scrivesse male?».
Ma le polemiche, come al solito, si spostano sulla politica. In molti, infatti, hanno sottolineato il ‘riposizionamento’ di Giampaolo Pansa da sinistra a destra.
La vedova sottolinea come lui non abbia mai votato (neanche una volta) a destra nelle sua vita.
Negli ultimi anni, infatti, si era disamorato di come il mondo della politica italiana si era trasformato e per questo motivo aveva deciso di non esprimere più preferenze elettorali. Ma la destra non c’entra dato che, come sottolinea Adele Grisendi, lui scrisse un libro su Matteo Salvini con un titolo che non era affatto criptico: ‘Il dittatore’.
«Proprio perchè era un uomo di sinistra sentiva il dovere di raccontare tutto quello che era accaduto in Italia durante e dopo la guerra — prosegue Adele Grisendi -. Guerra civile, come ormai la chiamano quasi tutti. Io so perchè nel 2003 è stato fatto Il sangue dei vinti».
La spiegazione è che Giampaolo Pansa pensava che a 58 anni dalla Liberazione (data in cui decise di pubblicare il suo libro tanto contestato) fosse arrivato il momento di sottolineare anche quelli che sono stati alcuni crimini commessi dai vincitori. Insomma, un testo post-ideologico.
(da agenzie)
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Gennaio 25th, 2020 Riccardo Fucile
DUE PESI E DUE MISURE, POI DICONO CHE LA GENTE PERDE FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI
Due pesi e due misure per le sardine.
Queste ultime avevano annunciato un evento di chiusura della campagna elettorale al Papeete, una sorta di luogo simbolo della narrazione politica di Matteo Salvini. Dalla spiaggia di Milano Marittima, infatti, il leader della Lega, in agosto 2019, aveva fatto cadere il governo, picconando definitivamente l’alleanza con il Movimento 5 Stelle. La Questura di Cervia, tuttavia, ha negato il permesso per la manifestazione delle sardine, «perchè rientra nei termini di un comizio elettorale di propaganda diretta o indiretta».
Un atteggiamento che sorprende, secondo il fondatore del movimento Mattia Santori, se si guarda soprattutto a quanto accaduto qualche giorno fa, il 23 gennaio, in occasione della doppia manifestazione a Bibbiano.
In quel caso, i rappresentanti delle sardine erano stati scaltri a prenotare piazza della Repubblica (quella più grande e centrale) prima dei rappresentanti della Lega che avrebbero voluto concentrare un evento importantissimo nella piazza della città simbolo della loro propaganda degli ultimi tempi, quella — per intenderci — dell’inchiesta sulle presunte irregolarità nell’affidamento dei minori.
Ma le autorità avevano chiesto loro di fare un passo indietro e permettere alla Lega di svolgere in piazza della Repubblica la propria manifestazione, dal momento che un partito che si presenterà alle elezioni avrebbe la precedenza rispetto a un movimento che, invece, non ha il proprio simbolo sulle liste elettorali.
Il caso in specie, invece, non è stato considerato per quanto riguarda la manifestazione del bagno al Papeete organizzato da Mattia Santori & co.
«Ci dispiace solo perchè il Comune di Cervia ci aveva dato una gran mano a organizzare e a gestire — ha detto il numero uno delle sardine -. Dopo che ci è stata tolta la piazza di Bibbiano e dopo che non ci è stata data la formula della manifestazione culturale a Bibbiano perchè non eravamo un partito, oggi scopriamo che invece non è così: oggi siamo considerati un partito».
(da “NextQuotidiano”)
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