Settembre 7th, 2022 Riccardo Fucile
INCASTRATI DALLE TELECAMERE E ARRESTATI, QUASI COME IN ITALIA DOVE RESTANO IMPUNITI
Le telecamere installate all’interno del Parco dei Principi di Parigi e altri video che sono stati pubblicati e diffusi sui social hanno permesso alla polizia francese di individuare e arrestare quattro tifosi della Juventus che, prima e durante il match di Champions League tra i padroni di casa del PSG e i bianconeri, si sono resi protagonisti di cori e gesti di discriminazione razziale.
In diverse occasioni, infatti, questi sostenitori italiani hanno cantato cori contro Napoli e insultato il portiere dei parigini Gianluigi Donnarumma. Ma, oltre a tutto ciò, i quattro si sono resi protagonisti anche di gesti ritenuti razzisti e degli ormai tristemente famosi “buu”.
Il breve comunicato della Prefettura francese descrive l’azione delle forze dell’ordine e le conseguenze per questi sostenitori individuati e sottoposti all’arresto:“Quattro persone sono state identificate tramite video e poi arrestate ieri sera dalla polizia per pubblica istigazione all’odio razziale all’interno di un impianto sportivo durante la partita di calcio PSG-Juve. È stata aperta un’indagine”.
Il video immortala gli atteggiamenti e i comportamenti tenuti da questi tifosi della Juventus nel corso del match valido per la prima giornata della fase a gironi della Champions League.
Oltre ai cori contro Napoli e gli insulti a Donnarumma, dunque, ci sono stati anche i “versi di scimmia” (non solo vocali, ma anche mimati), ululati e saluti romani. Per questo motivo la Prefettura di Parigi ha comunicato che i quattro sono stati arrestati con l’accusa di “istigazione all’odio razziale in luogo pubblico”. E ora anche la UEFA potrebbe prendere dei provvedimenti contro la Juventus per colpa del comportamento dei suoi tifosi. Come già accaduto in passato, quando per episodi analoghi vennero deferite alcune squadre e penalizzate con la disputa di partite casalinghe a porte chiuse.
(da agenzie)
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Settembre 7th, 2022 Riccardo Fucile
LETTA, CONTE E CALENDA CONSEGNERANNO L’ITALIA A UNA MINORANZA: POI NON LAMENTATEVI SE LA GENTE NON VA A VOTARE PERCHE’ SI E’ ROTTA I COGLIONI
L’ha detto il segretario del Partito Democratico Enrico Letta: “Con un 4% in più a noi si evita che il centrodestra abbia il 70% dei seggi”. E l’ha detto davvero, Giuseppe Conte, che Letta “è arrogante”, perdendo l’ennesima occasione di rivolgere almeno una volta la propria attenzione al trio Meloni-Salvini-Berlusconi, che quel 70% degli emicicli se lo sta prendendo passeggiando.
E del resto, per completare il cerchio, l’ha detto anche Carlo Calenda, con un discreto spregio del ridicolo, che se la gente vota il Terzo Polo è più probabile un quasi pareggio che riporti Mario Draghi alla Presidenza del Consiglio.
Di vincere non se ne parla, insomma. E nemmeno di rivolgere anche un briciolo di attenzione a chi vincerà.
Ed è piuttosto surreale, se si pensa che Pd, Cinque Stelle e Terzo Polo vincerebbero, se fossero alleate. Anzi, andasse particolarmente bene agli uninominali potrebbero pure restituire agevolmente il cappotto che la destra gli recapiterà a casa il prossimo 25 settembre.
Miracoli delle strategie elettorali, e della vanagloria narcisistica di leader convinti di poter vincere da soli, o anche solo di sopravvivere a una sconfitta che va al di là dell’epocale con un discreto risultato di partito.
E che in funzione di questo discreto risultato stanno lottando da settimane per sottrarsi briciole l’un l’altro, come se in gioco a queste elezioni ci fosse semplicemente la supremazia dell’opposizione.
Perché Pd, Terzo Polo e Cinque Stelle hanno scelto la guerra civile, anziché combattere i sovranisti e i loro servi.
Perché non esiste nessuna possibilità che Mario Draghi sia il prossimo Presidente del Consiglio
Ognuno è libero di scegliere la propria morte politica, sia chiaro. Ma a questo giro, sia chiaro, non ci sono scuse,. Non c’è legge elettorale che tenga, visto che con l’orrendo Rosatellum la “non destra” poteva pure vincere, avesse deciso di partecipare.
Non c’è dominio mediatico che tenga, nemmeno, perché con l’avvento dei social network, e al netto di quattro talk show che guardano elettori che già hanno deciso di votare Salvini e Meloni, i tempi del dominio mediatico di Berlusconi sono preistoria.
Non c’è nemmeno l’ingerenza degli hacker e delle bestie russe, come accadde nel 2016 della combo Brexit-Trump, visto che la grande favorita a Palazzo Chigi fa professione di atlantismo ed europeismo una volta sì e l’altra pure.
Nulla di nulla, insomma. Solo l’incredibile autolesionismo di una congrega di pseudo leader che per mille ragioni che forse uno psicologo indagherebbe meglio di quanto possa fare un politologo hanno deciso di consegnare l’Italia al primo governo guidato da un partito post-fascista d’Europa, assicurandogli la più ampia maggioranza che sia mai vista dal 1948 a oggi.
Il tutto nel mezzo di una crisi climatica di cui nessuno parla, nella lunga coda di una pandemia di cui nessuno parla, nella più grande transizione tecnologica che il mondo ricordi, di cui nessuno parla.
Fortuna che tutto questo accada in un Paese di cui nessuno parla più, e dei cui destini l’umanità non avrà di che dolersi, altrimenti sarebbero davvero guai.
(da Fanpage)
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Settembre 7th, 2022 Riccardo Fucile
UNA ALLEANZA CSX-M5S SAREBBE AD APPENA 2 PUNTI DAL CENTRODESTRA, UNA CON AGGIUNTA DI CALENDA AVREBBE 4 PUNTI IN PIU’ DEL CENTRODESTRA E SAREBBE AL 49,5%
Nando Pagnoncelli, presidente dell’istituto Ipsos, ospite a DiMartedì, su La7, ha snocciolato i nuovi dati aggiornati sulle intenzioni di voto.
Pagnoncelli premette che per quanto il dibattito della campagna elettorale è stato molto ricco è stato seguito da una minoranza della popolazione. “Pensate”, sottolinea il sondaggista, “meno di uno su quattro (il 22%) dichiara di averlo seguito con molta attenzione, meno di uno su due complessivamente lo ha seguito.
E questo significa che solo adesso la campagna sta entrando nel vivo
Secondo il sondaggio Ipsos Fratelli d’Italia è in testa al 25,5% seguito dal Partito democratico con il 21,6% in flessione nelle ultime settimane, il Movimento 5 stelle che invece è in crescita e si attesta al 14,8%.
La Lega è all’11,8, Forza Italia segue all’8%, Azione e Italia Viva al 6,5%, l’alleanza Verdi Sinistra Italiana al 3,6%, Italexit di Gianluigi Paragone al 3%, Più Europa al 2,1%, Unione Popolare di Luigi De Magistris 0,7%, Impegno Civico di Luigi Di Maio 0,6%, Noi moderati 0,5%.
Il sondaggio analizza anche la forza delle coalizioni. Il centrodestra è al 45,8%, il centrosinistra al 27,9%, il Movimento 5 stelle al 14,8%, Azione e Italia Viva al 6,5% e le altre liste al 5%.
Gli indecisi o gli orientati ad astenersi sono il 37,2%. Ma Pagnoncelli precisa: “non è ancora deciso nulla, ricordo che nel 2018 un italiano su quattro ha deciso cosa votare nell’ultima settimana”.
(da agenzie)
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Settembre 7th, 2022 Riccardo Fucile
QUELLA VOLTA CHE IL PAPA S’INFORMÒ SE SALVINI FOSSE A SAN PIETRO PER EVITARLO
Giorgia Meloni non è Matteo Salvini. Almeno così si pensa nelle stanze delle alte gerarchie ecclesiastiche che attendono, più curiose che preoccupate, le elezioni politiche del prossimo 25 settembre.
La consegna è quella di mantenere un profilo basso, niente benedizioni a questo o a quel leader politico. Niente endorsement, ovviamente. La prospettiva della vittoria della leader di Fratelli d’Italia non coglie impreparata la Chiesa cattolica, che avrebbe avuto più di un pensiero invece se al posto di Meloni ci fosse stato Salvini.
In Vaticano si sottolinea la differenza fra i due: se il primo ama farsi fotografare attorniato da Rosari e icone posticce della Madonna quasi fossero gli adesivi della squadra del cuore che da ragazzi tappezzavano la cameretta, Meloni ha scelto di non mostrare nulla.
Sì, c’è stato l’“io sono cristiana”, ma oltre a quello nessuna ostentazione artefatta della propria fede religiosa. E questo è stato apprezzato. E se il Pontefice prova fastidio rispetto a Salvini – si racconta l’aneddoto di quando, terminato il funerale del cardinale Achille Silvestrini, s’informò se l’allora ministro dell’Interno fosse presente in San Pietro, perché in quel caso non l’avrebbe ricevuto in sacrestia – in Segreteria di stato si mostra pragmatismo nei riguardi di Meloni.
A tenere i contatti con il Palazzo apostolico è Guido Crosetto, che ha rassicurato tutti coloro che dovevano essere rassicurati sulla “non pericolosità” della possibile futura premier. E così si è fatto anche con il cardinale Zuppi, presidente della Cei, le cui porte sono aperte a tutti quelli che vogliono bussarvi.
Dove Meloni difetta è nei rapporti con i vescovi italiani, assai scarsi, anche quanto a semplice conoscenza degli uomini a capo delle diocesi. Un terreno, questo, ben poco coltivato.
Di certo, rispetto al passato, è più complicato farsi strada, sia per i mutamenti nel panorama episcopale italiano, sia perché pochi sono stati i punti di contatto tra i rappresentanti della Cei e Fratelli d’Italia nel corso degli anni. Non è detto, però, che questa mancanza sia uno svantaggio. Si è detto appunto della curiosità delle gerarchie verso Meloni, cosa ben diversa dal pregiudizio nutrito e manifestato verso il leader della Lega.
(da agenzie)
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Settembre 7th, 2022 Riccardo Fucile
AVEVANO ORGANIZZATO UN SISTEMA PER OTTENERE UN INDEBITO RISPARMIO D’IMPOSTA E NON VERSARE L’IVA
È una presunta maxi-frode fiscale da 1,8 miliardi di euro quella scoperta dall’inchiesta condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Milano e coordinata dai pm Nicola Rossato e Stefano Civardi.
Tra gli indagati, per la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti, risultano anche i due colossi della grande distribuzione Gs, controllata da Carrefour, e Auchan ai quali sono stati sequestrati 60 milioni di euro (33,8 alla prima e 26,2 alla seconda) su un totale di 260 disposti dal gip nei confronti di 15 società.
Le misure cautelari riguardano alcuni imprenditori bresciani e campani, oltre a Gianpaolo Racagni, ex responsabile dell’ufficio acquisti di Auchan, licenziato nel 2019 e poi passato ad Apulia Distribuzione.
Tra gli indagati, 39 persone fisiche e 7 persone giuridiche, figura pure l’ex direttore finanziario di Auchan, Franco Castagna. Ma le operazioni delle Fiamme Gialle sono in corso in diverse province, da Milano a Torino, Roma, Napoli, Ancona, Brescia, Lodi, Vicenza, Rimini, Padova, Salerno e Potenza.
I reati contestati, a vario titolo, sono associazione per delinquere e frode fiscale, in particolare “dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, omessa dichiarazione ed emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”.
Il sistema di frode carosello riguarda il periodo che va dal 2015 al 2021 ed è stato organizzato con due tecniche diverse: la prima, attraverso false lettere di intenti per effettuare da fornitori italiani acquisti di merci senza applicare l’Iva, l’altro attraverso acquisti da fornitori di altri paesi dell’Unione europea anche in questo caso senza applicare l’Iva.
Così “le catene della grande distribuzione organizzata, beneficiarie finali della frode, avrebbero ottenuto – spiegano i pm – un indebito risparmio d’imposta connesso all’omesso versamento dell’Iva da parte delle società missing trader”.
I gruppi della grande distribuzione avrebbero concorso nel meccanismo di evasione e di realizzazione di profitti come intermediari nelle compravendite tra le varie società del circuito finito al centro dell’inchiesta. A segnalare le presunte irregolarità era stato anche un dipendente di Gs che si occupava di contabilità, mentre uno degli indagati ha confessato.
Gli accertamenti, svolti anche “attraverso indagini finanziarie su una fitta rete di rapporti bancari, nonché l’analisi di copiosa documentazione contabile ed extracontabile, sono state ulteriormente supportate, per il tramite del Comando Generale della Guardia di Finanza, dalle informazioni pervenute dal canale di cooperazione di polizia denominato Empact (European Multidisciplinary Platform Against Criminal Threats)”.
(da agenzie)
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Settembre 7th, 2022 Riccardo Fucile
“AVANTI CON PRICE CAP E AIUTI A KIEV”
La presidente della Commissione tiene il punto nello scontro con la presidenza russa su crisi energetica e sanzioni. L’Ue manderà altri 5 miliardi all’Ucraina e varerà il price cap al gas russo al più presto
Poco dopo le minacce all’Ue del presidente Vladimir Putin è arrivata la risposta della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. «Non vale più la pena» di ascoltare le parole del leader del Cremlino ha detto von der Leyen in conferenza stampa dalla Commissione.
La Russia, infatti, non fa altro che «ricattare l’Ue», spiega la presidente. «Ora come ora dobbiamo solo proteggerci, rinforzare la nostra posizione» ha sentenziato.
Nonostante le minacce, «sono profondamente convinta che con l’unità e la determinazione prevarremo» sulla Russia, ha twittato la presidente, aggiungendo che la Federazione sta «manipolando attivamente» il mercato del gas.
Non ci sarà, quindi, il passo indietro sul price cap chiesto dal leader del Cremlino. Il tetto al prezzo verrà proposto con «un obiettivo molto chiaro», ha spiegato von der Leyen: «Tagliare i proventi alla Russia che Putin usa per finanziare la sua atroce guerra in Ucraina».
A dimostrazione della forza dell’Unione, la presidente della Commissione ha portato un esempio eloquente: «La Norvegia fornisce ora più gas all’Ue che la Russia e questo grazie alla nostra politica di diversificazione, che include forniture anche dagli Usa, dal Qatar e dall’Algeria».
Altri 5 miliardi di aiuti all’Ucraina
L’Unione non si tirerà indietro nemmeno sugli aiuti a Kiev. «Oggi la Commissione Ue propone ulteriori 5 miliardi di euro di assistenza macrofinanziaria per il Paese. Questo si aggiunge ai 10 miliardi di euro che l’Ue ha già fornito in aiuti finanziari, umanitari e militari» spiega von der Leyen su twitter, aggiungendo che il primo miliardo del pacchetto annunciato lo scorso 18 maggio e approvato dal Consiglio europeo lo scorso 23-24 giugno è stato erogato a inizio agosto. Altri 3 miliardi saranno erogati al più presto, ha dichiarato von der Leyen.
(da agenzie)
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Settembre 7th, 2022 Riccardo Fucile
“CI SONO POLITICI PRONTI A DARE A MOSCA IN CAMBIO DI UN SUPPORTO FINANZIARIO. IL PROBLEMA È CHE NON È FACILE TRACCIARE QUESTI COLLEGAMENTI ECONOMICI”
“Penso che Matteo Salvini abbia un interesse politico personale nel suo rapporto con la Russia. Assolutamente”.
È interessante che questo giudizio non venga dall’amministrazione Biden, ma da un ex alto funzionario nella Casa Bianca di Donald Trump. Già analista della Cia, Julia Friedlander era stata consigliere per l’Europa nell’Office of Terrorism and Financial Intelligence del dipartimento al Tesoro, e dal 2017 al 2019 Director for European Union, Southern Europe, and Economic Affairs al Consiglio per la Sicurezza Nazionale. Oggi è il ceo di Atlantik-Brücke, associazione non-profit al servizio dell’amicizia tra Germania e Usa, e da Berlino segue attentamente gli sviluppi geopolitici in Europa e le relazioni con Mosca.
Come giudica i rapporti fra i politici europei e la Russia?
“Ci sono due categorie. Quelli che vedono un beneficio per il loro Paese mantenendo buone relazioni con Mosca, e quelli che invece lo fanno per guadagni politici personali. Cioè sono pronti a dare alla Russia, in cambio di quello che è quasi certamente un supporto finanziario. Qui si va a Salvini, Orbán e altri. Il problema è che non è facile tracciare questi collegamenti economici. Usano le shelf company, compagnie inattive che offrono donazioni alle campagne politiche, o lobbisti informali che spingono certi contratti, che riflettono gli interessi russi. Quindi è difficile provare che il Cremlino abbia staccato un assegno per Marine Le Pen, ma è interessante studiare connessioni e intermediari”.
Salvini a quale categoria appartiene?
“Penso che abbia un interesse politico personale. Assolutamente”.
Basandosi su cosa?
“Ci sono connessioni ideologiche, ma anche obiettivi economici”.
Quali sono i meccanismi?
“Usano le shelf company, quelle che agiscono a nome degli interessi russi, gli oligarchi, o direttamente il Cremlino; oppure lavorano attraverso intermediari finanziari, o parti terze in Europa. Così sembra che ricevi una donazione da un Paese europeo, una corporation italiana che dà soldi, ma non è davvero italiana. Può essere un’azienda italiana, ma registrata da qualche parte in Europa. Ciò rende difficile capire che è il beneficiante e il beneficiato. Sono donazioni anonime o semi-anonime, non necessariamente perché sentono che il candidato non vuole si sappia da dove vengono i soldi, ma perché complicano il lavoro delle autorità per tracciarle”.
Un’ipotesi è l’uso di compagnie agroalimentari che conducono affari formalmente legittimi, ma poi donano parte dei profitti.
“Certo, è credibile”.
Ha sentito le registrazioni del braccio destro di Salvini per la Russia, Gianluca Savoini, all’Hotel Metropol di Mosca?
“Ho letto i rapporti. Forse parlavano di un side deal, un accordo sottobanco in cui usavano l’industria energetica come mezzo per riciclare soldi per la Lega, o Salvini stesso, ad esempio con falsi contratti. È un modo molto comune di riciclare i soldi, si chiama ‘trade based money laundering’. Usi quello che sembra un contratto legittimo, con i soldi per i finanziamenti attaccati ad ogni tipo di attività economiche”.
Giorgia Meloni ha promesso che se sarà premier l’Italia non diventerà l’anello debole con Mosca. Riuscirà a mantenere l’impegno, se dipenderà dalla Lega per governare?
“Mi pare un modo, se vuole essere premier, di dimostrare che l’Italia non diventerà un pariah in Europa abbandonando le sanzioni, e presentarsi come un candidato di estrema destra accettabile”.
È credibile, considerando ad esempio la sua alleanza con Orbán?
“L’Italia non è l’Ungheria. È nel G7, ha forti legami militari con Nato e Usa. La mia impressione è che anche se sarà soggetta alle pressioni dei partner, difficilmente seguirà l’Ungheria”.
Perché Salvini è andato a Cernobbio con le slide contro le sanzioni? Idea sua, o ne ha parlato con i russi?
“Forse. Oppure voleva dire: ci ho provato. Mostrare che cerca di opporsi alle sanzioni, ma tutti gli fanno pressione, e deve cedere perché l’intera Ue lo stringe, e l’Italia ha bisogno dei soldi di Bruxelles. Serve ad avere una scusa, almeno ha baciato l’anello”.
Perché i russi si aspettano che adempia?
“Certo, si aspettano che dai. Ma, se confronti i soldi e il supporto che l’Italia riceve dalla Ue, credo che quanto offre Mosca non sarà mai sufficiente”.
(da La Repubblica)
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Settembre 7th, 2022 Riccardo Fucile
UN BRUTTO COLPO PER “GIUSEPPI”, MELENCHON AVREBBE RAPPRESENTATO UN ENDORSEMENT PER IL MOVIMENTO GRILLINO ASSAI PIÙ UTILE DI QUELLO DI DONALD TRUMP
Sarebbe stato decisamente un evento nella campagna elettoraleitaliana più polarizzata di sempre, ma alla fine Jean-Luc Mélenchon ha preferito Luigi de Magistris al leader pentastellato Giuseppe Conte. E
‘ con l’ex sindaco di Napoli e i candidati di Unione Nazionale che il settantunenne tribuno della gauche radicale francese incontrerà oggi pomeriggio il popolo romano, simbolicamente a nome di quello italiano.
Le voci del suo arrivo nella Capitale erano circolate nei giorni scorsi facendo vagheggiare ai 5 Stelle la possibilità di un incontro con Conte, alle prese con una rimonta nei sondaggi ma anche alla ricerca di un consolidamento a sinistra.
Un peso massimo come quello di Mélenchon, che dopo aver sfiorato il ballottaggio contro l’attuale presidente Emmanuel Macron alle ultime elezioni è riuscito nell’impresa di riunire i partiti del campo allargato della sinistra d’oltralpe – dai comunisti ai socialisti ai verdi – sotto il segno della Nuova unione popolare ecologica e sociale (Nupes), avrebbe rappresentato un endorsement per il Movimento grillino assai più utile di quello di Donald Trump.
Dal quartier generale della France Insoumise hanno mantenuto il silenzio fino all’ultimo finché ieri pomeriggi, Jean-Luc Mélenchon, che nel frattempo ha annunciato di non volersi ripresentare nella prossima corsa all’Eliseo, ha scelto l’Unione Popolare, il suo alleato naturale nel quadro europeo.
Complice soprattutto l’amicizia storica tra il suo partito e Potere al Popolo, membro di quell’alleanza che aveva già ricevuto il suo supporto nel 2018 con una visita a Napoli e l’anno successivo con una lettera indirizzata al coordinamento e ai portavoce.
«È evidente che i grillini vogliono occupare uno spazio che il centro-sinistra non copre», commentano dall’Unione Popolare alla vigilia della venuta del loro ospite. La location scelta è quella del quartiere Quadraro, a due passi da una base militare Nato. Un luogo emblematico, per il suo carattere fortemente popolare ma soprattutto per ribadire un netto «No» alla guerra e all’invio di armi in Ucraina.
Oltre all’ex sindaco di Napoli, che oggi è il capo politico di Unione Popolare, Mélenchon dialogherà con i candidati Marta Collot e Giuliano Granato in un appuntamento organizzato sotto forma di assemblea pubblica: «Non volevamo organizzare un evento chiuso al centro di Roma, così, anche su richiesta di Jean-Luc, abbiamo preferito incontrare la gente per parlare con loro dei problemi del momento come quelli energetici o quelli legati al lavoro». Pacifismo ideologico, lavoro, gli antichi vessilli della sinistra storica difficilmente reperibili nel passato politico di Conte, soprattutto per via di quell’alleanza di governo con il leghista Salvini, a suo volta amico in Europa di Marine Le Pen. Un circuito chiuso tra populismi di colori diversi che collega i due versanti delle Alpi.
(da agenzie)
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Settembre 7th, 2022 Riccardo Fucile
L’EDITORIALE DEL GIORNALE DI IERI: “L’UNICA VERA ALTERNATIVA DEL VOTO È TRA UN GOVERNO DI DESTRA E UN GOVERNO DI CENTRODESTRA. BISOGNA DUNQUE VOTARE AZZURRO PER EVITARE IL PRIMO”
Le nostre prime impressioni di settembre sembrano confermate dai trend elettorali: Giorgia Meloni si sta avvantaggiando del pronostico che la vede vincitrice e cresce ancora nei sondaggi. È l’effetto «band wagon». O, se volete, la «profezia che si autoavvera».
Mentre Forza Italia arranca sempre più, insidiata se non già sorpassata dal terzo polo di Calenda e Renzi.
Il combinato disposto di queste due tendenze ha spinto Letta a lanciare un «allarme democratico»: votate Pd per impedire una vittoria a valanga del centrodestra nei collegi uninominali. E ha anche indotto alcuni analisti a prevedere un tale successo della destra da poter addirittura fare a meno dei seggi di Forza Italia per formare una maggioranza: basterebbero quelli di FdI e Lega.
In realtà quest’ultimo è un esito improbabile: Berlusconi ha già ottenuto «a tavolino», nella spartizione dei collegi con gli alleati, abbastanza seggi da compensare anche un forte calo nel proporzionale. Però è vero che c’è allarme rosso nel partito azzurro.
Prova ne sia l’editoriale del Giornale di ieri, firmato da Minzolini: l’unica vera alternativa del voto — scrive il direttore — è tra un governo di destra e un governo di centrodestra. Bisogna dunque votare azzurro per evitare il primo.
D’altra parte in queste settimane si sono moltiplicati i segnali di uno sfaldamento nei territori di Forza Italia; mentre il recente schiacciamento su Salvini sta allontanando parte del voto d’opinione moderato, attratto da Calenda.
Per descrivere la crisi azzurra bastano due episodi. Il primo riguarda un eurodeputato molisano, Aldo Patriciello, re delle cliniche private, che ha partecipato in Campania a una cena elettorale per i concorrenti, due candidati del terzo polo: «Sono per una politica senza steccati», ha spiegato.
Il secondo è l’intervista rilasciata al Fatto da Alfredo Messina, ultraottantenne tesoriere di Forza Italia: l’uomo che ha il potere di firma delle liste, e che l’ha esercitato a nome dei vertici ponendo o rimuovendo veti, ha scoperto di non essere stato ricandidato a sua insaputa.
(da Il Corriere della Sera)
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