Gennaio 31st, 2021 Riccardo Fucile
I DELINQUENTI SONO STATI IDENTIFICATI E DENUNCIATI, MA CI VUOLE ALTRO PER RADDRIZZARE CERVELLI MARCI
Sette contro una. Il video dell’orrore dura 3 minuti e 26 secondi. Si vede una ragazzina di 13 anni (che frequenta ancora la terza media) accerchiata e poi aggredita, senza alcun motivo, con tanto di pugni e schiaffi, da sette ragazzi.
«Hai paura?», le dicono ridendo, «Questo è perfetto per Instagram», aggiungono altri, come fosse uno show, senza provare alcuna pietà per la vittima.
Non contenti, gli autori del pestaggio, tutti ragazzi di 13 e 14 anni, hanno ripreso la scena con gli smartphone e, subito dopo, l’hanno condivisa su Instagram e WhatsApp rendendo la vita della vittima un inferno.
«Tutto questo è agghiacciante»
La 13enne, subito dopo l’aggressione, è stata portata in ospedale e dimessa con 7 giorni di prognosi. «È agghiacciante, in sette contro una — dice il padre a La Nazione — Non avrò pace fino a quando non saranno intercettati i genitori di questi ragazzi. Hanno tutti tra i 13 e i 14 anni e saranno gli uomini e le donne di domani». I suoi aggressori, adesso, hanno un nome e un cognome, sono stati identificati dai carabinieri e denunciati. A incastrarli il video postato in rete
La vittima terrorizzata si è chiusa in casa
E pensare che non era nemmeno la prima volta. A dicembre, infatti, la 13enne era stata picchiata sempre dalla stessa ragazza, di un anno più grande di lei. Un fatto che, però, i suoi familiari non avevano denunciato. Ora, a distanza di poche settimane, la giovane è tornata all’opera, stavolta con più violenza e scortata anche dagli amici pronti a inquadrare la scena così da postarla sui social. Come fosse un trofeo.
Ora la 13enne vittima dell’aggressione violenta si trova chiusa in casa da una settimana, esce solo con la famiglia e non vuole tornare a scuola. Lì dove tutto è cominciato. Si sveglia nel sonno, racconta, e piange ogni volta che prende il cellulare in mano.
(da agenzie)
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Gennaio 31st, 2021 Riccardo Fucile
DECINE DI PERSONE MULTATE A ROMA, FIRENZE E BOLOGNA… MIOZZO: “COSI’ I CONTAGI SCHIZZERANNO DI NUOVO IN ALTO”
E’ bastato soltanto l’annuncio del ritorno di quasi tutta l’Italia in zona gialla perchè nei centri storici delle città , nei luoghi della movida, tornassero assembramenti e folla oltre ogni limite di sicurezza.
Una situazione che ha spinto Agostino Miozzo, coordinatore del Cts, a internvenire, ricordando che il ritorno in area gialla “non significa normalità “. E’ necessario invece “evitare assembramenti” poichè c’è il rischio “assolutamente reale che la curva schizzi rapidamente verso numeri difficilmente gestibili”.
Miozzo sottolinea che è fondamentale ricordare cosa è successo la scorsa estate quando “molti si sono proiettati al ritorno alla normalità senza comprendere che il virus era, come oggi, attorno a noi”.
A settembre scorso, “abbiamo visto la curva schizzare rapidamente verso numeri difficilmente gestibilie oggi quel rischio è ancora assolutamente reale”, senza dimenticare “l’incognita varianti, di cui si sa ancora poco circa la presenza sul nostro territorio ma abbastanza sulla loro velocità di diffusione”.
Dunque, conclude il coordinatore del Cts, “essere rientrati in area gialla non significa normalità e gli assembramenti visti ieri paiono essere solo la premessa di una esasperata, benchè comprensibile, necessità di ritorno alla vita di tutti i giorni che purtroppo non ci possiamo ancora permettere”.
Del resto ieri da Roma a Bologna, da Milano a Firenze, da Napoli a Palermo, l’immagine era quella di un sabato pomeriggio di “ordinaria follia” da saldi, con seri episodi di assembramento in particolare a Roma, dove si è verificata anche una nuova maxi rissa tra adolescenti al Pincio.
Oltre 40 i casi sanzionati da parte della polizia locale per le violazioni delle norme a tutela della salute pubblica per la prevenzione del contagio da Covid-19.
Non solo. Dal tardo pomeriggio di ieri e per tutta la serata, le pattuglie dei vigili hanno dovuto procedere all’isolamento temporaneo di alcune aree, tra cui piazza dell’Immacolata, largo degli Osci a San Lorenzo e piazza San Callisto e Santa Maria in Trastevere. Le sanzioni hanno riguardato principalmente la formazione di assembramenti ed il consumo irregolare di alcolici su strada, non solo in centro ma anche nei quartieri Prati, Monti, Pigneto e all’Eur.
Stessa situazione a Firenze dove decin di persone sono state multate ieri sera in alcune delle principali zone della movida, e non solo, per assembramenti e mancato rispetto delle norme anti Covid.
Lo ha reso noto il sindaco di Firenze Dario Nardella. “I raggruppamenti festaioli di questi fine settimana — ha scritto Nardella su Facebook – rischiano davvero di vanificare tutti gli sforzi fatti da cittadini e imprese per rimanere gialli a Firenze e in Toscana. Ieri i nostri agenti, polizia municipale e polizia di Stato, hanno lavorato tutta la sera e sanzionato decine di persone nella zona di Sant’ambrogio, Borgo La Croce e Cure. Mi vedrò presto con la prefetta per intensificare nuovamente controlli e sanzioni. “Capisco la voglia di divertirsi e di uscire, dopo mesi di restrizioni – aggiunge -, ma in questo modo rischiamo di avere l’effetto contrario. Serve la collaborazione di tutti: il contagio è ancora elevato, non possiamo permettere che la maggioranza paghi per il comportamento irresponsabile di pochi”.
Parole che riecheggiano quanto detto dal ministro Speranza e cioè che “zona gialla non vuol dire scampato pericolo”. Aggiunge Alessio D’Amato, assessore alla Sanità del Lazio: “E’ meglio dire con chiarezza che se dovesse proseguire questa situazione è inevitabile un aumento dei casi e ulteriori misure di restringimento. E’ veramente da irresponsabili vanificare il lavoro fatto”
Non è andata meglio a Bologna dove ieri sera, come già successo nelle serate precedenti, ci sono stati numerosi assembramenti nella zona universitaria, in particolare fra piazza Scaravilli e via Zamboni, dove sono stati segnalati numerosi gruppi di giovani in strada, anche dopo le 22, mentre sui sociali sono stati condivisi video che mostravano delle vere e proprie feste improvvisate nelle strade anche con musica ad alto volume.
(da agenzie)
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Gennaio 31st, 2021 Riccardo Fucile
LE REGIONI MIGLIORI CAMPANIA, MARCHE, PIEMONTE, PUGLIA, TOSCANA… LE PEGGIORI CALABRIA, SARDEGNA, LIGURIA, MOLISE, ABRUZZO
Va avanti la campagna vaccinale in Italia. Dopo circa un mese dalle prime somministrazioni del farmaco contro il Coronavirus e nonostante i ritardi nelle consegne di Pfizer/Biontech e Moderna negli hub regionali, il totale dei soggetti che hanno ricevuto almeno una dose è pari a 1.895.483.
Il numero viene dall’ultimo report relativo alle vaccinazioni, aggiornato e diffuso quotidianamente da Palazzo Chigi.
Ma il numero delle persone che fino ad ora hanno ricevuto entrambe le dosi si ferma a 558.668, segno che l’intera campagna vaccinale non è che agli esordi e molti sforzi sarà necessario mettere in campo.
Analizzando i dati, dal punto di vista del genere sono le donne ad avere ricevuto più somministrazioni. Fino a questo momento, in 1.189.618 hanno avuto almeno una dose di siero anti-Covid; gli uomini sono invece 705.865.
La fascia d’età che ha ricevuto più somministrazioni è per il momento quella che va dai 50 ai 59 anni (segue la 40-49 anni). Sono 1.350.329 gli operatori sanitari e sociosanitari che hanno ricevuto almeno la prima dose di farmaco finora; 348.814 sono le somministrazioni fatte al personale non sanitario.
Gli ospiti delle Rsa che hanno ricevuto almeno una dose sono 181.693. Agli untraottantenni sono andate per il momento 14.647 somministrazioni. Tra le regioni il cui piano vaccini sta andando a rilento troviamo: Calabria, Sardegna, Liguria, Molise, Abruzzo.
Le Regioni che invece stanno procedendo a ritmi serrati con le somministrazioni sono: Campania, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria.
(da agenzie)
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Gennaio 31st, 2021 Riccardo Fucile
NELLA PRIMA ONDATA FURONO 34.278… IL 66% DELLE VITTIME PRESENTA PATOLOGIE PREGRESSE… ETA’ MEDIA DEI DECESSI 81 ANNI
Sono 49.274 i decessi per Covid in Italia durante la seconda ondata dell’epidemia, che comprende il periodo che va da ottobre a oggi.
È quanto rileva l’Istituto superiore di Sanità nel report ‘Caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all’infezione da SARS-CoV-2 in Italia’. Nella prima ondata di marzo-maggio 2020 i morti furono 34.278. La Lombardia è stata la Regione più colpita: in totale ha registrato 26.674 vittime, il 31% del totale (nella prima ondata i morti lombardi hanno rappresentato il 47,7% del totale).
Età media dei morti: 81 anni
L’età media dei pazienti deceduti e positivi a SARS-CoV-2 è 81 anni. Le donne decedute sono 37.295 (43,7%). L’età mediana dei pazienti deceduti positivi a SARS-CoV-2 è più alta di oltre 30 anni rispetto a quella dei pazienti che hanno contratto l’infezione (età mediane: pazienti deceduti 83 anni – pazienti con infezione 48 anni). Le donne decedute dopo aver contratto infezione da SARS-CoV-2 hanno un’età più alta rispetto agli uomini (età mediane: donne 86 anni – uomini 80 anni). L’età media dei decessi settimanali è andata sostanzialmente aumentando fino agli 85 anni (1° settimana di luglio) per poi calare leggermente.
I morti under 50
Sono 941, dei 85.418 totali (1,1%), i morti per Covid di età inferiore ai 50 anni. In particolare, 234 di questi avevano meno di 40 anni (138 uomini e 96 donne con età compresa tra 0 e 39 anni). Di 52 pazienti di età inferiore a 40 anni non sono disponibili informazioni cliniche; degli altri pazienti, 147 presentavano gravi patologie preesistenti (patologie cardiovascolari, renali, psichiatriche, diabete, obesità ) e 35 non avevano diagnosticate patologie di rilievo
I sanitari contagiati
Sono 108.104 i casi tra gli operatori sanitari dall’inizio della pandemia, 11.766 quelli registrati negli ultimi 30 giorni. In generale, nell’ultimo mese si registrano 367.374 casi, sugli oltre 2,5 milioni di contagi da inizio emergenza.
Le terapie
La terapia antibiotica è stata comunemente utilizzata nel corso del ricovero (85,9% dei casi), meno utilizzata quella steroidea (53,3%), più raramente la terapia antivirale (46,4%). Il comune utilizzo di terapia antibiotica può essere spiegato dalla presenza di sovrainfezioni o è compatibile con inizio terapia empirica in pazienti con polmonite, in attesa di conferma laboratoristica di SARS-CoV-2. In 1444 casi (23,1%) sono state utilizzate tutte 3 le terapie. Al 4,0% dei pazienti deceduti SARS-CoV-2 positivi è stato somministrato Tocilizumab come terapia
Il 66% dei deceduti aveva patologie pregress
Complessivamente, 196 pazienti (3,1% del campione) presentavano 0 patologie, 772 (12,1%) presentavano 1 patologia, 1185 (18,6%) presentavano 2 patologie e 4.228 (66,3%) presentavano 3 o più patologie. Questo dato è stato ottenuto da 6.381 deceduti per i quali è stato possibile analizzare le cartelle cliniche. Le cartelle cliniche sono inviate all’ISS dagli ospedali secondo tempistiche diverse, compatibilmente con le prioritarie delle attività svolte negli ospedali stessi. Il campione è quindi di tipo opportunistico, rappresenta solo i decessi in soggetti che hanno avuto necessità del ricovero, e le Regioni sono rappresentate cercando di conservare una proporzionalità rispetto al numero di decessi.
(da agenzie)
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Gennaio 31st, 2021 Riccardo Fucile
L’AMBASCIATORE REGISTRA UNA “CRISI DEL MODELLO DEMOCRATICO”
Si chiama l’Ambasciatore quando la crisi di governo italiana si attorciglia oscuramente e si ha bisogno di osservarla anche un po’ dal di fuori, considerando lo spazio che l’Italia occupa oggi sulla cartina geografica del mondo: “La novità di questa crisi” dice Sergio Romano, “è che avviene in un contesto del tutto diverso da quello delle crisi della Prima Repubblica, contrassegnate dallo sfondo della Guerra Fredda. C’è la pandemia, certo. Ma, per la prima volta, si è anche manifestata una sovranità europea, di cui l’enorme quantità di soldi stanziati per il Recovery Plan sono una testimonianza inedita. La crisi italiana preoccupa seriamente l’Europa perchè se l’Italia farà un cattivo uso dei soldi che le sono stati elargiti non sarà solo un problema italiano: sarà un grande fiasco europeo, dal momento che la prima iniziativa sovrana dell’Europa politica verrebbe marchiata da un fallimento. Ecco perchè la malattia italiana può far male a tutta l’Europa”.
Dopo oltre trent’anni da quando ha smesso di esercitare la professione, Sergio Romano è ancora per tutti l’Ambasciatore, anche se il suo lavoro non è più quello di spiegare l’Italia al mondo, ma quello di spiegare il mondo agli italiani: “Quando ho lavorato in Francia e Gran Bretagna, avevo il dovere di raccontare le crisi politiche italiane ai nostri alleati. Circostanza che avveniva con una certa regolarità . Me la cavavo raccontando qualche bugia, e insistendo sul fatto che l’Italia bene o male è sempre riuscita a superare le difficoltà , e senza mai compiere delle scelte internazionali dannose per i nostri alleati”.
Oggi è diverso?
Oggi la crisi è più grave perchè avviene nel contesto di una pandemia e di una frenata economica che rende la situazione più grave per tutti. Dal punto di vista politico, l’Italia ha sempre sofferto di instabilità . Il problema potrebbe diventare disastroso se la crisi politica avesse una ricaduta sull’economia. Il ruolo politico dell’Italia nel mondo si è molto ridotto nel corso degli anni. Quello economico, invece, no. Siamo ancora una potenza economica mondiale. E, per ora, non c’è motivo di credere che smetteremo di esserlo.
Come spiegherebbe questa crisi?
Considerando, innanzitutto, che è una crisi che si inserisce in una crisi più grande: la crisi del modello democratico. Soprattutto, parlamentare. Pochi mesi fa abbiamo assistito alla paralisi della Camera dei comuni britannica, la casa madre del parlamentarismo mondiale, per ordine del primo ministro Boris Johnson. Ma i sintomi di questa crisi sono ovunque e sono diventati plateali quando il Parlamento della più grande potenza mondiale, gli Stati Uniti d’America, è stato preso d’assalto da bande anche armate. È il segno che la democrazia non sta funzionando. Almeno, non come dovrebbe.
Allora la crisi italiana è più inquietante di quello che sembra.
Un momento. L’Italia e l’Europa sono state già attraversate da una crisi del modello parlamentare: è avvenuto all’inizio del secolo scorso e l’esito è stato la nascita di un certo numero di regimi autoritari: Mussolini in Italia, Hitler in Germania, Francisco Franco in Spagna, mentre la Francia si salvò per un soffio. Quei regimi non furono sconfitti dai parlamenti, ma nei campi di battaglia. Oggi di crisi ce n’è un’altra.
E questo non la inquieta?
Meno di quanto mi avrebbe inquietato all’inizio del secolo scorso.
E perchè?
Perchè il ricordo dei regimi totalitari è ancora vivo in tutta Europa e quindi il modello autoritario è un modello in fin dei conti inutilizzabile. In più, c’è l’Europa.
Ma come fa l’Europa a non essere investita dalla crisi del modello democratico di cui è figlia?
Perchè è in crisi il modello parlamentare nazionale, non quello sovranazionale. Al contrario, la crisi dei sistemi democratici nazionali è un incentivo al consolidamento della sovranità europea, poichè l’Unione Europea può offrire agli stati nazionali una via d’uscita dalle difficoltà che attraversano i loro sistemi democratici.
Lei vede questa consapevolezza nelle classi dirigenti europee e italiane?
In questo campo quello che spero tende a influire sulla mia analisi, e non vorrei che i miei desideri prendessero troppo il sopravvento sulla realtà . Però osservo che l’Europa ha assunto via via sempre più consistenza. Le persone la riconoscono, confidano in essa.
Eppure, sui vaccini l’Europa non è stata impeccabile. La Russia ha il suo vaccino, la Cina anche, e anche gli Stati Uniti sono davanti a noi.
Non c’è stata in Europa la coesione che avevamo il diritto di aspettarci. Tuttavia, la situazione che stiamo affrontando è tutt’altro che ordinaria, ed è comprensibile che l’Europa sia stato colta di sorpresa. Il fatto nuovo, però, è che ha comunque risposto come Unione europea e non come somma di stati nazionali.
È ottimista?
Sono soddisfatto della sovranità che l’Europa sta creando.
E per l’Italia?
Finchè l’Italia starà dentro l’Europa, si ridurranno i motivi per pensare negativamente al nostro futuro. Anche nel pieno di una crisi di governo. Qualora l’Italia dovesse allontanarsi dall’Europa, invece, il mio umore sarebbe molto diverso, e assai peggiore.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 31st, 2021 Riccardo Fucile
IL LEADER DEGLI INDUSTRIALI BOCCIA ARCURI PER L’ASSENZA DI UN PIANO VACCINALE E SU CONTE GLISSA: “NON FACCIAMO SCELTE SUI NOMI”
“Per il bene del Paese alcune persone devono restare e faccio riferimento al ministro dell’Economia”. A dirlo è il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, parlando della crisi di Governo a Mezz’ora in più su Raitre. “Quel che portiamo a casa con il Recovery Fund è merito del ministro Gualtieri”.
Alla domanda sul presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, attaccato duramente a mezzo stampa dal leader degli industriali lombardi Bonometti – che lo ha invitato a trovarsi un’altra occupazione – Bonomi però si trincera dicendo che “Confindustria non fa scelte di persone o partiti. Sta sui temi. Siamo molto rispettosi delle scelte dei partiti, per noi sono importanti le caratteristiche del governo: deve essere serio, autorevole, competente, efficace”.
Al prossimo Governo “chiediamo ascolto, ma ascolto vero” dice Bonomi, spiegando che sul Recovery plan, il Governo Conte “si è arroccato su se stesso. Da quello nuovo chiediamo ascolto vero. Abbiamo bussato alla porta sia di Palazzo Chigi che dei Ministeri. Con Conte abbiamo personalmente un ottimo rapporto ma non si è trasformato in un qualcosa che ha dato sostanza per quelle misure che servono al paese”.
Tra i bocciati invece finisce Domenico Arcuri, anche se non viene mai nominato dal leader di Confindustria. “Non c’è ancora un piano vaccinale” afferma Bonomi, “abbiamo dei problemi. Esiste? Un piano serio prevede che tutti sappiano quando e dove verranno vaccinati. Qui invece si stanno ancora facendo i bandi per le primule, quando altri paesi hanno già utilizzato grandi strutture per utilizzarle come centri vaccinali. Crediamo che la questione sia stata affrontata in maniera non corretta soprattutto per quel che riguarda la logistica”.
(da agenzie)
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Gennaio 31st, 2021 Riccardo Fucile
CONCLUSO IL PRIMO GIRO DI INCONTRI DA FICO… SALTA LA RIUNIONE GRILLINA ANTI-RENZI DI VENTI PARLAMENTARI M5S
Si è conclusa poco dopo le 14, la seconda giornata di consultazioni per Roberto Fico, incaricato dal capo dello Stato di verificare la possibilità di un governo Conte ter a partire dall’attuale maggioranza con Italia Viva.
I colloqui però non si fermano: nuovi incontri ‘chiave’ potrebbero tenersi domani mattina (o forse già oggi pomeriggio) quando a rivedersi con il presidente incaricato potrebbero essere i maggiori azionisti della maggioranza.
La delegazione di Italia viva, infatti, è stata convocata lunedì mattina dal presidente della Camera per un nuovo giro di consultazioni. Il lavoro di Fico quindi prosegue in vista del suo ritorno al Quirinale, entro la giornata di martedì con un responso chiaro da affidare a Sergio Mattarella.
L’intenzione è quella di tornare a incontrare le forze di maggioranza per sondare se c’è convergenza sul programma, punto di partenza imprescindibile per rimettere insieme i cocci e ripartire. Ma non è stato ancora sciolto il nodo del “format” dei tavoli: ovvero se Fico incontrerà singolarmente i gruppi, come è avvenuto ieri e oggi, o se le riunioni avranno una diversa composizione dei partecipanti.
Intanto, oggi è toccato ai ‘piccoli’: i colloqui a Montecitorio sono iniziati alle 10 con gli Europeisti, il neo gruppo di ‘responsabili’ che si è formato in Senato per sostenere il premier dimissionario. “Siamo pronti a un programma di legislatura e la persona giusta per portare avanti questo programma e guidare un governo è Giuseppe Conte”, ha detto Ricardo Merlo, a nome del gruppo parlamentare al termine del colloquio con il presidente della Camera.
Alle 11.20 è toccato a ‘Autonomie (Svp-Patt, Uv)’. E Gianclaudio Bressa ha riferito: “Abbiamo ribadito al presidente Fico la nostra indicazione: un incarico al presidente Conte come garanzia per una soluzione rapida”.
Poi alle 12.40 è stato il turno del gruppo parlamentare Misto della Camera Centro Democratico- Italiani in Europa; Maie-Movimento associativo Italiani all’estero-Psi; Minoranze linguistiche; e alle 14 il Misto, guidato dalla senatrice di Leu Loredana De Petris, ha chiuso il secondo giro di consultazioni.
Tutti d’accordo ad affidare di nuovo l’incarico da premier a Conte e concordare il programma scritto chiesto anche da Italia Viva.
Alessandro Di Battista in mattinata si è schierato ancora contro il leader di Iv scegliendo di rilanciare sulla propria pagina Facebook un articolo del 22 gennaio su Tpi: “Renzi contro la revoca ai Benetton: un motivo in più per tenerlo fuori dal governo”. Un attacco a tutto campo a Matteo Renzi e agli esponenti a lui più vicini che prende appunto le mosse dalle vicende legate al dossier Autostrade. Una mossa che ribadisce la sua contrarietà a Renzi, come già avvenuto due giorni fa dopo l’apertura del M5s al partito del senatore fiorentino al termine delle consultazioni da Mattarella. “Se è così, arriverderci”, aveva commentato Di Battista per poi fare un piccolo passo indietro.
La riunione online della fronda pentastellata anti-Renzi in programma questa mattina è saltata: i parlamentari – una ventina tra Camera e Senato – avrebbero dovuto fare il punto sul ritorno in maggioranza con il leader di Italia viva, una decisione che osteggiano apertamente, contestando “l’inversione a U” definita dai vertici grillini. Ma l’agitazione resta, come confermano le parole del senatore Matteo Mantero, secondo cui il ritorno al governo con Renzi “è un clamoroso errore. Sarà inevitabile perchè è chiaro che senza Iv non ci sono i numeri, ma così ci troveremo ancora sotto il ricatto di un personaggio obnubilato dal suo ego che non rappresenta nessuno nel Paese se non se stesso”. Per il parlamentare ligure “ha senso fare un nuovo governo se vi è una visione comune, così sarà un susseguirsi di ricatti e capricci. Meglio andare al voto”.
(da “La Repubblica”)
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Gennaio 31st, 2021 Riccardo Fucile
I POTERI FORTI CERCANO DI FRENARE LA TRANSIZIONE ECOLOGICA… E CERTI POLITICI SONO FUNZIONALI AI LORO INTERESSI
È già successo, era il 1974. L’Italia stava per abbandonare il gasolio per la produzione di energia elettrica, e si preparava a passare al nucleare. All’epoca non c’erano automobili diesel e non c’era un mercato alternativo per tutto quel gasolio.
Il nucleare era contro gli interessi dei petrolieri. Così “convinsero” i partiti di governo a continuare ad andare avanti col gasolio.
Lo scoprirono i pretori d’assalto di Genova (Almerighi, Sansa e Sossi) e scoppiò lo scandalo dei petroli (poco meno di vent’anni prima di Mani Pulite, per le stesse ragioni). Per evitare che le multinazionali comprassero i politici fu proposto il finanziamento pubblico ai partiti: diamo uno stipendio ai ladri, così non rubano. Un referendum spazzò via l’idea e arrivarono i rimborsi elettorali.
Oggi sembra che la storia si ripeta. Il New Green Deal, per fermare l’impatto dei combustibili fossili sul clima planetario, prevede la transizione dal petrolio alle rinnovabili.
Prima il nucleare, e ora le rinnovabili. I grandi produttori, prima di tutto l’Arabia Saudita, si vedono precludere un futuro di grande ricchezza, visto che hanno ancora molto petrolio da estrarre. Prima o poi finirà , ma finchè c’è…
Come fermare la transizione ecologica? Intanto si può spingere un tipo come Trump verso il potere, così sconfesserà gli accordi sul clima. Ma c’è l’Europa. Bisogna fermare l’Europa. I sovranisti non riescono. In Italia c’è un governo che pare abbastanza affidabile, ha contribuito all’elezione di Ursula von der Leyen a presidente dell’Unione Europea ed è guidato da un avvocato
La Commissione gli dà 209 miliardi. Si fida. È il più grosso investimento europeo verso la transizione ecologica. Come fermarlo? Il tipo va fatto cadere. Va sostituito con il primo che passa, basta che la presentazione del PNRR sia ritardata, magari cancellata, oppure che le risorse siano diminuite. Una bella chiave inglese nell’ingranaggio del Green Deal: senza Italia l’Europa non è Europa.
Andiamo a cercare altri episodi, minori. Quando ci fu il referendum sulle concessioni petrolifere partecipai ad una tribuna referendaria assieme a Teresa Bellanova, allora vice ministro allo sviluppo economico del governo Renzi. Conoscevo Teresa perchè abitiamo nella stessa città . La conoscevo per la sua appassionata opposizione alle trivellazioni petrolifere nei mari di Puglia e per il suo sostegno a Pier Luigi Bersani, e l’ammiravo per la sua storia.
Ma in televisione esortò a disertare il referendum: le piattaforme petrolifere danno lavoro a tante persone: posizione sulle trivellazioni totalmente cambiata. Fallito il referendum, il governo Renzi aprì alle prospezioni per cercare combustibili fossili nelle acque italiane. Intanto cade il ministro Guidi, per faccende legate alle lobbies petrolifere.
Torniamo a oggi. Cade il governo e chi lo ha fatto cadere vola a Riad per una conferenza da 80.000 dollari. Un mio collega canadese mi disse che, come dipendente statale, non può accettare neppure un caffè da persone che abbiano qualche rapporto con la sua amministrazione. Perchè questo potrebbe innescare processi di sudditanza psicologica: se sono gentili con me, io mi potrei sentire in dovere di essere gentile con loro.
L’Italia si appresta a innescare un processo di allontanamento dal petrolio come fonte energetica e Renzi che fa? Fa cadere il governo e poi dà la colpa agli altri: io non volevo far cadere il governo, sono loro che lo hanno fatto cadere non accettando le mie proposte.
Sembra la barzelletta del tipo che dice: io non sono razzista, sono loro che sono negri. Renzi ha fatto fuori Bersani, e poi Letta, e poi Marino, ha fermato l’alleanza tra PD e M5S subito dopo le elezioni, giocando al massacro di un governo Lega-5S. La politica del pop corn: guardiamo dal divano la rovina del paese. Prima lo aveva fatto consegnando Roma ai 5S, dopo aver fatto fuori il sindaco del PD, pregustando la catastrofe.
Un curriculum ineccepibile: chi meglio di lui può far fuori Conte e fermare tutto? Nessuno. È il migliore. E infatti ci riesce. Tutti si chiedono perchè. Se si uniscono i puntini vien fuori un quadro che ricorda vecchi scandali dei petroli. Coincidenze. E poi non ci sono mazzette. I soldi sono legali: conferenze.
Quando Al Gore vinse il Nobel e l’Oscar lo stesso anno (ma perse le elezioni) la Società Italiana di Ecologia lo invitò a tenere una relazione introduttiva al suo congresso annuale. Chiese 10.000 dollari, più le spese. Invitammo Benedetto XVI, per le sue posizioni ecologiste. Non poteva, ma ci mandò un Cardinale, gratis.
Parlò delle connessioni tra ecologia e religione. Stava bollendo in pentola quella che il successore di Benedetto chiamò la conversione ecologica (e la Commissione chiama il New Green Deal).
Un brutto affare per i petrolieri. Un affare che va fermato. Come minimo ostacolato. Sembra uno di quei film con la Spectre. Non può essere vero. Sono tutte coincidenze. Ma poi, i sauditi… sono brave persone. Lo può testimoniare Khashoggi.
(da “Huffingronpost”)
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Gennaio 31st, 2021 Riccardo Fucile
UN ANNO FA A SCIARE IN PAKISTAN IN COMPAGNIA DI ZIA CHISHTI, CAPO DEL FONDO D’INVESTIMENTI SULL’INTELLIGENCE ARTIFICIALE, OGGI OSPITE DEL FONDO FINANZIARIO SAUDITA , SICURAMENTE CAMPIONI DELLA RIDISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA… UN DESTABILIZZATORE PER CONTO TERZI
In principio fu il Pakistan. Se ci fosse ancora qualcuno capace di affermare che Renzi è uno sprovveduto, un giocatore d’azzardo, un improvvisato, non solo si sbaglia ma ha la memoria corta. Lo schema di gioco, in realtà , è sempre lo stesso. Un vero e proprio deja vu.
Puntualmente un anno fa, a febbraio, (ricordo l’episodio perchè ero ospite della trasmissione di Lilli Gruber dove fu commentato l’evento) aveva acceso la miccia deflagrante contro Bonafede, sulla prescrizione, ma anche allora era solo (o davvero) questo il motivo?
Lanciata la bomba, scappava in Pakistan a “sciare” sulla morbida “neve”, in compagnia dell’Investitore Zia Chishti, guarda caso con il board della società con sede a Washington e che si interessa di intelligence artificiale applicata alle telecomunicazioni, oltre che con il top manager di Tim Federigo Rogoni
Ovvio che in Pakistan allietavano gli incontri il presidente della Repubblica, Il primo ministro e il capo dell’esercito a Islamabad.
In Italia si avvia la destabilizzazione (poi fermata da un imprevisto sovraumano e inimmaginabile: una pandemia) e lui inspiegabilmente si ritrova con capi di Stato e di Eserciti di regioni “calde” nello scacchiere internazionale; con vertici dei fondi di investimento in prodotti d’intelligence, manager di industrie italiane sempre delle telecomunicazioni, insomma cose che avrebbero dovuto far interrogare molti già allora, ma poi ….la pandemia.
Ora Renzi, ancora una volta e nel pieno della stessa pandemia, apre una crisi dai risvolti inquietanti e cosi come un anno fa scappa, a Riyad, in Arabia Saudita, dove lo attende un gettone di 80.000 euro per i suoi servigi non solo da conferenziere…
In quella capitale dove è insediato uno dei regimi più sanguinari e spesso messo in relazione con l’Isis, una delle dittature che lo ha voluto fra i suoi membri di un comitato consultivo dell’ente di stato, e al quale in queste ore Washington ha bloccato le forniture militari, subito dopo seguito dal Governo italiano, nel cui Parlamento Renzi occupa un posto nella commissione difesa (bisogna esplicitare ancora?).
Gia prima della sua “puntata“ in Pakistan del febbraio 2020, era stato “ospite” di Flavio Briatore nel di lui Billionaire, poi si sa: da cose nascono cose, da conoscenze nascono conoscenze, da accreditamenti nascono accreditamenti, da incarichi nascono incarichi e in questo germogliare di relazioni fioriscono… interessi (politici, strategici, a quali livelli?).
Allora se si mette in relazione tutta una serie di eventi, si vede che può essere rintracciato un filo conduttore che si intreccia alla discussione sui Servizi segreti (apparentemente derubricata, ma fra i punti primari), l’attacco politico per contendere la gestione delle somme europee (eventuali supporti “ombra”, nella programmazione), il fronteggiare un’eventuale, seppur timida svolta sul terreno della ridistribuzione della ricchezza e di sostegno al reddito (Confindustria è preoccupata di poter vedere rallentata l’allegra cavalcata delle corriere che in questi decenni hanno trasferito masse di danaro dal lavoro al capitale?) e contestuale riscrittura delle relazioni sindacali, in senso di maggiore ruolo ai soggetti intermedi della rappresentanza.
La partita che si sta giocando è di quelle che possono compromettere definitivamente la tenuta del Paese, a partire dal terreno delle lacerazioni sociali e delle loro conseguenze, oltre a rinculi istituzionali e ruoli in seno alla Ue.
Renzi è sempre stato organico a un progetto con molti obiettivi e agisce con sistemi da guerriglia, dove l’insieme di attacchi diversi e differenziati punta a non fare capire quelli che sono lo scopo primario e quello secondario della sua azione, fermo restando che quello finale è certamente il ruolo che l’Italia deve avere nell’Europa, condizionandone la politica estera, nelle diverse vicende geopolitiche che si stanno venendo a dispiegare e scontrarsi in questi tempi.
E come non ricordare questo suo agire da piromane, che puntualmente si ripete, nell’accendere la miccia e correre fuori dall’Italia in attesa di verificare come procede la fiamma e nel frattempo far capire a chi ha da capire, con chi interloquisce e da chi intende ricevere legittimità ?
(da “Huffingtonpost”)
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