MONTI: “NON MI FACCIO LOGORARE”, COLLOQUIO CON NAPOLITANO
SPREAD E VOTO ANTICIPATO: “NO ALL’ESERCIZIO PROVVISORIO”… NON SI VOTA SENZA RIFORMA ELETTORALE
«Aspettiamo di vedere se alle parole seguiranno i fatti, nessuno può essere così irresponsabile da portare l’Italia all’esercizio provvisorio».
Mario Monti, il giorno dopo la bordata di Berlusconi, si muove circospetto maneggiando una materia per lui incognita: la propaganda del Cavaliere.
La situazione resta molto seria e lo testimonia il vertice convocato ieri sera dal premier a palazzo Chigi, alla presenza del ministro dell’Economia Vittorio Grilli, del sottosegretario Antonio Catricalà e del ministro Enzo Moavero.
Una riunione ufficialmente dedicata a preparare il bilaterale di oggi a Madrid con Mariano Rajoy, ma che inevitabilmente gira molto sulla clamorosa offensiva di Berlusconi. Monti, a parte la stizza personale per gli attacchi ricevuti nella conferenza stampa di villa Gernetto, non è tranquillo.
Tutta la stampa internazionale ha dato ampio (e critico) risalto alle ultime dichiarazioni di Berlusconi contro il governo, contro la Germania, contro la Merkel, contro il rigore.
I segnali che il premier ha ricevuto da Oltreoceano e dai grandi investitori fanno temere il peggio alla riapertura dei mercati di questa mattina.
Lo spread potrebbe di nuovo schizzare verso l’alto, trascinato dall’incertezza per le sorti della legge di Stabilità e per un finale di legislatura con il governo in balia di una maggioranza ancora condizionata dal Cavaliere.
E tuttavia nessuno a palazzo Chigi crede davvero che Berlusconi possa far saltare il tavolo.
«È una tigre di carta», è la valutazione che consegna un ministro senza peli sulla lingua.
Preoccupa piuttosto il “Vietnam” parlamentare a cui potrebbero essere sottoposti fin da domani i provvedimenti del governo.
A rischio è la manovra di bilancio, che ha appena iniziato il suo cammino in commissione e che dovrebbe essere approvata in via definitiva intorno al quindici dicembre, ma anche il decreto Sviluppo del ministro Passera.
Un «logorio» a cui il presidente del Consiglio non intende sottostare, a costo di mettere la fiducia su un maxiemendamento che contenga limitate modifiche alla legge di Stabilità .
A quel punto il Pdl dovrebbe prendere una decisione chiara: seguire la deriva di Berlusconi o prenderne le distanze mantenendo in piedi il governo dei tecnici?
Anche Giorgio Napolitano ha fatto salire il livello di allarme dopo la sparata del Cavaliere.
Ieri Monti e Napolitano hanno avuto su questo argomento uno scambio di vedute al termine del funerale di Stato dell’alpino caduto in Afghanistan.
Entrambi sono convinti che la rotta del governo non debba cambiare, soprattutto non davanti a mere prese di posizione, «in aperta contraddizione con quanto affermato dallo stesso Berlusconi solo pochi giorni fa».
Al Quirinale la situazione viene seguita con la dovuta attenzione. E tuttavia senza che questo significhi ipotizzare un’anticipazione dello scioglimento delle Camere.
Per Napolitano infatti la bussola resta sempre la stessa, non si può tornare a votare con questa legge elettorale. Il capo dello Stato non si rassegna al Porcellum: il Parlamento ha ancora di fronte almeno tre mesi pieni di lavoro e non vanno sprecati.
Se Monti ormai è determinato a “vedere le carte” di Berlusconi per scoprire se la faccia feroce del Cavaliere nasconda soltanto un bluff, è chiaro che ogni parola in uscita dal Pdl viene in queste ore attentamente valutata.
Il partito è infatti apertamente spaccato tra montiani e berlusconiani.
Una colomba come Franco Frattini, per dire, oggi volerà a Madrid sullo stesso aereo del presidente del Consiglio per partecipare a un convegno dell’Arel organizzato da Enrico Letta.
E anche il silenzio gelido di Angelino Alfano sull’ultima giravolta del Capo è significativo.
La frattura fra i falchi e i moderati potrebbe presto venire alla luce quando, come ha preannunciato Berlusconi, sarà convocato un ufficio di presidenza o una direzione per stabilire se ritirare o meno il sostegno al governo.
«La metà dei parlamentari del Pdl – prevede una fonte di governo – non ha alcuna intenzione di buttare tutto all’aria, se Berlusconi volesse davvero strappare ormai non lo seguirebbero».
Sarebbe scissione, con la formazione di un gruppo di parlamentari ex Pdl schierati con il premier e pronti ad accordarsi con la Lista per l’Italia di Casini e Fini.
Giampaolo Dozzo, capogruppo della Lega, ieri ci scherzava su: «Sarà Berlusconi a staccare la spina al governo Monti o saranno Alfano e company a staccarla a lui?».
Certo, a quel punto per il premier si porrebbe il problema di un mutamento profondo della natura della sua maggioranza, dall’attuale grande coalizione a un centrosinistra di fatto.
E tuttavia, al momento, per gli uomini più vicini a Monti si tratta soltanto di scenari ipotetici.
Se Berlusconi è soltanto «una tigre di carta» allora conviene attendere una presa di posizione ufficiale del Pdl.
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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