Giugno 30th, 2018 Riccardo Fucile
RIDONO ORBAN E I NEMICI DI UN’EUROPA SEMPRE PIU’ SIMILE A UNA ASSOCIAZIONE A DELINQUERE
Dopo una nottata in cui, a detta dei presenti, il nostro nuovo premier ha fatto la “voce grossa” e “sbattuto i pugni”, i leader europei hanno raggiunto un accordo sulla questione migrazione.
La soluzione, secondo esponenti del M5S che la accolgono in toni quasi messianici e come un trionfo del governo giallo-nero (effettivamente, come soluzione è nera) si fonda sull’assunto che gestire i flussi migratori significa, essenzialmente, chiudere le frontiere della fortezza Europa, che discute di migrazioni solo ed esclusivamente con l’idea di fermarle.
Sfidando i fatti, i 28 leader hanno sostanzialmente confermato che le tre persone al giorno in media che arrivano alle frontiere della Baviera o le poche migliaia del 2018 sono in effetti l’avanguardia di una possibile terribile invasione ingestibile di clandestini.
Non di migranti necessari a un’Europa che invecchia o di persone che hanno diritto alla protezione: solo una massa informe di clandestini che deve essere fermata.
Ma vediamo nei dettagli perchè parlare di “vittoria” dell’Italia è una “fake news”: nell’accordo si annunciano misure e ingenti risorse finalizzate al maggior controllo delle frontiere esterne, tra le quali il rafforzamento di Frontex e l’auspicio di una sostanziale esternalizzazione del trattamento delle domande di asilo, accompagnate da una ulteriore delegittimazione del lavoro delle ong che operano soccorso in mare e che non potranno “ostacolare” il lavoro dei libici (in altre parole, dovranno consegnare sistematicamente ai libici le persone raccolte dai barconi), in quelli che sono nei fatti dei respingimenti collettivi, gli stessi per i quali Maroni fu condannato dalla Corte dei diritti umani di Strasburgo.
E cosa saranno mai le “piattaforme regionali di sbarco” se non delle piccole o grandi Guantanamo dove rinchiudere le persone, e che per ora seccamente rifiutate dai paesi del Nord Africa?
Inoltre, non rappresenta forse una secca sconfitta per l’Italia l’accettare di organizzare altri CIE, invece di ottenere una ripartizione immediata di coloro che arrivano?
È anche abbastanza chiaro che la nuova tranche di denaro a Erdogan e i 500 milioni di euro per l’Africa, trasferiti dal Fondo Europeo di Sviluppo (lo strumento più importante di aiuto allo sviluppo), plausibilmente serviranno a rilanciare l’accordo con la Turchia e ad arricchire la Guardia costiera libica, composta da persone che sono state recentemente additate da un’inchiesta delle Nazioni Unite come veri e propri criminali.
Insomma, l’Italia dopo tanto rumore non ha ottenuto granchè: i nuovi hotspot da costruire in Europa sono a discrezione di paesi “disponibili”; la Germania ha spinto fortissimamente per ostacolare gli spostamenti secondari dei migranti una volta in Europa, e la principale destinazione di questi respingimenti interni sarà proprio l’Italia; la ripartizione dei migranti, inoltre, avverrà solo su base “volontaria” e se i richiedenti asilo verranno da centri per migranti “controllati”, i nuovi CIE.
È quindi evidente che il baccano fatto dall’Italia, le minacce di veto, la sua alleanza vera o presunta tendente a indebolire il fronte cosiddetto “europeista” e a delegittimare un accordo di qualità sulla revisione del regolamento di Dublino, hanno prodotto un risultato deludente e si sono scontrate contro il muro di Visegrad da una parte e l’ostilità dei paesi più possibilisti. Un capolavoro, che peraltro rende perfino più difficile oggi la battaglia a favore di ricollocazione automatica, perchè si dice esplicitamente che la riforma del regolamento Dublino dovrà essere approvata all’unanimità , mentre i Trattati dicono specificamente che su questa materia si decide a maggioranza e si co-decide con il Parlamento europeo.
C’è peraltro da considerare se non sarebbe il caso per il Parlamento europeo di fare un ricorso alla Corte Ue per “abuso” di procedura, che porta a un sostanziale blocco della decisione.
Inutile dire che non c’è una parola nelle conclusioni sul tema dei diritti umani, dei doveri giuridici per tutta la Ue verso chi ha il diritto a chiedere protezione, nè alcun riconoscimento che non si tratta più di “emergenza”: siamo invece in un mondo di pura finzione che rincorre gli argomenti e le fake news della destra estrema, rafforzandola.
Il diritto di chiedere asilo forse non è stato ucciso, ma ha subito un colpo durissimo.
Nella successiva conferenza stampa, inoltre, Angela Merkel ha annunciato di aver stipulato degli accordi con specifici Stati membri riguardo i rimpatri per i movimenti secondari, sicuramente al prezzo di qualche concessione in campo finanziario e delle regole di bilancio — un’altra forzatura rispetto al quadro delle regole comuni, che sono visibilmente inceppate anche perchè non le si vuole davvero applicare.
Insomma, da qualsiasi parte lo si guardi, questo “accordo” si traduce in un’ulteriore picconata all’idea di un’Europa come patria dei diritti di tutti e baluardo contro arbitrio e autoritarismo.
Cui prodest tutto ciò? A Orban. A Kurz e Seehofer. Ai nemici dell’Unione europea, che, a differenza degli inglesi, la vogliono cambiare dall’interno. E, se ne convincano i novelli promotori di “Italians first”, nuocciono gravemente anche a noi.
Gli strilli e le minacce di veto non hanno funzionato. Forse, fra qualche giorno, quando il fracasso della propaganda si sarà calmato, tutti si renderanno conto che la riforma del regolamento di Dublino che converrebbe all’Italia, quella adottata dal Parlamento europeo e che prevede la ripartizione automatica dei richiedenti asilo secondo criteri obiettivi, è adesso più lontana che mai.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 30th, 2018 Riccardo Fucile
CHI HA IMPEDITO L’INTERVENTO DELLE ONG E DELLA GUARDIA COSTIERA ITALIANA, DEMANDANDO I SOCCORSI A INCAPACI CRIMINALI, UN GIORNO NE RISPONDERA’, NON ESISTE IMPUNITA’ PER GLI ASSASSINI RAZZISTI
A Bruxelles i 28 stavano ancora discutendo di migranti quando, nella notte tra giovedì e venerdì, un
vecchio barcone in legno lasciava Gasr Garabulli, a Est di Tripoli, per cominciare la sua traversata del Mediterraneo centrale, ormai svuotato di navi Ong. Ha potuto fare solo poche miglia, prima che il motore si incendiasse e a bordo i circa 120 migranti fossero presi dal panico facendo rovesciare l’imbarcazione e trascinando in fondo al mare «almeno cento persone», come dice la Guardia costiera libica.
Tra loro bambini, ce n’erano una decina a bordo; alcuni erano neonati, altri avevano tra 4 e 12 anni. Di tre di loro, i libici hanno potuto recuperare i corpi : «Hanno tutti meno di un anno, due sono marocchini, un altro è egiziano», hanno detto in un comunicato. Degli altri non si sa nulla: ufficialmente sono dispersi, come gli altri occupanti del barcone.
Secondo l’Oim, solo quest’anno ci sono stati «quasi mille morti». Ci sono 16 superstiti, tutti uomini, giovani rimasti in acqua per oltre un’ora prima che qualcuno li salvasse.
Tra loro, un giovane yemenita che ha raccontato ai volontari dell’Unhcr che «a bordo eravamo in 125». Dei cento dispersi, «70 erano uomini e 30 donne», dice l’Unhcr. L’intervento trasferito alla Guardia costiera libica ha dimostrato che sono nella migliore delle ipotesi degli incapaci, quando non sono collusi.
In questo contesto si inserisce la vicenda politica che riguarda le Ong, ormai ridotte quasi all’impotenza: 3 navi di altrettante Ong tedesche, la Lifeline, la Sea Watch 3 e la Seefuchs, sono ferme nel porto della Valletta.
Malta non consente loro di ripartire. La Lifeline per via dell’inchiesta, dopo lo sbarco di 3 giorni fa; le altre due, che erano a Malta per rifornimenti, perchè le autorità della Valletta hanno bloccato accesso e uscita dai porti alle navi Ong; ieri la Sea Watch è stata pure sottoposta a controlli.
Per lo stesso motivo, la Aquarius di Sos Mediterranee e Msf ha dovuto fare rotta per la Francia ed è arrivata ieri a Marsiglia.
Nel Mediterraneo centrale restano solo due imbarcazioni, entrambe della spagnola ProActiva Open Arms: la Open Arms, tornata in mare in questi giorni dopo lo stop per il sequestro a Pozzallo e lavori in Spagna, e il veliero Astral; quest’ultimo ha a bordo un gruppo di 4 eurodeputati e proprio ieri ha chiesto di poter entrare in un porto italiano, ricevendo il no del ministro dei Trasporti Danilo Toninelli «in ragione della nota formale che mi giunge dal ministero dell’Interno e che adduce motivi di ordine pubblico», anche se poi lo stesso Toninelli ha rettificato: «Mi riferivo alla Open Arms, non all’Astral».
La Open Arms era distante 80 miglia dal luogo del naufragio ma si è offerta di intervenire, anche se è a corto di carburante proprio perchè non può rifornirsi nei porti italiani e maltesi («Le Ong vedranno l’Italia solo in cartolina», ha detto il ministro Salvini); la nostra Guardia costiera ha risposto che non era necessario perchè, come ha raccontato la Ong, l’intervento «era già sotto controllo della Guardia costiera libica».
Abbiamo visto.
(da agenzie)
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Giugno 30th, 2018 Riccardo Fucile
L’OPERAIO MAROCCHINO AVEVA CHIESTO UN GIORNO DI MALATTIA… L’AUDIO REGISTRATO INCASTRA IL TITOLARE, SCATTA LA DENUNCIA
Quello che è accaduto a Trento (tutto registrato) è solo la punta dell’iceberg: “Ti posso anche ammazzare, ora che è andato su Salvini. Ti brucio vivo, bastardo islamico”.
Quando A., lavoratore marocchino della provincia di Trento, ha provato a chiedere al suo capo di rimanere un giorno a casa per malattia, questa è stata la risposta che ha ricevuto.
Risposta che A. ha registrato e portato alle forze dell’ordine per sporgere denuncia.
A pronunciare gli insulti islamofobi è S., titolare dell’azienda dove lavora A., che ha continuato: “Islamico di merda, che muoia tutta la tua razza. Cos’è che c’hai? Il tuo ramadam? Vedrai che ti mando Casapound, sai cos’è Casapound a Trento? Per rapirti ti bruciamo vivo. Stai attento, stai attento che ti mangiamo. E domattina, al capannone, hai capito?». «Ma io non sto bene, non vengo» ha replicato il lavoratore.
Conclusa la conversazione è scattata la denuncia: “L’ audio registrato dal lavoratore, assunto con un contratto da metalmeccanico, è agghiacciante. Da un lato, la rabbia. Dall’ altra, una voce tremante”, commenta il suo legale.
(da Globalist)
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Giugno 30th, 2018 Riccardo Fucile
REGIONALI 2018: 4.500 EURO A TESTA A 15 CANDIDATI DI TUTTI I PARTITI
Soldi alla Lega attraverso la Fondazione Più Voci, soldi al Partito Democratico attraverso la Fondazione
EYU e una lista di politici a libro paga.
Nel verbale dell’interrogatorio del costruttore Luca Parnasi sono descritti sistemi di pagamento, richieste esaudite e non e irregolarità varie.
Davanti al procuratore aggiunto Paolo Ielo e al pm Barbara Zuin Parnasi ha parlato di pagamenti in nero ma anche di finalità slegate da progetti concreti, cercando così di salvarsi dall’accusa di corruzione.
Parnasi è entrato nel dettaglio dei versamenti effettuati, raccontando quello che in parte si sapeva già : la storia dei 123mila euro alla Fondazione EYU (vicina al Partito Democratico e di cui è presidente il tesoriere del PD Bonifazi) per uno studio sul mercato immobiliare e gli italiani del valore di 39mila euro.
E i rapporti tra Matteo Salvini e lo stesso Parnasi, e della Onlus Più Voci: 250mila euro nel 2015.
«Erano soldi che mi servivano per arrivare ai partiti e in certi ambienti», ha ammesso Parnasi secondo il Corriere della Sera, riconoscendo che i pagamenti sarebbero avvenuti senza una apposita delibera dei cda delle aziende del costruttore e dunque in maniera illecita. La sua segretaria nei giorni scorsi ha raccontato che il capo le sollecitava spesso i bonifici, «come se subisse pressioni dalle persone che dovevano ricevere i soldi».
Era lei stessa ad annotare le cifre dei bonifici e le società del gruppo utilizzate per i versamenti.
I quindici bonifici alle regionali 2018
Molti di questi pagamenti sono stati già ricostruiti dalle indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo. Ma su richiesta dei magistrati Parnasi ha fornito le prove documentali dei versamenti effettuati a favore di quindici esponenti politici di tutti gli schieramenti, in gran parte candidati alle regionali del Lazio (marzo 2018), aggiungendo alla lista dei nomi già emersi altri finora inediti.
Tutti pagamenti sotto la soglia di legge che ne impone la dichiarazione. Anche su questo torna utile rileggere il verbale della segretaria.
«L’importo era sempre lo stesso, ossia 4.500 euro (…). Alcuni dei nomi, come Ciocchetti e la Polverini, hanno avuto bonifici di 4.500 euro da ciascuna delle società . Non so esattamente per quale motivo l’importo dovesse essere di 4.500 euro, se non ricordo male mi è stato detto che l’elargizione, in tale misura, avrebbe potuto non essere dichiarata».
Su altri pagamenti «non confessabili» di importi ben maggiori, (nell’ordine di centinaia di migliaia di euro) le indagini ancora in corso potrebbero avere a breve sviluppi.
In una conversazione intercettata Parnasi parla della Lega e poi fa riferimento «a 100 più cento» che per l’accusa potrebbero essere ulteriori 100mila euro versati in tempi più recenti.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 30th, 2018 Riccardo Fucile
LA RINUNCIA A COSTITUIRSI PARTE CIVILE E GLI SPOSTAMENTI DEI SOLDI DA UNA BANCA ALL’ALTRA… 12,9 MILIONI INCASSATI DA MARONI E QUASI 1 MILIONE DA SALVINI: LA MAGISTRATURA PROVVEDA A BLOCCARE I BENI DI ENTRAMBI E A INDAGARE CHI LI HA FATTI SPARIRE
Ieri Matteo Salvini ha parlato degli ormai famosi 48 milioni che la Lega dovrebbe restituire allo Stato dopo la sentenza su Bossi e Belsito: «Sono stati spesi in dieci anni», ha detto il leader del Carroccio a Circo Massimo su Radio Capital.
Oggi su Repubblica un articolo di Stefano Vergine e Giovanni Tizian ricostruisce la vicenda dei soldi spariti:
Il problema è quello che Salvini non dice. Da anni giura infatti di non aver mai visto un solo spicciolo di quella somma. Falso. Il 2 ottobre 2017, in un’inchiesta dal titolo “Salvinidanaio”, basandoci su documenti interni al partito su L’Espresso avevamo dimostrato il contrario. Tra la fine del 2011 e il 2014, infatti, prima Maroni e poi Salvini hanno incassato i rimborsi elettorali frutto del reato commesso dal loro predecessore. E lo hanno fatto quando ormai era nota a tutti l’indagine su Bossi e Belsito.
Il primo luglio 2012 — la notizia dell’inchiesta è già di dominio pubblico — Maroni viene eletto segretario del partito. Da allora alla fine del 2013 incasserà bonifici per un totale di 12,9 milioni di euro. Tutti rimborsi relativi a elezioni comprese tra il 2008 e il 2010, quelle della truffa.
Con l’arrivo di Salvini in segreteria — dicembre 2013 — cambiano solo le cifre. Un mese e mezzo dopo la richiesta di rinvio a giudizio per Bossi, l’attuale ministro incassa infatti 820mila euro di rimborsi per le elezioni regionali del 2010.
Il problema è che il processo a Bossi e Belsito potrebbe saltare per l’effetto del cambio di legge se la Lega non si costituisce parte civile:
Infine- solo venti giorni dopo l’annuncio di costituirsi parte civile contro Bossi e Belsito- Salvini ritira poco meno di 500 euro di rimborso.
Perchè allora sostiene che lui quei soldi non li ha visti? E come mai sotto la sua direzione il partito ha scelto di ritirare la costituzione di parte civile nel processo contro Bossi, atto che avrebbe permesso di chiedere i danni della truffa?
C’è però qualcos’altro che stride nella narrazione del vice premier.
Se la nuova Lega non aveva nulla da nascondere, perchè da quando i media hanno iniziato a parlare dell’inchiesta per truffa i denari padani hanno iniziato a spostarsi freneticamente da una banca all’altra?
Da Banca Aletti a Unicredit, da Unicredit a Sparkasse, da Sparkasse ancora a Unicredit. Il tutto nel giro di quattro anni.
Una coincidenza, forse. Di certo oggi i conti del Carroccio sono al verde, tant’è che dei 48 milioni messi sotto sequestro i magistrati di Genova ne hanno trovati finora solo 3.
E una buona fetta è sparita proprio quando Salvini era segretario.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 30th, 2018 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELLA CAMERA IN VISITA ALL’HOTSPOT DI POZZALLO
La questione migranti continua ad essere in cima all’agenda politica italiana. 
Fico a Pozzallo. “Dell’immigrazione si deve parlare con intelligenza e cuore”, dice il presidente della Camera. Che aggiunge: “Quando si parla di Ong bisogna capire cosa si vuole intendere. Fanno un lavoro straordinario”.
E ancora: “L’inchiesta di Palermo archiviata, l’inchiesta di Catania da un anno non cava un ragno dal buco. Quindi bisogna capire bene di chi si parla e chi le finanzia, se no si fa cattiva informazione. Le Ong nel Mediterraneo hanno salvato i migranti”. Riguardo alla situazione nell’hotspot, Fico ha ribadito: “Le ong che hanno lavorato qui a Pozzallo hanno fatto lavoro straordinario, me lo hanno confermato il questore, il sindaco e la prefettura”.
Martina: “Lavoriamo con le Ong e restiamo umani”. Sul tema interviene anche il segretario reggente del Pd, Maurizio Martina. Che in un tweet scrive: “Riaprire i porti, lavorare con le Ong, battersi in Europa perchè gli egoismi nazionali non vincano come ieri con la complicità del nostro governo. Per una vera politica europea per le migrazioni. Per restare umani e non scoprirsi sempre più indifferenti”.
(da agenzie)
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Giugno 30th, 2018 Riccardo Fucile
MALTA ACCUSA SALVINI: “BASTA BUGIE”
Stamattina, sul proprio canale Twitter, Open Arms ha informato di aver effettuato un intervento di soccorso a un gommone, con a bordo una sessantina di migranti, davanti alle coste libiche in prossimità di Tripoli.
“Salvate e al sicuro 59 persone alla deriva e in pericolo di vita. Ora tutti a bordo di Open Arms diretti verso un porto sicuro”, ha scritto la Ong catalana, pubblicando anche le foto del salvataggio.
E secondo quanto si apprende, l’imbarcazione si sta recando adesso, su richiesta della Guardia costiera libica, a prestare soccorso a un altro gommone in balia del mare. Un’azione inedita: mai una Ong è stata coinvolta direttamente in operazioni di salvataggio dalla Guardia costiera libica.
“I 59 migranti – ha scritto sempre su Twitter Javi Lopez, uno dei quattro europarlamentari a bordo dell’Astral, l’altra nave della Ong, che si trova sempre davanti alla Libia – vengono da 14 Paesi diversi. Tra loro ci sono quattro minori, di cui due non accompagnati.
Gabriela Sanchez, una giornalista di Eldiario a bordo della nave, ha raccontato che una volta concluso il soccorso, il comandante ha comunicato ai migranti che la Open Arms “sta andando in Spagna”.
Dunque il porto possibile non sarebbe Malta come ipotizzato da Salvini.
Il tweet del ministro dell’Interno ha subito sollevato l’irritazione de La Valletta. L’intervento di Open Arms è avvenuto “in zona Sar libica, tra Libia e Lampedusa, Italia. Matteo Salvini la smetta di diffondere notizie scorrette tirando in ballo Malta senza alcuna ragione”.
Questa la replica su Twitter del ministro dell’Interno Maltese Michael Farrugia, pubblicando una mappa con le distanze tra il punto dove si trova la nave della Ong, Lampedusa e Malta. “Questi sono fatti – aggiunge – non opinioni”. “Basta con le bugie Matteo Salvini” scrive invece il portavoce del governo di La Valletta.
(da agenzie)
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Giugno 29th, 2018 Riccardo Fucile
VERSANO OGNI ANNO 8 MILIARDI E NE RICEVONO 3, CON SALDO ATTIVO PER L’INPS DI 5 MILIARDI… QUANDO NON CI SARANNO PIU’ SOLDI, UNA SOLUZIONE C’E’: NON PAGARE LE PENSIONI A CHI HA VOTATO LEGA E M5S
Senza l’apporto degli immigrati il sistema pensioni non regge. Ed il problema, “serissimo”, non si porrà
tra 10 anni ma è immediato.
A lanciare l’allarme il presidente dell’Inps Tito Boeri, dal palco del Festival del Lavoro.
Con il calo dei flussi, ha spiegato Boeri, l’arrivo di migranti “comincia ad essere non più sufficiente” a controbilanciare “il calo degli autoctoni.
Le previsioni ci dicono che nel giro di pochi anni perderemmo città intere e questo è un problema molto serio per il nostro sistema pensionistico.
Anche se gli italiani ricominciano a fare i figli, ci vorranno almeno 20 anni prima che comincino a pagare contributi”. “Il problema è serissimo e immediato. Avere immigrati regolari ci permette di avere flussi contributivi significativi”.
Proprio Boeri nel luglio dello scorso anno citava i dati Inps in base ai quali “gli immigrati regolari versano ogni anno 8 miliardi contributi sociali e ne ricevono 3 in termini di pensioni e altre prestazioni sociali, con un saldo netto di circa 5 miliardi per le casse dell’Inps”.
Mentre da una simulazione dell’istituto di previdenza emergeva che “la chiusura delle frontiere ai cittadini extracomunitari fino al 2040 potrebbe costare alle casse dell’Inps 38 miliardi”.
E pesante, ha affermato Boeri sarebbe anche il peso di quota quota 100′ per andare in pensione. “Avremmo un milione in più di pensionati – ha spiegato – ma meno lavoratori, e questo renderebbe ancora più pesante il fardello che grava su chi oggi lavora. Si tratta di impegni che aumentano di molto la spesa pensionistica”.
(da agenzie)
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Giugno 29th, 2018 Riccardo Fucile
MACRON ESCLUDE CENTRI DI ACCOGLIENZA VOLONTARIA IN FRANCIA, LA SPAGNA SI SFILA, NESSUNA INTESA CON LA MERKEL, ORBAN SE NE FOTTE
“Vi invito ad accettare un fatto nuovo e inaccettabile per molti paesi fino a ieri sera: e cioè che ci fossero riferimenti ad ‘azioni condivise’ anche nel soccorso e nel salvataggio in mare, un principio mai affermato prima. Lo abbiamo affermato nei fatti con Aquarius e Lifeline, adesso è scritto: ‘shared actions and effort'”.
Conferenza stampa di Giuseppe Conte al termine del consiglio europeo. Il premier italiano si sforza di esaltare i risultati ottenuti nel documento conclusivo.
Ma questa è una storia di parole e contraddizioni, visibili sia nel documento stesso che nelle dichiarazioni dei leader a fine vertice.
Solo parole, come spesso succede nei consigli europei, certo. Un po’ poco per un premier che chiedeva “fatti” al suo debutto a Bruxelles.
In conferenza stampa Conte non fa introduzioni, va subito alle domande dei giornalisti: tantissimi, presenti anche russi e britannici.
Anche nel vertice, quando si è fatto valere sottolineando di essere “professore di diritto”. Tutti hanno alzato il sopracciglio. E allora? “Io ho fatto il saldatore”, gli ha risposto il premier svedese Stefan Là¶fven. “E io il pompiere”, ha fatto notare il primo ministro bulgaro Bojko Borisov, uno che nella vita ha fatto pure la guardia del corpo del leader comunista Todor Živkov.
A parte le lezioni di umiltà con cui si è dovuto confrontare, il premier italiano difende assolutamente l’accordo. Per lui non è un problema il fatto che si fondi su “base volontaria”, spiega in conferenza stampa.
Se glielo si chiede risponde: “Non si può imporre a nessuno” di ospitare i nuovi centri chiusi a gestione europea che dovrebbero servire a smistare i migranti tra richiedenti asilo e non aventi diritto da rimpatriare.
“Anche noi abbiamo chiesto che il meccanismo sia volontario: o lei voleva un centro coatto in Italia?”, ci risponde stizzito.
E questa è la prima contraddizione. L’Italia rappresentata dal governo gialloverde chiede solidarietà agli altri paesi europei sui migranti ma non è disposta a dare l’esempio, argomentando di averlo già fatto per anni. Giusto. In effetti anche il documento conclusivo approvato dal Consiglio Ue riconosce gli sforzi fatti finora e afferma, all’articolo 1, che dal 2015 l’Europa ha posto in essere una serie di misure sulle frontiere esterne che hanno portato a “un calo del 95 per cento del numero di attraversamenti illegali verso l’Ue”.
Ma qui siamo al paradosso che il governo Lega-cinquestelle sbandiera una intesa europea ammettendo allo stesso tempo di non farne parte.
Perchè in conferenza stampa Conte sta bene attento a sottolineare che nemmeno l’Italia si è impegnata a ospitare i nuovi ‘centri controllati’.
Lo dice quando gli si fa notare che Emmanuel Macron, pur difendendo l’intesa, ci tiene a dire che la Francia non ospiterà i nuovi centri in quanto non è paese frontaliero come Spagna, Italia, Grecia.
“Macron era stanco”, glissa Conte. E poi aggiunge: “L’articolo 6 parla di centri di accoglienza e si va ad aggiungere alla regolamentazione attuale dei flussi migratori, è un’ulteriore opportunità che viene offerta. E’ un modo un po’ rivoluzionario di gestire, perchè vuol dire che con risorse europee, con personale europeo, si gestiranno questi centri di accoglienza”. Ok. Ma poi dice: “Qualche paese ha dato la disponibilità ma non l’Italia”.
Insomma più che intesa è un auspicio.
“Nessuno è escluso, nemmeno la Francia”, continua il premier. Già , ma a livello operativo, nulla.
Tanto più che Macron, nella sua conferenza stampa finale, insiste a dire che “il concetto di paese di primo arrivo non si può cancellare”. Il tutto a dispetto del fatto che nel documento conclusivo si stabilisce che “è necessario trovare un consenso sul regolamento di Dublino per riformarlo sulla base di equilibrio tra responsabilità e solidarietà “. Tanto necessario quanto rimandato.
Per contro, anche sui movimenti secondari non c’è nulla di perentorio e stringente.
E questo soddisfa molto la delegazione italiana. “Merkel aveva bisogno di risposte subito, le abbiamo rimandate”, ci dicono, soddisfatte, fonti di governo.
Da parte sua, Conte spiega: “L’ho detto anche a Merkel: non ho accettato di discuterne se non avessimo prima risolto i movimenti primari e così è stato. Se domani ci chiedono di riprenderceli, la risposta è no: non ho sottoscritto un accordo specifico con Merkel su questo, non abbiamo deliberato alcunchè, abbiamo deliberato conclusioni su cui andremo a lavorare…”.
Il fatto di non aver dato una risposta alla Cancelliera – sotto pressione in patria proprio sui movimenti secondari dei migranti dentro l’Ue – è un po’ l’ammissione che da questo vertice l’Italia ricava solo una lista di promesse.
Se ci fossero stati fatti, si sarebbe trovato anche l’accordo sui movimenti secondari: Conte non avrebbe potuto sfuggire.
E invece è tutto rinviato ad un lavoro di ordine “operazionale”, dicono dalla delegazione italiana, che inizia solo ora.
E Merkel, che domani farà il punto a Berlino con il ministro che la sta sfidando, l’ultra-conservatore Horst Seehofer, rilancia: la Germania continuerà a prendere rifugiati sbarcati in Italia “come ha fatto in passato” solo se ci sarà un accordo con Roma sui movimenti secondari.
Contraddizioni. Anche sui fondi per il Trust fund per l’Africa.
“C’erano 500milioni, somme già preventivate – ammette Conte – le abbiamo sbloccate”. Ora sta ai contributi degli Stati membri, come per l’accordo con la Turchia, voluto due anni fa dalla Cancelliera: 6 miliardi di euro in due tranche, tra fondi comunitari e contributi dei paesi Ue.
Ma se prima del Consiglio Europeo l’accordo con la Turchia veniva messo sullo stesso piano di quello per l’Africa – Matteo Salvini, principale azionista del governo giallo-verde, insiste molto su questo – ora, alla luce di come è andata all’Europa building, non è più così. “Non possiamo comparare situazioni diverse come la Turchia con la finestra sul nord Africa: sono contesti diversi”, dice Conte.
Ma il premier si dice soddisfatto. Più di Salvini: “Lui parla del 70 per cento, io direi l’80 per cento. Se l’avessi scritto io il documento, avrei scritto qualche cosa in più”. Anche i suoi colleghi europei si dicono soddisfatti.
Merkel si spinge a dire che può esserlo pure Seehofer. C’è da dire che a Bruxelles la Cancelliera è riuscita a ottenere un accordo con la Spagna e la Grecia, secondo cui Berlino si impegna ad accogliere i rifugiati in arrivo da questi due paesi, mentre Atene e Madrid si impegnano a riprendersi quelli respinti dalla Germania, se registrati in territorio spagnolo o greco.
E’ qualcosa di operativo, cui però l’Italia non partecipa: bloccata dalla propaganda pentaleghista che non contempla di accettare i respingimenti ma nemmeno i nuovi campi controllati in patria.
Macron canta vittoria perchè l’Ue “non ha ceduto alla fascinazione del peggio”. E per lui il peggio sono i populisti, la “lebbra”, ha detto qualche giorno fa.
Il bello è che anche i populisti sono contenti. Non solo Salvini, ma persino il premier ungherese Viktor Orban canta vittoria su Facebook: “Siamo soddisfatti, perchè i quattro di Visegrad hanno raccolto una grande vittoria. La minaccia che incombeva su di noi era che avrebbero cominciato i reinsediamenti all’interno degli Stati europei dai campi che avevano intenzione di realizzare. Siamo riusciti a difenderci da questa proposta e a far approvare invece la nostra, che stabilisce chiaramente che nessuno può essere spostato in un Paese senza il consenso di quest’ultimo. L’Ungheria non diventerà un Paese di immigrazione. L’Ungheria resterà ungherese. Questo è il risultato della battaglia di stanotte”.
E’ la magia delle parole. In casi come questo, hanno la potenza di rendere tutti felici. Perchè l’intesa su base volontaria permette a ognuno di fare come gli pare. Tranne che su una cosa: le ong.
Come ammette orgoglioso lo stesso presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, dalle conclusioni del vertice arriva “un messaggio chiaro a tutte le imbarcazioni che operano nel Mediterraneo, anche alle Ong: tutti devono rispettare la legge e non ostacolare il lavoro della guardia costiere libica” (sotto inchiesta Onu perchè organismo criminale)
Se c’è qualcosa di perentorio è la ‘guerra’ alle organizzazioni non governative che soccorrono migranti in mare. Dall’Italia Salvini infatti conferma la chiusura dei porti alle loro imbarcazioni per tutta l’estate (e finira’ davanti alla Corte di Giustizia europea)
Al largo della Libia naufraga un gommone carico di migranti: ci sono 100 dispersi, tre bambini morti.
Non frega nulla a nessuno .
(da “Huffingtonpost”)
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