Luglio 12th, 2019 Riccardo Fucile
SAVOINI NON E’ INDAGATO PER “ATTO DOVUTO” MA PER UN REATO PRECISO: CORRUZIONE INTERNAZIONALE… E I MAGISTRATI HANNO MATERIALE “SEGRETATO”, LE SORPRESE NON SONO FINITE
Può darsi che “nè un rublo, nè un litro di vodka” siano mai arrivati alla Lega o a Matteo Salvini, ma il fatto che la Procura di Milano da tempo si muova sottotraccia con un’inchiesta che prevede il reato di corruzione internazionale proprio a partire dalla vicenda dei rapporti intrattenuti dal suo uomo di fiducia Gianluca Savoini con alcuni manager russi, forse richiede qualcosa in più di una semplice battuta di smentita. Anche perchè Savoini risulta indagato e non per un semplice «atto dovuto» come sostengono gli uomini del vicepremier ma per un’indagine con un reato preciso cui potrebbe presto aggiungersi quello di finanziamento illecito.
Secondo il sito americano BuzzFeed, che non spiega come ha avuto l’audio e da chi sia stato registrato, nel dialogo registrato si cerca un accordo per far arrivare fino a 65 milioni di dollari alla Lega.
Problema di Savoini, fanno sapere nell’entourgae di Salvini; sarà lui a «dover spiegare e chiarire», dicono scaricando l’ex giornalista della Padania e presidente dell’associazione Lombardia-Russia, (sede sul retro dell’edificio di via Bellerio, quartier generale della Lega) che appena il 4 luglio scorso sedeva al tavolo degli invitati ufficiali per l’arrivo di Putin a Roma.
Per i tre pm che indagano sul caso, ovvero l’aggiunto Fabio de Pasquale e i sostituti Sergio Spadaro e Gaetano Ruta, specializzati nelle inchieste Eni, questa storia è in realtà ben più complessa.
I fatti sono ormai noti: una riunione avvenuta nella hall dell’hotel Metropol di Mosca tra Savoini, un non meglio precisato avvocato italiano di nome Luca, un altro italiano di nome Francesco e tre russi tra i quali, oltre al traduttore, spicca un certo Ylia Andreevic Yakunin, manager molto vicino a un avvocato mosocovita che la sera prima avrebbe ospitato nel suo studio Matteo Salvini e il vicepremier russo delegato agli affari energetici Dimitry Kozak.
La combriccola, come scrisse all’epoca il settimanale e come rivelano adesso gli audio di quell’incontro, avrebbe concordato una commessa per una fornitura di gasolio all’Italia pari a 1, 5 miliardi di dollari con una percentuale di ri-storno sul prezzo d’acquisto, definita “sconto”, tra il 6 e il 10 per cento: 4 per cento per la Lega, il resto per i russi. Il tutto con versamenti mensili estero su estero, grazie, sembra di capire dalla registrazione, anche al coinvolgimento di Banca Intesa Russia, che vede sedere nel suo consiglio d’amministrazione, Andrea Mascetti, fedelissimo di Salvini.
Chi dovrebbe farsi carico di questo acquisto e delle relative tangenti destinate a quanto pare ai funzionari della compagnia petrolifera di stato russa Rosneft? Secondo le chiacchiere da bar, e il misterioso avvocato presente all’incontro, una possibile società potrebbe essere l’Eni. Che però ha già smentito.
Non si sa dunque se questa operazione alla fine sia stata portata a termine e da chi.
Di sicuro, a corroborare l’inchiesta milanese ci sono diverse intercettazioni, foto e alcuni interrogatori svolti con assoluto riserbo. Le sorprese potrebbero dunque non essere finite, con riflessi spiacevoli nei rapporti con gli Stati Uniti e sulle nomine a Bruxelles.
(da “La Stampa”)
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Luglio 12th, 2019 Riccardo Fucile
TESTIMONIANZE CONVERGENTI DI CHI L’HA FREQUENTATO: “E’ UN NAZISTA”
«La definizione esatta di Savoini è nazista», così l’ex direttore de La Padania Gigi Moncalvo dipinge in poche parole un ritratto del “faccendiere” (che bella questa parola da prima repubblica) Gianluca Savoini. Fu proprio Moncalvo a cacciare Savoini dal giornale della Lega quando nel 2002 venne nominato direttore da Umberto Bossi.
Savoini, iscritto alla Lega dal 1991 dal 1997 faceva il giornalista per il quotidiano del partito (quello che prendeva i fondi pubblici).
Curiosità : anche Matteo Salvini ha iniziato in quell’anno la sua attività come cronista per La Padania. Ma Moncalvo non è l’unico a parlare delle simpatie “neonaziste” di Savoini.
Ad esempio Repubblica riporta un commento di Stefania Piazzo, ex caporedattrice del giornale, che del presidente dell’Associazione Lombardia-Russia dice «nessun altro come lui aveva quelle pulsioni naziste».
Un altro ex direttore, Gianluca Marchi, dice che Savoini «apparteneva al filone nazionalsocialista».
Deve essere per questo che il 25 agosto Savoini — in qualità di “consigliere politico” della Lega — ha partecipato ad un incontro organizzato dal gruppo parlamentare di Alternative fà¼r Deutschland, il partito di ultradestra tedesco con simpatie naziste che all’Europarlamento fa parte dell’EAPN, il gruppo dei sovranisti europei cui appartiene la Lega (inizialmente invece era all’interno di ECR, il partito dove per l’Italia c’è FdI). Tema dell’incontro ovviamente i rapporti con la Russia, che come sappiamo è il pallino di Savoini.
A dipingere un ritratto più dettagliato di Savoini è il giornalista Claudio Gatti, autore del libro I demoni di Salvini. I postnazisti e la Lega che indaga quella che secondo l’autore è la più clamorosa infiltrazione politica nella storia italiana.
Nel libro Gatti dedica un capitolo a Savoini che definisce “il terzo infiltrato postnazista” dopo Alberto Sciandra e Mario Borghezio. Lui nega di aver mai avuto contiguità con gruppi politici che non fosse la Lega, ma nel libro Gatti riporta testimonianze di compagni di strada (e addirittura di scuola)
Savoini nega di essere mai stato iscritto a gruppi o “cespugli” della galassia neonazista lombarda, ma quello che è sicuro è che frequentasse le stesse persone che in certi circoli si ritrovavano. Secondo Gatti l’infiltrazione era già in atto nel momento in cui nacque la Lega.
A raccontarlo è Marco Battarra, collaboratore di Maurizio Murelli, il militante neofascista condannato per l’uccisione di un agente di polizia.
Racconta Battarra: «Quando nel 1985 la Lega ha fatto la prima riunione a Milano, contando Bossi eravamo in nove, di cui due di Orion. Nove persone in tutto, intorno a un tavolo a casa del primo segretario della Lega della sezione di Milano. E i primi manifesti della Lega sono stati stampati nella tipografia di Murelli».
Orion è il nome di un mensile lanciato da Murelli, che a sua volta è amico di Savoini e di Borghezio. Quando nel 1997 Savoini arriva alla Padania trova un ambientino niente male, secondo Gatti le pareti della redazione erano costellate di immagini con iconografia neonazista.
A raccontarlo fu Saverio Ferrari che nel 2002 su Liberazione pubblicò alcune foto “shock” dell’interno della redazione. Veniva fatta passare per goliardia ma secondo Matteo Mauri (anche lui ex giornalista de La Padania) Savoini «era apertamente filonazista. Ricordo le sue citazioni di Hitler, di Goebbels… Si esaltava parlando di impero, ordine e disciplina. E ricordo con assoluta certezza che rivendicava il fatto di essere orgogliosamente antitaliano. Diceva: “Io non sono mai stato fascista”».
Ma in nome di chi agisce Savoini?
E le testimonianze sono numerose, Savoini che in redazione fa il saluto col braccio teso sbattendo i tacchi, Savoini che non nasconde l’ammirazione per Hitler oppure Savoini che si rivolge ad alcuni colleghi chiamandoli “camerata”. Sempre in spirito goliardico, s’intende. Intervistato riguardo al suo passato lui glissa, dice che fascismo, nazismo e comunismo sono cose superate, quello che conta oggi è il sovranismo. Ma in fondo Savoini è bravo a negare, ha negato di essere stato al Metropol tra il 17 e il 18 ottobre e ora nega che quella nelle registrazioni di Buzzfeed sia la sua voce.
E Salvini che fa? Assume Savoini come suo portavoce nel 2013. E dal 2014 Savoini si mette al lavoro per stringere i rapporti tra Lega e Russia, in particolare con il partito di Putin Russia Unita, e si incontra con gli esponenti del partito.
Ogni volta che un leghista vola in Russia c’è Savoini ad accompagnarlo. E anche quando si tratta di presenziare a ricevimenti presso il consolato russo in Italia Savoini è sempre in compagnia di esponenti della Lega.
Eppure ufficialmente non ha alcun ruolo nel partito, è un semplice militante, tesserato dal 1991. Carlo Bonini su Repubblica ieri raccontava che, curiosamente, la sede di Lombardia-Russia è sul retro dell’edificio di via Bellerio dove ha sede la Lega.
Nel 2014 si l’Associazione Lombardia-Russia si prodiga su Facebook a dimostrare che l’abbattimento del volo MH17 della Malaysian Airlines era opera degli ucraini. Venne poi fuori che c’era stato un diretto coinvolgimento di agenti russi.
Viene addirittura nominato osservatore internazionale per lo svolgimento delle elezioni regionali russe del 10 settembre 2017.
Tutto questo senza avere alcun ruolo nella Lega? È davvero possibile? Matteo Salvini preferisce non parlarne, dice che «vado in giro con centinaia di persone; cosa facciano e cosa chiedano a nome loro non mi è dato saperlo» e fa sapere che «Savoini non era invitato dal ministero dell’Interno», nè a Mosca, nell’ottobre 2018, nè a Villa Madama nell’incontro bilaterale con Putin.
E allora chi l’ha invitato? Possibile che il ministro dell’Interno non sappia quello che gli succede sotto il naso?
Ma ammettiamo che davvero Salvini non sappia nulla di quello che fa Savoini, ammettiamo anche l’ipotesi assurda che Savoini possa essere un agente al soldo della Russia all’insaputa del ministro dell’Interno, lo stesso si può dire di tutti i deputati, consiglieri regionali, sindaci leghisti che Savoini frequenta e incontra?
Nessuno nella Lega si è mai chiesto cosa faccia questa persona, eppure è sempre lì assieme a loro.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 12th, 2019 Riccardo Fucile
MA CHI QUERELA?
Dice che querela.
Cioè: c’è l’audio del suo plenipotenziario in Russia che parla con gli emissari di Putin sulle possibili modalità di finanziamenti occulti alla Lega, e lui dice che querela.
A questo punto manca il complemento oggetto. Chi querela?
Chi ha dato la notizia, e cioè l’Espresso a suo tempo e Buzzfeed poi, con tanto di documento sonoro?
Il suo inviato a Mosca, che come lui ha limonato con Putin a favore di microfono? Putin stesso? Il Kgb? L’Fsb? Anas? Aiscat? Autostrade per l’Italia? No, quelle li querela Di Maio subito prima di chiedere il salvataggio di Alitalia.
Chi allora? Forse il suo social media manager, che da due giorni viaggia a una media di dodici tweet al minuto, ma ha postato anche il video di un portoghese africano su un treno. Solo che quel post acchiappagonzi l’aveva già pubblicato la Meloni due giorni prima. E quando nella rincorsa all’odio pro domo voti arrivi secondo, ecco, è il segnale che stai perdendo colpi. O che forse ti stai chiedendo come mai, subito dopo che hai giurato fedeltà a Trump, esca un audio russo che potrebbe incastrarti.
Magari la prossima volta meglio dare un’occhiata a “Dalla Russia con amore”.
Ma bastava anche “Il compagno Don Camillo”.
(da “La Repubblica”)
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Luglio 12th, 2019 Riccardo Fucile
CEMENTO DI SERIE B, LAVORI DI SCAVO CON PRODOTTI SCADENTI NON MARCHIATI …INAUGURATA UN MESE FA DA SALVINI, ZAIA E FONTANA
Rischia di non essere più conclusa la Superstrada Pedemontana Veneta, attualmente l’opera stradale cantierata più importante in Italia, con un costo finale che sarà di 2 miliardi e 300 milioni di euro.
Ma non tanto per la battaglia dei comitati di cittadini che da una decina di anni stanno combattendo contro tutto e tutti.
Bensì per l’ultima inchiesta della magistratura vicentina che ha sequestrato la galleria di Malo, lunga circa sette chilometri e mezzo, per frode in pubbliche forniture.
Un reato che sembra di poco conto, ma che in realtà mina dalle fondamenta la solidità della galleria che si sta scavando, a causa dell’uso di materiale (soprattutto acciaio e calcestruzzo) che secondo la Procura di Vicenza è di serie B, al punto da aver causato crolli a catena e in passato anche la morte di un operaio.
E così la galleria rimarrà sequestrata chissà per quanto tempo, mentre la Regione Veneto continua a dichiarare che la Pedemontana verrà ultimata nei termini del cronoprogramma, ovvero entro la fine del 2020.
Ma se anche quel giorno il nastro d’asfalto dovesse essere completato, mancando la galleria (che era già in ritardo) nascerebbe una Pedemontana zoppa. Che non raccoglierà il traffico proveniente dalla A4 per dirottarlo verso la A27 a Spresiano (e viceversa). Il volume dei passaggi sarà inevitabilmente ridotto e per la Regione Veneto — impegnata nel finanziamento dell’opera — sarà un disastro economico.
“Frode nelle pubbliche forniture”
A gettare scompiglio è il decreto di sequestro preventivo firmato dal gip Matteo Mantovani, che ha accolto le richieste del pm Cristina Carunchio. Nell’inchiesta che riguarda il consorzio Sis e la società di progetto SPV, ci sono quattro indagati: Luigi Cordaro, direttore di cantiere con procura dei lavori sul Lotto 1; Fabrizio Saretta, responsabile del Lotto 1 (tratta C); Giovanni Salvatore D’Agostino, direttore tecnico della concessionaria Società Pedemontana Veneta; il direttore dei lavori Spm, ingegnere Adriano Turso.
Il reato ipotizzato è la frode nelle pubbliche forniture, attuata “realizzando i lavori di scavo della galleria di Malo, utilizzando materiali non marchiati Ce e impiegando materiali (in particolare miscele di calcestruzzo) diversi da quelli previsti dagli elaborati progettuali”.
Le società fornitrici del materiale sono: Ar.Co di Brescia (strutture metalliche), Macevi di Mogliano Veneto (calcestruzzo), Crestan Fratelli di Trissino (calcestruzzo), Edil Centro di Piovene Rocchette (materiale da costruzione), Picenumplast di Fermo (lastre e tubi in plastica), Dywit di Cusago in provincia di Milano (materiali ferrosi) e Assotubi di Cesena (materiali ferrosi).
Il decreto di sequestro fa parte della terza inchiesta vicentina sulla Pedemontana (ma fra Treviso, Vicenza e Venezia, gli esposti sono numerosi). La prima, per omicidio colposo, riguarda la morte nel cantiere dell’operaio Sebastiano La Ganga, di 54 anni, avvenuta nel 2016 a seguito di un crollo.
La seconda è stata aperta dopo che nel settembre 2017 è ceduta la galleria, con il crollo della superficie sovrastante. Gli ingegneri Rossitto e Pasqualon hanno effettuato perizie per chiarire se in quella galleria ci siano condizioni di sicurezza e se il cantiere possa proseguire. La risposta è negativa: gravi carenze nei tubi in acciaio, nel pvc e nel calcestruzzo.
“Problemi di staticità Ma andavano avanti”
Le parole del gip sono chiarissime: “I ripetuti crolli, l’incidente mortale, gli smottamenti, gli splaccaggi dello spritz (iniezioni di cemento sulla volta, ndr), la preoccupazione sempre maggiore da parte degli operai per la loro stessa incolumità , sono inequivoci segnali di evidenti problematiche di staticità della costruzione, riconducibili alla scarsa qualità del materiale impiegato”.
Inoltre, “il fatto che pur a fronte di questi eventi sempre più frequenti, non vi sia la decisione di arrestare l’opera o di intervenire in modo efficace per sostituire i materiali, dimostra che il perdurare dell’attività di costruzione secondo tali modalità non avrà altro effetto se non quello di aggravare le conseguenze del reato, per rispettare le strette tempistiche contrattuali altra scelta non rimane se non quella di proseguire come sempre si era fatto costruendo con il materiale a disposizione”.
È per questo che il sequestro ordinato dalla magistratura mette una seria ipoteca sulla realizzazione di tutta la Pedemontana Veneta.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 12th, 2019 Riccardo Fucile
ONOREFICENZA PER LA CAPITANA: LA MEDAGLIA GRAND VERMEIL
“Le due capitane della Sea Watch 3, Carola Rackete e Pia Klemp, riceveranno la medaglia Grand Vermeil, la massima onorificenza del Comune di Parigi, per aver salvato migranti in mare”: lo annuncia un comunicato del municipio della capitale francese.
La medaglia vuole simboleggiare “la solidarietà e l’impegno di Parigi per il rispetto dei diritti umani” e va alle due operatrici umanitarie tedesche “ancora perseguite dalla giustizia italiana”, si legge nel documento.
La capitana Carola Rackete si sta rendendo protagonista di un duro faccia a faccia con Matteo Salvini. Proprio in queste ore infatti ha depositato in Procura di Roma la denuncia contro il ministro dell’Interno.
L’incartamento è stato materialmente depositato negli uffici di piazzale Clodia da una sostituta di studio dell’avvocato Alessandro Gamberini.
Nella denuncia si ipotizzano i reati di istigazione a delinquere e diffamazione.
Rackete sollecita, tra le altre cose, il sequestro preventivo dei profili social attraverso cui “risultano pubblicati e diffusi i contenuti diffamatori e istigatori con specifico riferimento alle pagine Facebook e Twitter dell’account ufficiale di Matteo Salvini”.
(da agenzie)
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Luglio 12th, 2019 Riccardo Fucile
AUDIZIONE A BRUXELLES SULLE VIOLAZIONI DELLE LIBERTA’ CIVILI… UN MANAGER TEDESCO CHE L’HA SOSTENUTA SUI SOCIAL MINACCIATO DI MORTE DA GRUPPI NEONAZISTI
Il Parlamento europeo vuole conoscere dalla voce di Carola Rackete, la capitana della nave Sea Watch che ha deciso di forzare il blocco al porto di Lampedusa per salvare i migranti, se ci sono state violazioni delle libertà civili.
Fonti parlamentari del Ppe spiegano che durante la riunione dei coordinatori dei gruppi in commissione che si è tenuta ieri, i rappresentanti del gruppo della Sinistra unitaria della Gue hanno avanzato la richiesta di audire la capitana della Sea Watch 3.
A livello di coordinatori la richiesta sarebbe stata accolta, ma non ancora formalizzata dalla commissione, che dovrebbe prendere una decisione probabilmente l’ultima settimana di luglio dopo la seduta plenaria di Strasburgo.
Oggi intanto è stata depositata la denuncia per diffamazione e istigazione a delinquere alla Procura di Roma contro il ministro degli Interni, Matteo Salvini, da parte della capitana della Sea Watch3, che chiede il sequestro preventivo degli account Facebook e Twitter del titolare del Viminale, da dove sono partiti quelli che nella denuncia vengono definiti “messaggi d’odio”.
Un’ondata di violenza verbale che non si ferma: l’amministratore delegato della Siemens, Joe Kaeser, ha ricevuto minacce di morte con una mail proveniente da “adolf.hitler@nsdap.de”, chiaramente proveniente da ambienti di estrema destra. Kaeser aveva postato dei tweet durante la vicenda della Sea watch a sostegno della comandante Carola Rackete.
La procura della Repubblica ha aperto una indagine, senza rilasciare ulteriori informazioni sulla mail minatoria oltre al fatto che in essa il manager sarebbe stato identificato come “il prossimo Luebcke”, l’amministratore locale della Cdu assassinato a inizio giugno da un neonazista in Germania.
L’indirizzo da cui è arrivata la mail minatoria è noto alle autorità di sicurezza tedesche: già a marzo era stato usato per inviare una minaccia a un politico. Il server di posta potrebbe trovarsi all’estero.
(da agenzie)
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Luglio 12th, 2019 Riccardo Fucile
“USA I SUOI ACCOUNT IN MODO CRIMINOSO”
La querela di Carola Rackete contro Matteo Salvini sta per arrivare. La capitana della Sea Watch 3, salvo ritardi burocratici, dovrebbe presentarla già oggi alla procura di Roma cui chiede il sequestro preventivo degli account Facebook e Twitter del ministro dell’Interno, da dove sono partiti quelli che nella denuncia vengono definiti “messaggi d’odio”.
“Temiamo per l’incolumità della capitana – ammette il suo legale, l’avvocato Alessandro Gamberini in un’intervista a Radio Capital -. Se una persona viene indicata come un’assassina in libertà , come una delinquente, come un personaggio da mettere all’indice, poi non si sa quali sono le reazioni da parte di coloro che, seguendo queste indicazioni, possono adottare comportamenti gravi nei suoi confronti, anche aggressivi dell’incolumità fisica. Io ho questo timore. Lo scatenamento del discorso dell’odio poi non si controlla più. Chiunque istiga a delinquere in quel modo non ha il controllo poi del comportamento di coloro che vengono istigati”.
A proposito del sequestro degli account social, Gamberini ricorda che “ci sono già delle sentenze: non è sequestrabile un quotidiano online con direttore responsabile, che gode delle garanzie dell’articolo 21, ma sono sequestrabili blog e pagine Facebook che fanno discorsi diffamatori, che costituiscono reato, quindi non è possibile lasciarle intatte a continuare un’attività che a quel punto è criminosa. Nessuno vuol sequestrare nulla a Salvini: si sequestra ciò che è usato in modo incontinente, aggressivo e quindi delittuoso. Nessuno – spiega ancora il penalista – vuole limitare la sua libertà di espressione politica, può fare anche critiche feroci, ma si vuole impedire che possa usare questi strumenti facendo dei reati. Lo si fa a lui come lo si farebbe a qualsiasi altro cittadino. O pensa di avere un privilegio, che lui possa delinquere e altri no?”.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 12th, 2019 Riccardo Fucile
OVVERO UNO SI SIEDE NELLA DELEGAZIONE ITALIANA CON TANTO DI CARTELLINO RISERVATO E SALVINI ORA DICE CHE NON ERA STATO INVITATO: SIAMO ALLA FARSA
Il leader della Lega Matteo Salvini cerca giustificazioni per negare l’evidenza in merito alla presenza di Gianluca Savoini – indagato dalla Procura di Milano per corruzione internazionale – al vertice fra i ministri dell’Interno nel luglio del 2018 a Mosca, presenza documentata da una foto.
“Savoini non era invitato dal ministero dell’Interno”, dice Salvini, nè a Mosca, nell’ottobre 2018, nè a Villa Madama nell’incontro bilaterale con Putin.
Riferendosi alla visita a Mosca, Salvini, nel corso di una conferenza stampa al Viminale dopo la sigla di un’intesa con i gestori di discoteche, aggiunge: “Che ne so cosa ci facesse al tavolo? Chiedetelo a lui. Faccio il ministro dell’Interno e preferisco occuparmi di cose serie”.
“Ho totale fiducia nella giustizia, che andrà fino in fondo in questa preziosissima indagine e se c’è un rublo fuori posto sarò il primo ad arrabbiarmi, ma suppongo che non ci sia”, aggiunge Salvini
Poi attacca i giornalisti che in conferenza stampa gli rivolgono delle domande sui legami tra la Russia e la Lega: “Lei cerchi i rubli e i missili, io faccio il ministro dell’Interno”, si rivolge a un cronista.
“Sul caso Metropol Salvini parla di matriosche e litri di vodka. Fa delle battute, ma perchè non dice che Gianluca Savoini è un imbroglione? Un mariuolo, una mela marcia?”, dice il presidente dem Paolo Gentiloni a 24Mattino su Radio 24 con Maria Latella e Oscar Giannino.
Il segretario Nicola Zingaretti in un blog su HuffPost torna a sollecitare il premier Giuseppe Conte sulla vicenda. “C’è un disegno di partiti europei per tradire l’Alleanza Atlantica? E’ questa la politica estera del governo Conte? Chi sarà il nostro commissario europeo e il ministro degli affari europei quale politica seguirà ? Queste domande richiedono urgenti e chiare risposte nelle sedi appropriate. Vigiliamo e difendiamo le prerogative costitutive della nostra comunità nazionale. Altro che ‘prima gli italiani’ qualcuno lavora per mettere ‘prima i russi'”.
Racconta infine Lia Quartapelle, capogruppo Pd in commissione Esteri alla Camera: “Abbiamo anche scoperto che la sede di Lombardia Russia, l’associazione di Savoini, si trova proprio nello stesso edificio in cui ha sede la Lega. Insomma la sede del partito di Salvini e quella di Savoini coesistono a poche decine di centimetri una dall’altra: che cosa strana. Con che credibilità di fronte a questo fanno finta di non conoscere Savoini?”
(da agenzie)
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Luglio 12th, 2019 Riccardo Fucile
L’AUTOGOL DEL LEADER LEGHISTA
Salvini ha detto una bugia. Il ministro dell’Interno, al centro della bufera per il caso dei fondi russi alla Lega, minimizza sul ruolo di Gianluca Savoini all’interno della Lega, ma le cose non sembrano proprio essere come le racconta il ministro.
Gianluca Savoini, presidente dell’associazione Lombardia-Russia, ha un rapporto ventennale con Matteo Salvini, tanto da essere stato il suo portavoce quando venne eletto segretario della Lega.
E su quello nessuno può fare marcia indietro. Quello che Salvini e i suoi stanno cercando di far passare nelle ultime ore è che Savoini non abbia alcun ruolo nelle delegazioni ufficiali del ministro in trasferta a Mosca.
“L’associazione Lombardia-Russia non ha nulla a che vedere con la Lega. Gianluca Savoini non ha mai fatto parte di delegazioni ufficiali in missione a Mosca con il ministro. A nessun titolo”, ha detto l’attuale portavoce di Salvini nella giornata di ieri, 11 luglio, come riferisce Repubblica.
E aggiunge: “Nè a quella del 16 luglio 2018, nè a quella del 17 e 18 ottobre dello stesso anno. Quanto poi alla foto scattata alla cena di gala offerta dal premier Giuseppe Conte al presidente Putin il 4 luglio scorso, Savoini non figurava tra gli invitati del ministro dell’Interno nè, a quanto ci risulta, tra quelli della presidenza del Consiglio. In ogni caso, nessuno parla a nome del ministro. Il ministro parla per sè”.
Ma non è vero, come dimostra questa foto.
Il 16 luglio 2018 Gianluca Savoini era a Mosca nella sala delle riunioni del Ministero del’Interno della Federazione Russa dove la delegazione ufficiale italiana guidata da Matteo Salvini incontrò i rappresentanti del Consiglio per la sicurezza nazionale, Yuri Averyanov e Alexandr Venediktov, e il ministro dell’Interno Vladimir Kolokoltsev.
La foto ufficiale, postata dallo stesso Salvini su twitter, mostra Savoini seduto con microfono e segnaposto, tra i rappresentanti della delegazione italiana (è il primo a sinistra).
Quella riunione, come scrisse lo stesso Salvini su Twitter, aveva all’odg questioni piuttosto delicate, come la lotta al terrorismo islamico, l’immigrazione irregolare, e altri scambi di informazioni.
Repubblica riferisce poi come lo stesso Savoini avesse detto in un’intervista: “Ho sempre fatto parte delle delegazioni in Russia di Matteo Salvini”.
In ogni caso, qualunque piega prenda la situazione, pare che la questione sia più scivolosa che mai. Se Savoini era parte della delegazione italiana in Russia, allora Salvini ha detto una bugia.
Se Savoini non faceva parte della delegazione, allora cosa ci faceva in un incontro bilaterale così delicato? “La faccenda promette di non finire qui”, conclude Repubblica.
(da agenzie)
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