Gennaio 29th, 2021 Riccardo Fucile
L’ASSOCIAZIONE: “OCCORRE UNA NORMA CHE LIMITI LE ATTIVITA’ EXTRAPARLAMENTARI”… IN MOLTI STATI E’ CONSIDERATO UN ILLECITO IL LOBBISMO A FAVORE DI PAESI STRANIERI
Secondo Federico Anghelè, direttore dell’associazione, non è ammissibile che un senatore della Repubblica, e anche ex presidente del Consiglio, possa “viaggiare su un jet privato offerto dal fondo sovrano di un altro Paese”, così come non è opportuno, a suo avviso, che “egli percepisca un compenso regolare come membro del comitato dei garanti da una piattaforma di eventi che si propone di promuovere gli interessi internazionali di quello stesso Stato”.
“Come facciamo a essere certi che Renzi e gli esponenti di Italia Viva, il partito ex di maggioranza da lui guidato agiscano in piena autonomia quando sono chiamati a occuparsi dei rapporti dell’Italia con l’Arabia Saudita? Ed è opportuno che un senatore nel pieno delle sue funzioni offra consulenze retribuite a un altro Paese?” rimarca Anghelè.
Secondo il direttore di The Good Lobby la vicenda Renzi-Arabia Saudita evidenzia un vuoto normativo che le istituzioni internazionali chiedono di colmare già da tempo: “È dal 1997 che il Consiglio d’Europa chiede all’Italia di introdurre un codice di condotta per i parlamentari. Mentre la Camera ha approvato il suo nel 2016 modellandolo su quello del Parlamento europeo, il Senato è rimasto indietro e non ha mai colmato la lacuna”.
“Il Senato non ha ancora introdotto un codice di condotta che regolamenti (e limiti) le attività extraparlamentari dei senatori, prevenendone eventuali conflitti di interessi — dichiara ancora Anghelè — La legge anticorruzione ‘Spazzacorrotti’ sancisce il ‘divieto di ricevere contributi, prestazioni o altre forme di sostegno provenienti da governi o enti pubblici di Stati esteri e da persone giuridiche aventi sede in uno Stato estero non assoggettate a obblighi fiscali in Italia’. Ma si applica ai partiti politici e non anche ai membri eletti di quelle stesse forze politiche. Cosa si aspetta per colmare questo gap definendo una volta per tutte regole chiare e precise?”.
“Occorre senso di responsabilità maggiori che dovrebbe indurre a valutare con attenzione ciò che è opportuno fare per non compromettere la credibilità del Paese. E per non doversi giustificare dall’accusa di essere un (parlamentare) lobbista al soldo di una potenza straniera. Attività considerata illecita in molti Paesi” conclude Federico Anghelè.
(da agenzie)
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Gennaio 29th, 2021 Riccardo Fucile
ECCO L’ARABIA SAUDITA DI RENZI “CULLA DEL RINASCIMENTO”
Qualche giorno fa, il leader di Italia Viva Matteo Renzi è volato in Arabia Saudita, dove ha partecipato al panel “Il Futuro di Riad”, della Future Investement Initiative, l’iniziativa rinominata la ‘Davos del deserto’.
Un vertice internazionale organizzato a partire dal 2017 dal principe erede saudita Mohammed bin Salman per attrarre investimenti stranieri nel Golfo. Il dialogo tra lui e Renzi è stato trasmesso in video nella seconda e ultima giornata della conferenza, a cui hanno partecipato 150 relatori, tra cui David Solomon, ceo di Goldman Sachs, Stephen Schwarzman, direttore del fondo di investimento Blackstone e Larry Fink, ceo della società americana Blackrock.
Renzi nel suo intervento ha sostenuto che “l’Arabia Saudita è il luogo del nuovo Rinascimento”. Un Rinascimento che somiglia molto a un Medioevo.
Tornando indietro nel tempo, ma neanche troppo, si può capire come stiano davvero le cose nel Paese.
Sei anni fa, il 9 gennaio 2015, Raif Badawi, blogger, attivista e fondatore del sito “Liberali sauditi”, riceveva le prime 50 frustate di una pena che ne prevedeva ben mille. Tutto accadeva nella pubblica piazza di fronte alla moschea al Jafali, Gedda era piena di gente. Il blogger era stato condannato per dei semplici post pubblicati sui social, accusati di “offendere l’Islam”. Raif Badawi è tuttora in carcere
L’ipocrisia sull’emancipazione femminile
Il 28 dicembre scorso, l’attivista saudita per i diritti delle donne Loujain al-Hathloul è stata condannata a cinque anni e otto mesi di carcere, al termine di un processo iniquo celebrato dal Tribunale penale speciale, che si occupa di casi di terrorismo.
Loujain è stata giudicata colpevole di “spionaggio per potenze straniere” e “cospirazione contro il regno” saudita, solo per aver promosso i diritti delle donne e aver chiesto e ottenuto la fine del sistema del guardiano maschile, deputato a presiedere su ogni aspetto della vita delle donne della sua famiglia.
Loujain è in carcere in Arabia Saudita solo perchè è stata tra le prime donne a mettersi alla guida di un’automobile. Insieme ad altre difensore dei diritti umani, Loujain stava conducendo una campagna pacifica per il diritto alla guida, per porre fine al sistema di tutela maschile e per la giustizia e l’uguaglianza delle donne in Arabia Saudita. Tre mesi dopo il suo arresto, altre donne difensore dei diritti umani sono state arrestate.
L’inganno del G20
A novembre 2020, l’Arabia Saudita ha ospitato il vertice del gruppo G20. Assumendone la presidenza, le autorità saudite hanno pubblicizzato tutta una serie di iniziative sulle opportunità di lavoro per le donne e hanno dichiarato che l’agenda del vertice è “fortemente orientata” verso l’emancipazione delle donne e delle ragazze. Tutto ciò, nonostante il fatto che le attiviste che hanno promosso le campagne per i diritti delle donne soffrano in carcere o siano sotto processo.
Oltre Loujain al-Hathloul, ci sono Nassima al-Sada, Samar Badawi, Maya’a al-Zahrani e Nouf Abdulaziz che hanno condotto campagne per i diritti delle donne, tra cui quelle per il diritto alla guida e per la fine del repressivo sistema di tutela maschile. E mentre l’Arabia Saudita si serve delle recenti riforme come l’allentamento delle restrizioni sociali e l’aver svincolato il sistema di tutela maschile dall’approvazione del tribunale per farsi pubblicità , le attiviste per i diritti delle donne restano in carcere
Pena di morte
Nel 2019 in Arabia Saudita si è registrato un numero record di esecuzioni, nonostante le cifre in calo a livello mondiale. In quell’anno sono state effettuate ben 184 condanne a morte — sei donne e 178 uomini — la cifra più alta mai registrato dall’ong Amnesty International nel paese durante un solo anno. Tra queste poco più della metà erano cittadini stranieri. Nel 2018 si sono registrate 149 esecuzioni.
Solo nel 2020 c’è stata un’inversione di tendenza: le condanne a morte eseguite sono state 27, l’85% in meno del 2019. Secondo l’organizzazione non governativa Reprieve ci sono ancora 80 persone a rischio di essere condannate a morte in Arabia Saudita e molti sono attivisti per i diritti umani a cui non sono stati garantiti processi equi.
La maggior parte delle esecuzioni sono per crimini legati agli stupefacenti e omicidio. Amnesty International ha però documentato un maggiore ricorso alla pena di morte come arma politica contro i dissidenti appartenenti alla minoranza musulmana sciita.
Il 23 aprile 2019, si è tenuta un’esecuzione di massa di 37 persone, di cui 32 uomini sciiti condannati per “terrorismo” dopo processi basati su “confessioni” ottenute sotto tortura. Una delle persone messe a morte il 23 aprile era Hussein al-Mossalem, che mentre era detenuto in isolamento aveva subito ferite multiple incluso il naso rotto, una frattura alla clavicola e a una gamba, ed è stato anche picchiato con manganelli elettrici oltre ad aver subito altre forme di tortura.
“La pena di morte viene eseguita normalmente con decapitazione in pubblica piazza ed è prevista per molti reati”, spiega Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. “Alcuni dei quali sono mascherati da terrorismo, ma riguardano attività del tutto lecite. Nonostante una recente decisione di non mettere a morte minorenni al momento del reato, ce ne sono almeno tre condannati per terrorismo per aver preso parte a delle manifestazioni”
Jamal Kashoggi
Mohammed bin Salman è l’erede al trono dell’Arabia Saudita, su cui siede attualmente il re Salman bin Abdulaziz Al Saud. MBS, com’è conosciuto colloquialmente, è ministro della Difesa dal 2015 e dal 2017 è principe ereditario nonchè vice primo ministro. È lui la mente di Saudi Vision 2030, una serie di riforme che hanno come obiettivo quello di ristrutturare e rendere sostenibile il sistema economico del Paese. L’obiettivo è quello di renderlo meno dipendente dalle esportazioni petrolifere.
Per fare ciò, il principe erede saudita ha anche stretto accordi con gli organizzatori di grandi eventi internazionali (come la Dakar, la gara off-road più importante al mondo) e con la stessa Lega Serie A di calcio, che ha organizzato due edizioni della Supercoppa Italiana in terra saudita. La prima si è giocata a Jeddah nel gennaio 2019, la seconda a Riad nel dicembre dello stesso anno.
Il principe ereditario al trono Mohammed Bin Salman vuole modificare l’immagine del suo Paese come bastione dell’ultraconservatorismo, dove c’è poco se non nessuno spazio per la libertà di espressione e la difesa dei diritti umani.
Sul rispetto delle libertà civili e del dissenso, l’era Trump è stata un salvacondotto per bin Salman. L’omicidio nel 2018 di uno dei principali dissidenti sauditi all’estero, il giornalista Jamal Khashoggi — secondo la Cia e l’Onu l’assassinio è stato ordinato dal principe ereditario — ha suscitato una ondata di indignazione internazionale e ha affossato l’immagine di Bin Salman come giovane principe riformatore. Trump non aveva reagito al clamore internazionale. In un’intervista con il giornalista Bob Woodward aveva anche ammesso di aver in qualche modo protetto Bin Salman sul caso Khashoggi.
Il principe saudita è accusato invece di avere un ruolo determinante nell’assassinio di Jamal Kashoggi, giornalista noto per le sue posizioni contrarie a quello del principe ereditario. Kashoggi è morto ad Istanbul, in circostanze poco chiare, nell’ottobre 2018. Bin Salman è anche accusato inoltre di essere il mandante delle minacce nei confronti di Saad Al-Jabri, ex consigliere del Regno che dal 2017 è in esilio in Canada.
Proprio con il Canada, il Paese Saudita ha interrotto ogni tipo di relazione diplomatica nel 2018. Una decisione presa a seguito delle critiche espresse dalla ministra degli Esteri Chrystia Freeland sugli arresti degli attivisti Samar e Raif Badawi
La guerra in Yemen
L’Arabia Saudita da anni è coinvolta in veste di una delle maggiori potenze nella guerra civile in corso da cinque anni in Yemen. Con lei, anche l’Iran a giocare un ruolo determinante nel conflitto. Il blocco del rifornimento di medicinali che periodicamente si verifica ha portato 7 milioni di yemeniti alla morte con un’epidemia di colera che nel 2017 ha provocato 2.000 morti. La guerra civile nello Yemen ha causato oltre 230 mila vittime e una catastrofe umanitaria che coinvolge 22 milioni di persone.
(da agenzie)
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Gennaio 29th, 2021 Riccardo Fucile
IL TIMORE CHE CONTE VOGLIA TORNARE AL VOTO
Hanno acceso una miccia che può far esplodere tutto.
A poche ore dalle consultazioni tra il Capo dello Stato Sergio Mattarella e il Movimento 5 Stelle, una parte dei grillini apre il fuoco contro Italia Viva. Il pentastallato Pino Cabras, vicepresidente della commissione Esteri alla Camera, deposita un’interrogazione in cui chiede al governo di “sapere come sia possibile che il leader di un partito che fino a pochi giorni fa esprimeva ministri e sottosegretari possa al contempo ricevere compensi da uno Stato straniero”. Sotto accusa c’è il viaggio di Matteo Renzi in Arabia Saudita.
Dai pentastellati che invece spingono per un ritorno al dialogo con Matteo Renzi, questa mossa viene letta come una dichiarazioni di guerra che può far saltare il tavolo che si sarebbe potuto riaprire tra gli ex alleati. Una mossa manovrata da chi, come Alessandro Di Battista, chiede di chiudere con Matteo Renzi. Sullo sfondo c’è anche il timore che Giuseppe Conte voglia tornare al voto non fidandosi di Matteo Renzi. Ora la strada appare davvero in salita.
Tutto ciò avviene in un giorno chiave per le sorti di questa legislatura. Oggi infatti i riflettori sono puntati sulla delegazione pentastellata che alle 17 salirà al Colle per parlare con il presidente della Repubblica nell’ambito delle consultazioni.
È qui che i pentastellati dovranno dire chiaramente se vogliono ancora governare con Italia Viva o se invece vogliono separare la loro strada da quella del senatore di Rignano come chiede Alessandro Di Battista e come lascia pensare l’interrogazione presentata dal deputato Cabras.
M5s prova con difficoltà a mettere insieme i pezzi durante una war room tra i vertici iniziata questa mattina.
Il Movimento, come è evidente, è spaccato a metà . Da un lato c’è chi vorrebbe riallacciare i fili del dialogo con i renziani sottolineando però il fatto che è stato il senatore di Rignano a rompere con il resto della maggioranza e non viceversa, come ieri invece ha provato a far credere durante le dichiarazioni alla stampa.
In questo caso punto imprescindibile resterebbe comunque la permanenza di Giuseppe Conte a Palazzo Chigi. La paura? Che sia Renzi a dettare le condizioni. Dall’altro, come dimostra l’interrogazione, c’è chi vuol far saltare tutto e tornare al voto.
Alle 16, prima dei 5Stelle, al Colle sarà il turno del centrodestra.
Un’unità solo formale dal momento che in realtà ci sono diverse posizioni. Giorgia Meloni punta al voto, Forza Italia chiede, come sostiene Renato Schifani, “un’assunzione collettiva di responsabilità ” e non esclude un governo di unità nazionale. Matteo Salvini che immagina solo un governo di centrodestra o le elezioni.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 29th, 2021 Riccardo Fucile
POSTA UN RITRATTO DI HITLER SUI SOCIAL: O IN GALERA O AL REPARTO PSICHIATRICO, LE LEGGI CI SONO, E’ ORA DI APPLICARLE
Una foto di Hitler per “celebrare” il Giorno della Memoria. È l’ultima, agghiacciante, trovata di Fabio Tuiach, il pugile professionista prestato — purtroppo per noi — alla politica, consigliere comunale di 41 anni a Trieste eletto con la Lega, passato a Forza Nuova e infine nel misto, con parentesi tra il mistico e il delirante tra la Legione straniera e Lourdes.
Erano le ore 22.02 del 27 gennaio quando Tuiach ha pensato bene di modificare la propria foto profilo sul suo account Vk, il social network russo diventato il punto di ritrovo di sovranisti ed estremisti di tutto il mondo, sostituendola con uno scatto che ritrae Adolf Hitler attorniato da un gruppo di giovani donne sorridenti.
Questa follia, salutata da 5 like, è solo l’ultima di una lunga serie di atti e dichiarazioni deliranti da parte di Tuiach, già in passato balzato agli onori — si fa per dire — della cronaca il 18 novembre 2019 per una sua frase pronunciata in Consiglio comunale durante il voto sul conferimento della cittadinanza onoraria a Liliana Segre:
“Da profondamente cattolico” aveva detto, si era sentito “offeso” dal fatto che Segre avesse ricordato che “Gesù era ebreo”.
Già in passato si era avventurato in dissertazioni religiose di un certo livello, come quando affermò: “Maometto? Era un pedofilo e noi non accetteremo mai questa cultura”. Ma basta scorrere la sua ricca pagina Wikipedia alla voce controversie per avere un quadro più preciso di chi stiamo parlando.
Ha giustificato l’omicidio di Stefano Cucchi da parte delle forze dell’ordine con la motivazione che essendo lui spacciatore se lo sarebbe meritato.
Nel gennaio 2019 propone una mozione per impedire il Gay pride a Trieste asserendo, senza prove, che «i Gay Pride in passato si sono macchiati di sconcerie ed atti osceni anche davanti ai bambini» richiedendo alla «diocesi di Trieste di organizzare, con tutti i cattolici, un rosario pubblico riparatore all’abominio del gay pride».
Ad aprile 2020, durante la Pandemia di COVID-19 del 2019-2021, ha proposto tramite un post su Facebook di multare le donne che si fossero rifiutate di fare sesso con i propri mariti, asserendo che una sana vita sessuale, unita al benessere spirituale, avrebbe aiutato a combattere lo stress da isolamento.
Nel gennaio 2020, al programma La Zanzara, ha associato l’atto omosessuale a un rito di iniziazione satanica, che seguirebbe a un “lavaggio del cervello” mediatico fin dai tempi dell’adolescenza.
Secondo Tuiach, l’omosessualità non sarebbe nè una malattia nè una tendenza innata, ma deriverebbe da un condizionamento ambientale rispetto al quale «molte persone sono guarite, sono diventate normali e si sono sposate».
La vita in castità sarebbe l’alternativa alle pene dell’Inferno, in ossequio al Medioevo, «apice della Cristianità » e modello di ispirazione per ogni cristiano.
Nel 2017, aveva affermato che sovente i femminicidi, di regola all’interno di coppie eterosessuali sposate da anni, sarebbero un’«invenzione della sinistra», non suffragata dai numeri e alimentata dalla propaganda massonica
Questo è il ritratto politico-clinico dell’uomo che due giorni fa, mentre il mondo ricordava l’Olocausto e i crimini nazifascisti, caricava una foto di Hitler.
Questo non è più da un pezzo diritto d’opinione. Questo è un reato. Ed è ora che la politica, i social netwok e l’opinione pubblica intervengano in modo durissimo. Le leggi ci sono, ma non basta citarle. È ora di cominciare ad applicarle.
(da agenzie)
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Gennaio 29th, 2021 Riccardo Fucile
L’ISTITUTO SUPERIORE DELLA SANITA’ AMMETTE: “E’ POSSIBILE”… COME SOSTENIAMO DA TEMPO, I TEST DI CONFERMA ALTERANO I DATI, SOLO UNO SU TRE SONO DI PRIMA DIAGNOSI, QUELLI CHE FANNO TESTO
I nuovi positivi giornalieri in Italia sarebbero in realtà il 40-50 per cento in più di quelli rilevati ufficialmente.
“Il totale dei contagiati è sottostimato a causa del calo del numero dei tamponi avvenuto a metà novembre 2020”, si legge in un dossier dei Servizi di intelligence finito sulla scrivania di Palazzo Chigi, di cui dà notizia oggi Repubblica.
Gli analisti lanciano due allarmi: la curva epidemiologica non sta piegando verso il basso tanto quanto attestano i bollettini diramati dal ministero della Salute; i dati al momento sono inattendibili e quindi difficili da analizzare e da usare per prendere misure adeguate di contenimento del virus.
“Questo è possibile. Nei sistemi di sorveglianza spesso c’è una quota che può essere sottostimata dei casi che vengono normalmente diagnosticati e notificati” commenta a Radio Anch’io su Rai radio 1 è Paola Stefanelli, direttrice del Reparto Malattie Prevenibili da vaccino – ISS – Istituto Superiore di Sanità .
Nel dossier si legge che “osservando le terapie intensive nella parte finale dell’anno, si può dedurre che vi è stata una fase di ripresa dell’epidemia verso la metà dicembre. Una ripresa che non è stata rilevata nè tracciata dai numeri nazionali a causa dei pochi test effettuati in quel periodo”. Secondo l’intelligence, quindi, poco prima di Natale la curva è tornata a salire e la riprova sta nel fatto che i pazienti a rischio vita negli ospedali non sono diminuiti come ci si aspettava: la cifra è rimasta stabile, oscillando intorno alle 2.580 unità .
Il pasticcio statistico ruoterebbe attorno ai tamponi, secondo quanto scrive Repubblica: nella settimana tra l′11 e il 17 novembre ne sono stati processati un milione e mezzo, il numero più elevato registrato fino ad allora.
Da quel momento, però, i test hanno preso a diminuire arrivando agli 868 mila della settimana tra il 23 e il 29 dicembre, salvo poi schizzare a 1,4 milioni dal 13 gennaio in poi per effetto dell’inclusione, nel conteggio, dei tamponi antigenici rapidi.
Prima ai fini del computo valevano solo quelli molecolari, poi il ministero della Salute ha ammesso anche gli altri.
Proprio questo passaggio, secondo il dossier dell’intelligence, ha favorito il caos. “L’introduzione dei test rapidi ha reso impossibile un confronto con le serie storiche passate. Alcune Regioni, inoltre, non fanno distinzione tra il molecolare e il rapido, è ciò ha evidenti ripercussioni sul calcolo di tutti i valori, tra cui il rapporto positivi/tamponi”.
Il rapporto, sostengono, va rivisto, scorporando i rapidi e, soprattutto, togliendo quelli fatti per confermare l’avvenuta guarigione. “Sono solo i tamponi di prima diagnosi a fotografare la reale situazione epidemiologica, e a partire da metà novembre abbiamo visto un brusco calo di questa tipologia”. Ad oggi i test di conferma sarebbero il 65 per cento del totale: troppi per non alterare sensibilmente la rappresentazione della curva del contagio.
(da agenzie)
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Gennaio 29th, 2021 Riccardo Fucile
E’ RINNEGARE I VALORI DELLA NOSTRA DEMOCRAZIA… L’ARABIA SAUDITA E’ AL QUARTULTIMO POSTO AL MONDO PER LA PARITA’ DI GENERE E DOVE LE DONNE DEVONO AVERE IL PERMESSO DELL’UOMO PERSINO PER SOTTOPORSI A UN INTERVENTO CHIRURGICO: CHE NE PENSA LA BELLANOVA?
Non è una polemica social, non è neanche un passo del balletto.
Matteo Renzi e il principe ereditario Moḥammed bin Salman, sorridenti uno di fronte all’altro a parlare di politica e Rinascimento, non rappresentano semplicemente una “polemica social” come è stato scritto su alcuni quotidiani di caratura internazionale. Il loro incontro è un problema politico e istituzionale.
Renzi in Arabia Saudita è una sfida ai valori che l’ex presidente del Consiglio ha sempre affermato di far prevalere, così come rappresenta una questione aperta visto il ruolo istituzionale di senatore che ricopre dal 2018.
Problema numero uno. L’ex presidente del Consiglio accetta come suo interlocutore una figura quantomeno controversa nello scacchiere internazionale. Sono pesantissime, infatti, le accuse nei suoi confronti relativamente all’assassinio e allo smembramento del corpo del giornalista dissidente Jamal Kashoggi.
L’Onu — che ha avviato una indagine internazionale — ha apertamente parlato di una «esecuzione extragiudiziale premeditata e deliberata» che ha visto coinvolto il principe ereditario dell’Arabia Saudita e alti funzionari dello stato.
Una vera e propria spada di Damocle che dovrebbe essere destinata a macchiare per sempre qualsiasi tipologia di relazione diplomatica e internazionale, anche di carattere non ufficiale. Se l’Onu ha espresso questa posizione nei confronti di Moḥammed bin Salman, non è pensabile che un ex presidente del Consiglio italiano possa dialogare così amabilmente con lui.
Problema numero due. Sono note le posizioni di Matteo Renzi sul costo del lavoro in Italia, che ha portato al varo del Jobs Act quando era presidente del Consiglio.
Ma paragonare il costo del lavoro in Italia al costo del lavoro in Arabia Saudita dicendo addirittura di essere “invidioso” di quest’ultimo aspetto rappresenta davvero una clamorosa distorsione.
Matteo Renzi si riferisce probabilmente al rapporto tra ricavi dei datori di lavoro e salari medi dei cittadini sauditi che lavorano all’interno delle grandi compagnie che investono nel Paese arabo, ma dimentica la stragrande maggioranza della popolazione saudita, quella che non lavora di certo per le multinazionali. Insomma, prendere come esempio un regime autoritario come quello saudita per le politiche del lavoro italiane non deve essere propriamente una grande idea.
E già che parliamo di regime autoritario, arriviamo al punto terzo, quello dei diritti. Il Matteo Renzi che ha aperto la strada alle unioni civili, che ha proposto nell’ultimo gabinetto di governo due donne del suo partito (Teresa Bellanova ed Elena Bonetti) cosa può avere in comune con il principe ereditario di un Paese che obbliga le donne a mettere il velo e che si trova al quartultimo posto al mondo per la parità di genere, dove le donne non possono sottoporsi a un intervento chirurgico senza il consenso di un uomo, che non possono sposare cittadini di fede non musulmana?
È un piccolo campionario delle devastanti privazioni che le donne devono subire in Arabia Saudita. Ma per quel paese, Matteo Renzi non ha esitato a parlare di “Nuovo Rinascimento”.
(da agenzie)
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Gennaio 29th, 2021 Riccardo Fucile
I POST DI ALLORA MAL SI CONCILIANO CON L’ATTUALE INTERESSATA AMMIRAZIONE PER L’ARABIA SAUDITA
C’è un Matteo Renzi politico e uno conferenziere.
Il primo è lo stesso che aveva annunciato il ritiro dalla politica dopo la sconfitta al Referendum Costituzionale del 2016.
Il secondo è l’uomo di successo richiamato dalle sirene internazionali per i suo convegni e le conferenze in giro per il Mondo, con particolare attenzione e dedizione in Medio Oriente.
Il primo è lo stesso che nel 2019 twittava ferocemente contro il governo italiano (all’epoca era il Conte-1, sostenuto da Movimento 5 Stelle e Lega) per la solidarietà espressa nei confronti di Maduro in Venezuela.
Il secondo, invece, è quello che esprime profonda ammirazione nei confronti del principe Mohammad bin Salman, ‘dimenticando’ come in Arabia Saudita le libertà (in particolare quelle che riguardano la stampa e l’espressione del pensiero) siano ridotte al lumicino (per essere di manica larga)
Il secondo, il conferenziere, è questo. “È un grande piacere e un grande onore essere qui con il grande principe Mohammad bin Salman. Per me è un privilegio poter parlare con te di Rinascimento. Credo che l’Arabia Saudita possa essere il luogo per un nuovo Rinascimento. Vostra Altezza, grazie”
Data: 28 gennaio 2020 (giorno della messa in onda, in streaming, del suo incontro con il principe saudita MSB). La conferenza Renzi in Arabia Saudita è tutto un florilegio di elogi nei confronti del principe e parla addirittura di Arabia Saudita come culla per un nuovo Rinascimento.
Non entriamo nel merito del giudizio rilasciato dall’allora senatore del Partito Democratico (Itala Viva nacque ufficialmente otto mesi dopo) sulla situazione in Venezuela. Ma sottolineiamo la differenza di approccio.
L’Arabia Saudita, infatti, è esattamente tutto quello che racchiudevano le parole di Matteo Renzi in quel tweet: niente libertà e niente democrazia. Lo dicono i fatti di cronaca quotidiana, le varie uccisioni di giornalisti solo perchè contestavano il regime saudita. Ma ora, due anni dopo, il senatore ha cambiato partito e spartito. E i concetti di libertà scadono, in base alle conferenze.
(da agenzie)
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Gennaio 29th, 2021 Riccardo Fucile
E’ IL PAESE OMAGGIATO DA RENZI COME “CULLA DEL NUOVO RINASCIMENTO”
Poche ore dopo il ritorno di Matteo Renzi dall’Arabia Saudita dov’era stato per tenere una conferenza a pagamento, e nella quale aveva definito il Paese “culla” di un possibile “nuovo Rinascimento”, il governo italiano e nella fattispecie il ministero degli Esteri decideva di bloccare la fornitura di armamenti italiani proprio all’Arabia Saudita. Questo perchè le armi acquistate venivano utilizzate nel sanguinoso conflitto nello Yemen. Si tratta di un atto di “portata storica”, secondo i pacifisti di Rete Italiana Pace e Disarmo. Ma che ha giocoforza delle nuove ripercussioni politiche in una fase così delicata della politica italiana e dei rapporti tra Renzi e i partiti della sua ex maggioranza di centrosinistra.
L’atto amministrativo del ministero guidato da Luigi Di Maio, appunto la revoca delle autorizzazioni in corso per l’esportazione di missili e bombe d’aereo verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, è stato firmato ieri.
E nasce da un lavoro parlamentare coordinato nei mesi scorsi da Pd e 5 Stelle, che portò ad una risoluzione presentata lo scorso dicembre con prima firma delle deputate Yana Chiara Ehm (M5S) e Lia Quartapelle (Pd).
“Siamo molto soddisfatti – spiega Quartapelle – la rete contro gli armamenti e le associazioni cattoliche da tempo facevano luce sulla violazione dei diritti umani nello Yemen. Ed è bello perchè la presa di posizione del governo avviene in concomitanza con la stessa decisione della nuova amministrazione americana di Joe Biden. Questa comune visione ci aiuta a migliorare una nuova interlocuzione con gli Usa per gestire in maniera più equilibrata e di pace i rapporti nel Mediterraneo”.
Soddisfazione anche da parte dei 5 Stelle: “Si tratta di una notizia bellissima, è un passo importante verso la pace in un paese martoriato dalla guerra e con 24 milioni di persone sotto la soglia di povertà . Non entro in merito alla casualità del viaggio di Renzi, però c’era già in atto un provvedimento di sospensione che stava scadendo, la revoca è ulteriore passo in avanti e vuole essere un segnale verso altri Paesi”, sottolinea Ehm. Tra le licenze cancellate, ce n’è una che era stata concessa nel 2016 proprio dal governo Renzi.
Secondo le elaborazioni di Rete Pace e Disarmo e Opal, questa revoca va a cancellare la fornitura di oltre 12.700 ordigni.
Nel 2015 una coalizione militare guidata da Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti è intervenuta nella guerra civile yemenita per fermare la ribellione degli Houthi contro il governo di Sana’a.
Un rapporto del Gruppo di esperti delle Nazioni Unite consegnato al Consiglio di Sicurezza nel gennaio del 2017 ha dichiarato che i bombardamenti della coalizione a guida saudita “possono costituire crimini di guerra”. Tra gli ordigni ritrovati dai ricercatori dell’Onu figurano anche le bombe prodotte dalla Rwm Italia.
Decisione storica, secondo le associazioni pro-disarmo, che segue quella analoga presa da Joe Biden due giorni f
Il provvedimento è stato preso per la prima volta dopo trent’anni dall’entrata in vigore della legge 185/1990, inerente al divieto delll’export di armi verso paesi che non rispettano i diritti umani
(da agenzie)
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Gennaio 29th, 2021 Riccardo Fucile
LA BARCA ITALIANA VICINA ALL’INGRESSO IN FINALE CONTRO IL TEAM INGLESE DI INEOS TEAM UK
Luna Rossa ha vinto le prime due regate di semifinale della Prada Cup, che la vede contrapposta ad American Magic nelle acque della baia di Auckland, in Nuova Zelanda. Due vittorie decisamente agevoli e mai in discussione per l’imbarcazione italiana.
Nella prima regata, scattata subito avanti con una buona paretenza, alla prima boa Luna Rossa ha fermato il cronometro su un vantaggio di 18 secondi, saliti poi a 22 secondi e successivamente a 33 secondi alla quarta boa della metà gara, disputata sulla distanza degli otto lati. Gli italiani hanno ancora ampliato il divario a 58 secondi alla quinta boa; subito dopo American Magic ha accusato un problema tecnico costato altre centinaia di metri di distacco. La regata non ha più avuto storia, con il distacco che si è ingigantito a 2 minuti e 25 secondi alla sesta boa e a 2’43” al traguardo.
Il 2-0 su American Magic è arrivato all’alba italiana e anche in questo caso Luna Rossa non ha avuto difficoltà a superare gli avversari.
“E’ stata una giornata molto positiva per noi – ha detto lo skipper Max Sirena – Abbiamo regatato bene, al livello che pretendiamo e siamo molto soddisfatti. Abbiamo fatto delle partenze ‘spaziali’, speriamo che continuino così anche nei prossimi giorni”.
Per centrare la finale con gli inglesi di Ineos servono quattro vittorie. Domani, a partire dallo stesso orario, le 3.15 italiane, sono in programma altre due prove in cui Luna Rossa potrebbe già chiudere il conto.
FORMAZIONE LUNA ROSSA AMERICA’S CUP 2021
LATO DESTRO
James Spithill (timoniere e controllore di volo)
Matteo Celon (grinder)
Umberto Molineris (grinder)
Enrico Voltolini (grinder)
Emanuele Liuzzi (grinder)
LATO SINISTRO
Pietro Sibello (trimmer randa), può cambiare lato durante la regata
Francesco Bruni (timoniere e controllore di volo)
Romano Battisti (grinder)
Gilberto Nobili (grinder)
Nicholas Brezzi (grinder)
Pierluigi De Felice (grinder)
(da agenzie)
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