Destra di Popolo.net

“SALVINI? HA COMBINATO SOLO CASINI, TANTE CHIACCHIERE A VUOTO, AVER MANDATO A CASA DRAGHI E’ STATA UNA CAGATA”

Agosto 7th, 2022 Riccardo Fucile

AL PAPEETE, LA SPIAGGIA CARA AL “CAPITONE” SPANZATO, SI RIMPIANGE DRAGHI E SI CONSIDERA “UNA PAZZIA” AVERLO FATTO CADERE

Non c’è pellegrinaggio senza penitenza. Dunque tocca.
«Vorrei un cocktail. Che cosa mi consiglia?».
«Mojito, naturalmente».
Milano Marittima, pomeriggio che volge al tramonto. Cassa centrale del Papeete Beach. Un santuario. Musica a palla. Ritmo. Stordimento. Sudore. Coda mistica.
«Un mojito, allora».
«Sono dieci euro, grazie».
Si paga (anche con carta di credito, chapeau) e a scontrino ancora caldo, un metro più in là, una solerte barista corvina sta già pestando nel mortaio
«Mi scusi, ma che cos’ ha di così speciale il mojito del Papeete?».
«Niente. Salvini».
Ah, ecco. Perché sinceramente, rinviando sentenze definitive a palati più avvezzi, la prima impressione è di prevalenza di lime ed eccesso di ghiaccio. Ma che importa, non è mica da questi particolari che si giudica uno shakeratore.
Il mojito è come un Green pass, negli angusti pertugi che si aprono tra lettini e lati B. Non c’è molto tempo. Un paio d’ore e un paio di chilometri più a Sud, a ridosso della Darsena che separa Milano Marittima (frazione minuscola ma più celebre) da Cervia, ci aspetta il Salvini comiziante. Alla festa della Lega, un parcheggio ingentilito da tre lugubri gazebo, dove il massimo conforto si rivelerà una piadina crudo e squacquerone a mezzanotte.
Altri tempi, tre formidabili anni fa, quando il Capitano desnudo spopolava su questa torrida sabbia, idolatrato nel privé dove ora si stappano prosecchi più accaldati degli avventori blandamente danzanti. Mixava in consolle l’inno di Mameli, sorseggiava naturalmente mojito e ammiccava a cubiste leopardate riluttanti a stringersi a coorte, mentre il vocalist arringava i bagnanti: «Pronti al gran finale? Fuori i telefonini! Siam pronti alla morte, siamo pronti alla morteee».
Come noto, quest’ anno Salvini si è tenuto alla larga dalla spiaggia come un vegano dal gran bollito misto di Carrù. Nemmeno un analcolico, un saluto a distanza, un bagnetto refrigerante.
Arrivato in incognito a MiMa (così, testualmente, nelle riviste patinate che si trovano nelle hall degli alberghi), s’ è nascosto per tutto il pomeriggio in un resort cinque stelle. A sera si appaleserà alla festa leghista come un villeggiante di mezza età, a bordo di una bicicletta rossa da donna con l’effigie di un altro hotel, a tre stelle. E si capisce. Da allora, sbattuto all’opposizione senza gli invocati pieni poteri, il Papeete non è più un luogo fisico, ma una categoria dello spirito. Come la Bolognina, il predellino, Gargonza, Bad Godesberg, Fiuggi. Waterloo, nel suo piccolo.
A MiMa, più che dell’assenza di Salvini, quest’ anno si parla della nuova pista ciclabile lungo la passeggiata a mare. Dei prezzi aumentati («Il maxibon è passato da 1,80 a 3 euro e ho detto tutto», protesta una ragazza). Degli stranieri tornati in massa. Dei divieti di balneazione messi e rimossi. Del tutto esaurito che non si vede più nemmeno la domenica.
Al Papeete, Salvini a parte, poche nuove. Le cubiste sono passate dal leopardato al giallo evidenziatore. Più costumi interi, meno bikini. Più spritz, meno champagne. Più videochiamate che selfie. Musica più o meno sempre uguale, con molte contaminazioni Anni 90. Più sigarette elettroniche. Cappellini a fiori modello pescatore, distribuiti gratis da uno sponsor in cambio di una email.
A metà mojito, con la baldanza che solo il rum bianco agevola, ci buttiamo nel sondaggio da spiaggia. Campione: un centinaio di persone.
Assortite, senza pretesa di scientificità demoscopica, per genere, età, profilo antropologico, provenienza geografica, ceto sociale: il manager e il ricercatore, il bagnino e l’estetista, la studentessa e l’operaio; da Bolzano a Ragusa, da Parma a Minervino Murge, da Bergamo a Brescia. Un melting pot molto tatuato e poco abbronzato.
Le domande, precedute da breve presentazione e garanzia di anonimato: 1) Andrai a votare alle elezioni? 2) Hai già deciso per chi voterai?
Qualche diffidenza. «Non parlo di politica». «Ma tu sei un giornalista? Non ci credo». «Non te lo dico, tanto poi voi scrivete solo quello che vi dicono di scrivere, non siete come Le Iene».
Ma alla fine, facendo appello a sguardi pietosi, solidarietà tra lavoratori, complicità geografica, il sondaggio va a discreto fine.
Risultati. Il 20-25% afferma con sicumera e ostentato raccapriccio che non andrà a votare. Motivazioni: «Fanno tutti schifo». «Tanto il voto non conta, poi comunque va su un governo tecnico». «Sono tutti complici di Bill Gates». «È tutto un magna magna», ripetono due amici siciliani sulla battigia. A richiesta specifica, si scopre che delusione e disillusione virano per lo più verso gli eroi del governo gialloverde.
Un altro 20-25% assicura che eserciterà il sacro diritto democratico, ma non ha ancora deciso in favore di chi.
«Non so come saranno tutte le alleanze», «Voglio prima vedere i programmi», argomentano moglie e marito quarantenni mentre la bimba riempie un secchiello
Il dato conforta sulla genuinità delle risposte, perché in linea con quelli della regina delle sondaggiste, Alessandra Ghisleri, sulla quota di italiani ancora indecisi, almeno il 40%.
Incoraggiati, proseguiamo con le domande.
3) Per chi voterai? 4) Sei contento delle elezioni anticipate o avresti preferito che il governo Draghi fosse andato avanti fino a fine legislatura?
Alla terza domanda le risposte sono più evasive. Ma non meno interessanti.
L’immagine di Salvini risulta ammaccata. Un gruppo di ragazzi lombardi non vuole più sentirne parlare: «Ha combinato solo casini», «Tante chiacchiere a vuoto».
C’è chi gli rimprovera di aver sostenuto il governo Draghi, chi di averlo affondato. Ma soprattutto tra gli uomini, nonostante qualche malumore, la sensazione è che alla fine la campagna pancia a terra del Capitano potrebbe ancora acchiappare. Ma in chi risponde semplicemente «Destra», e non sono pochi, spunta la preferenza meloniana.
Uomini e donne over 30 come le due amiche veronesi, titolari di un centro estetico e di un negozio di abbigliamento, che dopo Berlusconi e Salvini sono a caccia di emozioni nuove.
Il primo elettore del Pd è un solitario cinquantenne seminascosto dal coprisole del lettino, assorto nella lettura di un romanzo Neri Pozza. Praticamente un rigore a porta vuota. Se la cava anche Calenda, che sulla spiaggia è come la Y10: piace alla gente che piace. Renziani non pervenuti: saranno tutti in montagna.
Due conti spannometrici: destra oltre il 40%, sinistra oltre il 30%. Elettori di sinistra (e soprattutto elettrici) molto motivati dal voto contro, senza preoccuparsi tanto di alchimie politicistiche e candidature.
Ma è sull’ultima domanda che si configura la maggioranza più schiacciante e trasversale.
L’80% (salviniani e meloniani inclusi) rimpiange Draghi e considera «un errore», «una pazzia», «una cagata» averlo mandato a casa.
«Povero Mattarella, non se lo meritava», si agita una trentenne pugliese che lavora al Nord. Ci sarebbe di che approfondire, ma a interrompere l’emozione arriva un manager del Papeete: «Gentilmente, qui non si parla di politica». Ah no? Del resto s’ è fatto il crepuscolo.
Del mojito non resta che una foglia di menta su due dita di ghiaccio in poltiglia. Verso l’uscita, una pacca sulla spalla. È il bagnino conosciuto al mattino. Salviniano sfegatato. «Io appena smonto vengo alla festa della Lega. Non me lo perdo per niente al mondo», aveva giurato.
Invece adesso è qui, smanicato e sbevazzante sulle note di Blanco e Sfera Ebbasta. «Che ci fai qui? Non vai da Salvini?». «Salvini? La prossima volta. Sai, ho conosciuto una».
(da La Stampa)

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CAPELLI NERI, FITTI, PERFETTAMENTE INCOLLATI, GIACCA BLU, LE CORNICI, LA SCRIVANIA, IL SORRISO: TUTTO COME NEL VIDEO DEL ’94. E SIAMO APPENA ALL’INIZIO

Agosto 7th, 2022 Riccardo Fucile

LA PRIMA “PILLOLA” DI BERLUSCONI SU INSTAGRAM HA OTTENUTO APPENA 2,678 CUORICINI E 235 COMMENTI (PER LO PIU’ IRRIFERIBILI)

I capelli. Bisogna cominciare dai capelli. Il Cavaliere è ancora pieno di capelli. Neri, fitti, perfettamente incollati. Tutti noi, invece, ormai ingrigiti, canuti, spesso costretti a bocce lucide. Dettagli. Ma poi forse mica tanto.
Perché ventotto anni dopo la sua prima campagna elettorale, Silvio Berlusconi ne comincia un’altra cercando di fare sempre Silvio Berlusconi.
Slogan appena riverniciati, la voce appena meno vellutata, un filo meno magnetica la luce nello sguardo. Il confronto tra le immagini d’epoca e quelle attuali è però piuttosto clamoroso.
Uno del suo staff: dottore, non che sia una gran botta di novità, si potrebbe almeno eliminare la cara vecchia cravatta di Marinella a pois? Lui accetta poco convinto. Ma poi pretende che tutto il resto della scenografia resti intatto.
Il colpo d’occhio non deve cambiare (spiega Giorgio Mulè, potente esponente di Forza Italia: «Davanti alla campagna demonizzatrice scatenata da Enrico Letta, non vedo quale migliore campagna mediatica di risposta possa esserci, se non quella già risultata vincente nel 1994»).
Eccolo, allora, il Cavaliere, nel primo video di una lunga serie, pillole di programma che fa rimbalzare sul suo canale Instagram, sperando che diventino virali: con una camicia blu sotto la solita giacca blu rinforzata dalle solite spalline anni Novanta, seduto alla solita scrivania, le solite foto rassicuranti dentro le solite cornici d’argento (in una s’ intravede il figlio Pier Silvio con un bambino), la solita enciclopedia nella solita libreria bianca, la solita bandiera italiana accanto a quella europea, il solito sorriso rassicurante sotto un velo di cerone.
E che dice, il Cavaliere?
Inizia con un pezzo del suo repertorio più classico: l’attacco alla sinistra (anche se poi, certo: è insieme al Pd che Berlusconi ha sostenuto il governo guidato da Mario Draghi e memorabile resta la sua visita al Nazareno del 18 gennaio 2014, invitato dal segretario dem dell’epoca, Matteo Renzi; simpatia reciproca, e stima, e tanti grandiosi propositi condivisi; scrissero: sta nascendo il Renzusconi. Parlarono a lungo: il Cavaliere seduto sotto una foto di Bob Kennedy, Renzi sotto uno scatto di Alberto Korda, con dentro Fidel Castro ed Ernesto Che Guevara – quando ci ripetiamo che in questi anni di politica italiana abbiamo visto tutto e il contrario di tutto, purtroppo, è vero).
Comunque Berlusconi torna all’antico. E dice: «Una pillola al giorno del nostro governo… Dovrebbe togliere di torno i signori della sinistra».
La prima pillola: «Quando saremo al governo applicheremo una flat tax al 23% per tutti» – incurante del monito di Giorgia Meloni, che l’altro giorno aveva pregato i suoi alleati: «Per favore: adesso non cominciate a promettere cose che sappiamo di non poter poi mantenere».
Ma Berlusconi è Berlusconi. Anche a 85 anni e dopo le stagioni rocambolesche, pazzesche che sappiamo, tra divorzi e fidanzamenti, processi e condanne, ricoveri e rivincite e infatti è ancora lì nel ruolo del grande capo assoluto del centrodestra, incurante dei sondaggi e abilissimo nel convocare a casa sua i summit con i suoi due alleati (la Meloni, un po’ scocciata, alla fine è sbottata: «Forse sarebbe il caso di cominciare a riunirci da un’altra parte, eh?»).
Curiosità per le prossime pillole social. Sebbene poi molti temi il Cavaliere li abbia già annunciati nei giorni scorsi, e spesso – così torniamo alle parole dell’onorevole Mulè – sembrano ricalcare slogan del passato. Tipo: «Nessuna patrimoniale, nessuna imposta di successione, nessuna tassa sulle donazioni».
Oppure, più esplicito: «Torneremo ad istituire, come già esisteva nei governi che ho guidato io, il ministero degli Italiani nel mondo» ).
Poi, l’argomento soldi: «Penso a una pensione minima di mille euro» (che un po’ ricorda l’assegno da un milione di lire promesso alla vigilia delle Politiche 2001). Le dentiere: «Gratis per gli anziani bisognosi» (frase identica a quella del 2014). La svolta green: «Prometto di far piantare un milione di alberi all’anno» (che comunque sembra più fattibile di un altro storico annuncio: «Prometto un milione di posti di lavoro»).
Frase cult, di adesso e di 28 anni fa: «L’Italia è il Paese che amo». Stavolta, però, il piano è diverso: non vuole diventare presidente del Consiglio (la pazienza di Meloni ha un limite).
Vuole invece tornare a Palazzo Madama: in quell’emiciclo da dove fu mandato via il 27 novembre del 2013, dopo la condanna per frode fiscale. Sensazione precisa: siamo appena all’inizio.
Se Berlusconi ha deciso di fare davvero ancora Berlusconi, e di ispirarsi alle campagne elettorali del passato, possiamo aspettarci pillole quotidiane notevoli.
Per capirci: nel 2006, annunciò che chiunque lo avesse votato, «sarebbe campato cent’ anni». Lo guardammo increduli. E lui: «Avete capito bene. Ho infatti l’orgoglio di dire che il mio governo ha incrementato l’aspettativa di vita degli italiani da 78 a 80 anni, e per le donne da 81 a 83». Cronaca: alle 20:42, la prima pillola su Instagram ha ottenuto 2.678 cuori (pochini) e 235 commenti (la maggior parte di puro entusiasmo, alcuni graffianti, e irriferibili).
(da Il Corriere della Sera)

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LA PROPOSTA DELLA MELONI DI BLOCCHI NAVALI DAVANTI ALLE COSTE DELLA LIBIA SI E’ TRASFORMATA IN UN BOOMERANG

Agosto 7th, 2022 Riccardo Fucile

AL GELO DELL’EUROPA SI AGGIUNGE LA FREDDEZZA DEGLI ALLEATI: FORZA ITALIA BOLLA L’IDEA COME “UNA SCIOCCHEZZA” MENTRE LA LEGA RIVENDICA I DECRETI SICUREZZA… LA MELONI CERCA SOLO DI CARPIRE QUALCHE ALTRO VOTO DALLA LEGA, UN DEJA VU

La proposta della leader dei Fratelli d’Italia di attuare i blocchi navali davanti alle coste della Libia infiamma la campagna elettorale.
Dopo le critiche fatte trapelare da Bruxelles, Giorgia Meloni tira in ballo la stessa Unione europea. Ma la sua posizione lascia freddi gli alleati. §
Ai mugugni del Carroccio, si aggiungono poi le critiche, seppur più diplomatiche di Forza Italia.
Fonti del partito azzurro bollano come «una sciocchezza» la proposta «sic et simpliciter» del blocco navale, che, in effetti, se fosse un atto unilaterale del solo governo italiano, sarebbe un atto di guerra.
Ma al contempo ricordano come questa ipotesi vada inserita come addendum in una strategia globale europea contro l’immigrazione.
Le frizioni diventano ancora più accese sul fronte del centrosinistra che boccia in toto il suggerimento dell’ex ministro della Gioventù.
La deputata dem Chiara Gribaudo accusa: «La destra è fumo elettorale, zero concretezza. Oggi Meloni&Friends, professionisti della propaganda, vanno dritti sul blocco navale, fandonia folle e inapplicabile. Progressismo contro oscurantismo, libertà verso paura. Abbassiamogli la maschera ».
Per Osvaldo Napoli, Azione, si tratta di «puro populismo, simile al muro con cui uno scellerato come Donald Trump pensava di fermare l’arrivo degli immigrati dal Messico. I problemi, lo capirà anche Giorgia Meloni, non sono al punto d’arrivo, ma si trovano nei punti di partenza dell’immigrazione».
E Sandro Gozi, eurodeputato di Renew Europe e segretario generale del Partito democratico europeo paragona la proposta di Meloni alla «corazzata Potemkin di fantozziana memoria. Andrebbe spiegato alla sedicente statista (per mancanza di prove) che se le nostre navi imponessero il blocco, sarebbero in ogni caso obbligate a salvare i naufraghi in mare e sbarcarli il prima possibile nel luogo sicuro più vicino: ovvero l’Italia».
E aggiunge: «A meno che Meloni non ci garantisca che il suo amico Orban accolga in Ungheria chi sbarca in Italia, con modifica delle regole sull’asilo di Dublino. Sarebbe l’unica vera novità, che non arriverà. Livello di istruzione dei sovranisti di casa nostra: battaglia navale».
Decisamente critico anche Arturo Salerni, presidente della Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili (Cild): «Un ulteriore salto, rispetto alla già critica politica dei porti chiusi, non sarebbe compatibile con le convenzioni sottoscritte dall’Italia, con il diritto internazionale e con la nostra stessa Costituzione».
(da agenzie)

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PAPA FRANCESCO A KIEV PRIMA DEL 13 SETTEMBRE

Agosto 7th, 2022 Riccardo Fucile

L’INDISCREZIONE DELL’AMBASCIATORE UCRAINO IN VATICANO

Papa Francesco visiterà Kiev prima del suo viaggio apostolico in Kazakistan, previsto dal 13 al 15 settembre.
Ad anticipare l’indiscrezione è stato l’ambasciatore ucraino in Vaticano, Andrii Yurash. Al momento, però, la Santa Sede non ha rilasciato commenti.
«Da molti anni, e soprattutto dall’inizio della guerra, l’Ucraina aspetta il Papa e sarà felice di salutarlo prima del suo viaggio in Kazakistan», ha scritto il diplomatico sul suo profilo Twitter, allegando alcune foto dell’incontro avvenuto oggi, 6 agosto, proprio con Papa Francesco.
Nel tweet, l’ambasciatore Yurash ha confermato il viaggio del Santo Padre in Kazakistan a metà settembre, per partecipare all’VIII Congresso Mondiale dei Leader delle Religioni Mondiali e Tradizionali.
Durante l’incontro, secondo quanto riferito dall’ambasciatore, Papa Francesco gli ha detto: «Voglio esprimere la mia vicinanza con la mia visita» in Ucraina. Sin dall’inizio del conflitto, il Pontefice si è mostrato molto preoccupato per la situazione in Ucraina, ribadendo più volte la sua volontà di visitare il Paese. Durante la conferenza stampa di ritorno dal suo ultimo viaggio in Canada, il Pontefice aveva ribadito la sua volontà di visitare Kiev, malgrado le non ottimali condizioni di salute: «Vedremo cosa potrò fare quando torno a casa».
(da agenzie)

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COME I LEADER HANNO GESTITO LA CRISI PER LA GUERRA IN UCRAINA?

Agosto 7th, 2022 Riccardo Fucile

PER GLI EUROPEI DRAGHI MEGLIO DI VON DER LEYEN E SANCHEZ, MA DOPO ZELENSKY, MACRON E BIDEN

Non sono generosi i voti concessi dagli europei ai leader mondiali a proposito della gestione della crisi legata alla guerra in Ucraina. Lo dimostra un recente sondaggio di Euroskopia, pubblicato da El Mundo, ha indagato come i cittadini di nove Paesi Ue valutino la capacità di affrontare la crisi legata all’invasione russa in Ucraina dei principali leader mondiali.
A dominare la classifica è proprio il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. A seguire c’è poi il presidente francese Emmanuel Macron al secondo posto, e Joe Biden che chiude il podio.
L’Italia non è da meno, con l’attuale presidente del Consiglio dimissionario, Mario Draghi, che guadagna il quarto posto, nonostante non raggiunga la sufficienza. All’ultimo posto, invece, i cittadini europei indicano il presidente russo Vladimir Putin, il fautore della guerra in Ucraina.
Tra i leader europei, come segnala in rosso El Mundo, ad essere il meno apprezzato è il premier spagnolo Pedro Sanchez.
Il sondaggio chiede di indicare una votazione ai leader politici in una scala da 1 a 10. Draghi prende un 5 di media, molto vicino al 5,1 di Biden e al 5,2 di Macron. Zelensky, invece, è l’unico a raggiungere la sufficienza con un 6,2 di punteggio.
Gli europei pare quindi che approvino la linea che i tre leader Ue, in classifica nel sondaggio, hanno adottato nel conflitto ucraino. Sono 12 le figure politiche considerate nell’indagine di Euroskopia. Il premier italiano sembra essere maggiormente favorito anche rispetto alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e al britannico Boris Johnson. Rispettivamente prendono 4,9 e 4,7.
(da agenzie)

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LA RAPPRESENTANTE DI LISTA A SALVINI: “GLI PIACE IL NOSTRO CIAO CIAO? GLI SPIEGO COSA SIGNIFICA”

Agosto 7th, 2022 Riccardo Fucile

“FORSE NON HA NEANCHE CAPITO IL MESSAGGIO DEL BRANO”

Dopo il botta e risposta tra il duo La Rappresentante di Lista e il leader della Lega, Matteo Salvini, i cantanti spiegano il vero significato della canzone Ciao Ciao.
Il testo in questione «parla di apocalisse ed ecologia. Il cambiamento climatico è qualcosa che ci spaventa in prima persona, ci piace quest’idea che la musica abbia il potere apotropaico di scacciare via le paure», spiegano in un’intervista al Corriere della Sera.
La coppia artistica, formata dalla voce di Veronica Lucchesi e i polistrumentista Dario Mangiaracina, ci tengono poi a sottolineare come abbiano creato intenzionalmente il «contraltare tra una musica travolgente, un ritmo coinvolgente e – in chiave opposta – la catastrofe che viene raccontata nel testo, una fine del mondo incombente in cui a poco a poco salutiamo anche le parti del nostro corpo».
Quando hanno ideato il brano erano consapevoli che avrebbe incontrano livelli di lettura diversi. «Il ritornello effettivamente è così trascinate che può essere frainteso, ma non è detto che sia un male. Oscar Wilde temeva che la sua opera a un certo punto non potesse più essere fraintesa», commentano.
Tutto questo nasce a seguito di un comizio a Bari di Salvini in cui al termine dell’evento è partita Ciao Ciao.
«La nostra maledizione sta per abbattersi su di te, becero abusatore di hit», hanno scritto così La Rappresentante di Lista su Twitter. Immediata, sempre via social, è arrivata la replica del leader del Carroccio: «Cara Rappresentante, onestamente non ci ho fatto caso visto che ero in mezzo a tantissima bella gente. Sperando che la maledizione non abbia effetti, confesso (mea culpa) che la tua #ciaociao mi piace parecchio».
Si tratta quindi di una canzone che si presta a più interpretazioni. Lo stesso duo artistico, nonostante non abbia apprezzato di essere stato ascoltato a un incontro della Lega, ha sottolineato come la loro sia una musica «queer pop», ovvero senza genere musicale, obliqua e che sfugge a etichette di ogni tipo.
(da agenzie)

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SI VA ALLA ROTTURA TRA CALENDA E LETTA, + EUROPA RESTA CON IL PD E MOLLEREBBE IL CHURCHILL DEL PARIOLI

Agosto 7th, 2022 Riccardo Fucile

“SE CAMBIANO LE COSE DECIDEREMO”… SENZA IL SIMBOLO DI + EUROPA CALENDA SARA’ COSTRETTO A RACCOGLIERE LE FIRME

È nelle ultime righe di una breve nota che il partito guidato da Benedetto Della Vedova ed Emma Bonino mette in conto dell’arrivo di possibili «nuovi elementi» sull’accordo stretto con il Pd
Sono i vertici di +Europa a rompere il silenzio in corso ormai da ieri pomeriggio sugli accordi conclusi di Enrico Letta con Verdi/Sinistra italiana e in serata con Impegno Civico di Luigi di Maio.
Dal partito di Benedetto Della Vedova ed Emma Bonino arriva il «forte apprezzamento» per l’intesa stretta con il Pd, su cui il segretario dem ieri ha ribadito che quello con +Europa/Azione «sia un accordo di governo fondato sull’agenda Draghi e sulla collocazione europea e atlantica del nostro Paese».
La segreteria di +Europa si dice soddisfatta anche del chiarimento sulla natura delle altre alleanze, strette da Letta solo a scopo elettorale «finalizzati a non consegnare la vittoria a tavolino dell’alleanza guidata da Giorgia Meloni e Matteo Salvini».
E poi c’è il richiamo all’esclusione di fatto del M5s, dopo che il segretario Pd ha ripetuto che il perimetro delle alleanze non sarebbe andato oltre quelle sottoscritte ieri 6 agosto.
Ma nella breve nota di +Europa resta una grande incognita, tutta legata a Carlo Calenda, che da ieri non ha concesso alcun commento sulle ultime mosse del Pd e che è atteso oggi su Raitre a In mezz’ora da Lucia Annunziata.
I retroscena dei principali quotidiani oggi non escludono che il leader di Azione possa riservare nel suo intervento annunci clamorosi, fino al punto di una rottura non solo col Pd, ma anche con +Europa.
Ipotesi che tra le righe emerge nella nota del partito di Della Vedova: «Se dovessero emergere nuovi elementi di valutazione sul patto, la Direzione di +Europa si riunirà per discuterne e assumere decisioni».
(da Open)

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ARRIDATECI DRAGHI: SE IL CENTRO LO RAPPRESENTA CALENDA, E’ COMPRENSIBILE PERCHE’ GLI ITALIANI VOTINO LE ESTREME

Agosto 7th, 2022 Riccardo Fucile

RICOMINCIA LA FARSA: L’ILLUSIONE CHE SE VA DA SOLO CI GUADAGNA CONTRASTA CON I SONDAGGI E CON CHI SI SOSTIENE CHE “PRIMA VIENE L’INTERESSE DEL PAESE”

Carlo Calenda non ha deciso. L’enigma del leader di Azione è di nuovo quello di una settimana fa. Tenere fede al patto siglato con il Pd martedì scorso e suggellato con tanto di stretta di mano davanti alle telecamere in quel di Montecitorio? Oppure cedere alle sirene della corsa solitaria, da protagonista di un terzo polo tutto da costruire?
Ancora qualche ora di tormento e oggi l’ex ministro dello Sviluppo scioglierà la riserva. Stando all’umore di ieri, quando ha saputo che Letta aveva raggiunto l’intesa con Fratoianni e Bonelli, la tentazione di tagliare i ponti con il Pd è forte, ma al Nazareno sono convinti che Calenda alla fine non romperà.
Il suo stato d’animo sta chiuso dentro una confidenza che il leader ha fatto ieri a qualche amico e collega: «Con questa coalizione di centrosinistra, la destra la voterei anch’ io». Parole che rispondono alla preoccupazione di Letta di regalare la vittoria a Giorgia Meloni e che ben raccontano la rabbia e la distanza che il fondatore di Azione sente tra le sue idee e quelle della sinistra rossoverde. «Gente che ha sfiduciato Draghi», ha ricordato Calenda anche ieri via Twitter. «Non abbiamo deciso», è il ritornello del leader centrista che oggi parlerà in tv. Fino ad allora il leader ha dato ordine ai suoi di «non lasciar trapelare nulla».
«Per lui adesso è molto complicato rompere – incrocia le dita un lettiano molto vicino al segretario -. Se Carlo fa una pazzia delle sue non potrà giustificarla, perché nel patto che Letta ha firmato con lui erano previste altre alleanze».
Calenda non potrà dunque accusare l’ex premier di aver tradito gli accordi stretti una settimana fa. E poi, altro argomento usato dagli ottimisti, se decidesse di correre da solo dovrebbe raccogliere le firme per presentare il simbolo, perché Emma Bonino, che detiene quello di +Europa, non volterà le spalle a Letta.
La leader radicale, così come Riccardo Magi, Benedetto Della Vedova e il senatore Matteo Richetti, premono per onorare il patto con il Pd. Ma Calenda ha più dubbi che certezze. Ha paura che la coalizione sia contraddittoria dal punto di vista programmatico ed è rimasto molto colpito dalla (cattiva) reazione della sua base elettorale all’idea di correre assieme alla sinistra anti draghiana. E poi, ma questa è una lettura maliziosa che arriva dal Pd, ci sarebbero anche i finanziatori di Azione a non gradire il patto con chi ha votato contro le armi all’Ucraina e contro l’allargamento della Nato.
Al Nazareno c’è attesa, ma anche molto fastidio e irritazione. «Siamo nel campo dell’imponderabile», geme un lettiano di ferro, mentre tra i dem orfani di Conte ci si chiede perché il leader di Azione non sia stato scaricato senza troppi complimenti: «Aveva promesso di smetterla con le polemiche, ma la destra è in campagna elettorale e noi continuiamo a farci del male».
Letta dà per scontato che l’accordo sia «chiuso e firmato» con tutti i partiti e che indietro non si torna, perché vorrebbe dire «fare un regalo a Giorgia Meloni». Il segretario ha fretta di buttarsi in campagna elettorale per dimostrare che la destra si può battere e nonostante il tira e molla di queste ore continua a nutrire per Calenda «fiducia e stima».
Se nella minoranza del Pd molti pensano che abbia sbagliato strategia, Letta resta convinto di aver fatto «tutto il possibile, perché la politica non è solo rappresentanza». Forse andare da soli e battersela con Fratelli d’Italia per la medaglia di primo partito sarebbe stato conveniente per il Pd, ma per un «uomo delle istituzioni» costruire una coalizione «in difesa della Costituzione» era un dovere morale oltre che politico. Al Nazareno sono state già fissate le percentuali di seggi all’uninominale che spetterebbero a ciascuna forza del centrosinistra: 59% al Pd, 24% ad Azione, 13% a Sinistra italiana e Verdi e 4% a Impegno civico.
«Abbiamo dato il sangue», geme un esponente dem del governo dimissionario, convinto che l’obiettivo di Calenda sia alzare ancora il prezzo sui collegi. Tra i fedelissimi, i più pensano che «Carlo faccia ancora in tempo a rompere» e se unisse le forze con Renzi «si potrebbe andare anche oltre il 12%». Ma questi numeri per il Nazareno non esistono, non esiste la possibilità che Letta, dopo aver puntellato l’«alleanza strategica» offrendo ogni garanzia possibile, conceda a Calenda anche un solo seggio in più.
(da Il Corriere della Sera)

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L’ULTIMA TENTAZIONE DI CALENDA: STRACCIARE L’ACCORDO CON LETTA DOPO AVERLO FIRMATO

Agosto 7th, 2022 Riccardo Fucile

OGGI INTERVERRA’ A IN MEZZORA SU RAITRE E ANNUNCERA’ IL VANGELO… “CON RENZI O DA SOLI SI POTREBBE ARRIVARE AL 15%”

Sorride amaro un dirigente del PD, con una frase che sembra un proverbio cinese: «Al mattino apriamo Twitter preoccupandoci di quel che il pazzo potrà scrivere. Ma il terrore viene quando non scrive niente».
Il “pazzo” (qui ovviamente nell’accezione di imprevedibile) è Carlo Calenda, che effettivamente da ieri pomeriggio è silente anche nella sua arena social preferita. Non solo: i pochi che lo hanno intercettato lo descrivono come furibondo, dopo aver visto su una delle tv all news la conferenza stampa congiunta di Letta e Fratoianni, con il secondo che si mostrava per quello che è, l’emblema di quella sinistra anti Draghi, anti guerra e anti rigassificatori che Calenda vede come il peggior nemico, altro che alleato, sia pur per interposto Letta.
Certo, lo stato maggiore di +Europa non prende nemmeno in considerazione l’ipotesi di un passo indietro, e anche il fido Matteo Richetti, presidente di Azione, considera il patto legge.
Ma Calenda è più irrequieto che mai (e ce ne vuole).
In più c’è un aspetto di cui non si è parlato: le reazioni negative, non solo sui social, di parte dei suoi sostenitori rispetto all’accordo, che ieri si sono fatte più nette. Anche alcuni esponenti di Azione hanno inviato segnali di dissenso, ed è arrivata qualche lettera di dimissioni.
Si favoleggia (come sempre in questi casi) di sondaggi che ridimensionerebbero molto il risultato del partito dopo l’accordo. E a indispettire ancor di più il solitario e taciturno leader sono arrivati i calcoli sui seggi dopo gli altri accordi di Letta, con Di Maio e il duo rosso-verde. Secondo quello di Lorenzo Pregliasco, Youtrend, la ripartizione finale sarebbe Pd 57%, Azione/+Europa 24%, Si/Italia Verde 14% e Impegno Civico 5%.
Nella notte la prima lettura dei giornali, che davano conto del suo tormento (titolo di apertura del Corriere: «Il patto del PD agita Calenda», La Stampa: «Calenda non ci sta, l’intesa era un’altra») non può averlo certo rasserenato. Ma ancor di più ha fatto – dicono – la visione della prima pagina di Repubblica, con le sei foto allineate, la sua insieme a quelle di Di Maio, Letta, Bonelli, Bonino e Fratoianni, e il titolone «Sfida alla destra». Tutto quello che Calenda non voleva.
Sostengono i maligni che ora l’unica cosa che lo trattiene è finire in compagnia di Renzi: per lui è un po’ come la kryptonite per Superman, ha sempre detto.
Ma se dovesse rompere il patto con Letta perdendo +Europa ha bisogno di allearsi con lui, a meno di cercare di raccogliere le firme in tutta Italia sotto il sole di Ferragosto: una follia? E allora perché no? Sarebbe una spinta forte alla campagna, «Aiutateci a correre da soli». Magari oggi, quando romperà il silenzio (è atteso nel pomeriggio in tv dall’Annunziata) confermerà l’accordo col PD, come alla fine sperano al Nazareno.
Oppure sapremo tutto da Twitter, dove romperebbe un silenzio per lui record di quasi un giorno intero. A proposito: ultima traccia, ormai 16 ore fa, il retweet di un pensiero del suo amico Chicco Testa, «L’accordo Pd/Azione/+Europa ha senso se àncora il Pd a una chiara alleanza di centro sinistra. Se no meglio lasciar perdere inutili ammucchiate»
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