Giugno 6th, 2018 Riccardo Fucile
BASTA CON I MONOLOGHI, DEVONO ACCETTARE IL CONFRONTO SE NE SONO CAPACI … LE CONDIZIONI DELLA CASALEGGIO ERANO CHE NON CI FOSSERO CONTRADDITORI E GIORNALISTI SCOMODI… ALLA FACCIA DELLA DEMOCRAZIA
Nei giorni scorsi la conduttrice di Omnibus Gaia Tortora era stata raggiunta da una rabbiosa scarica di insulti “social” per aver annunciato la sua decisione di ospitare in studio Alessandro Barbano, l’ex direttore del Mattino rimosso dal suo incarico perchè la sua linea editoriale non era abbastanza morbida nei confronti dei nuovi poteri forti: Lega e MoVimento 5 Stelle.
Oggi la Tortora ha messo in chiaro che con la nascita del governo Conte chi vorrà andare a Omnibus dovrà farlo rispettando le regole della trasmissione.
Il codice Rocco che regola le presenze dei pentastellati nei talk show
Come è noto gli esponenti (ad eccezione dei leader) del M5S durante questi mesi non si sono fatti quasi mai vedere in televisione.
E se lo hanno fatto hanno deciso di adottare il cosiddetto “codice Rocco” (Casalino) che impone ad autori e conduttori la presenza dei parlamentari solo a certe condizioni. La principale è che a parlare ci sia solo il politico del M5S.
Per evitare l’effetto “pollaio”, spiegano, e il fastidioso sovrapporsi di voci.
Ma in realtà si tratta semplicemente di interviste apparecchiate, monologhi dell’ospite di turno su domande concordate senza un contraddittorio.
Gli autori dei talk e dei programmi di approfondimento sono costretti a sottostare al ricatto, altrimenti rischiano di perdere l’ospite politico del momento a favore della concorrenza.
Dall’altro lato la macchina della propaganda del M5S (ma anche quella della Lega e in misura minore quella degli altri partiti) ottiene due cose.
La prima è che il messaggio arriva senza interruzioni o contestazioni. La seconda è che il video della trasmissione (con titoli mirabolanti) è bell’e pronto per la diffusione sui social
Gaia Tortora: o Lega e M5S partecipano al dibattito o ne facciamo a meno
A rimetterci però è la qualità dell’informazione. E del resto non si capisce come mai, con tutti i social a disposizione, se un politico vuole fare un monologo non accenda la webcam e si rivolga direttamente ai suoi follower.
Il fatto è che a questo genere di comunicazione manca l’aura dell’obbiettività del quale godono (nonostante insulti e critiche e accuse di servilismo) le trasmissioni televisive.
Vi ricordate i bei tempi in cui i 5 Stelle pensavano di poter fare a meno della televisione e Beppe espelleva tutti coloro che andavano nei salotti televisivi? Sembrano passati secoli, ma sono passati appena cinque anni.
Oggi Gaia Tortora ha annunciato a Lega e MoVimento 5 Stelle che ora che sono al governo «O i loro esponenti partecipano — le regole le stabiliamo noi — al dibattito confrontandosi con gli altri ospiti o ne facciamo a meno».
Resta ora da vedere se Lega e M5S accetteranno le “nuove” regole del gioco (che in realtà sono quelle basilari del confronto televisivo e del giornalismo).
Certo affinchè il cambiamento possa essere davvero effettivo anche le altre trasmissioni televisive dovranno smettere di cedere alle richieste degli uffici stampa dei politici.
Anche perchè la decisione della Tortora mette in luce una cosa: la sostanziale insicurezza dei politici che non sono più in grado di reggere un dibattito se non confrontandosi con alcuni selezionati giornalisti più o meno graditi.
Questo però significa anche che la gioiosa macchina della comunicazione approntata dalla Casaleggio Associati e guidata dai vari Casalino di turno non è altro che una colossale bugia.
Per anni abbiamo parlato di come uno stuolo di esperti di PNL preparasse i pentastellati ai confronti televisivi.
Ma in realtà i confronti non erano tali, quindi a cosa sono serviti gli esperti?
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 6th, 2018 Riccardo Fucile
DAL PAESE DEI BALOCCHI AL RITORNO ALLA BRUSCA REALTA’ IL PASSO E’ BREVE…OFFRIRE SOLDI FACILI SCATENA IL SENSO DI FESTA, MA QUANDO LA FESTA FINISCE PERCHE’ LE PROMESSE SONO IRREALIZZABILI SUBENTRA LO SCONFORTO
Nel novembre 2011 quando si insediò il governo Monti scrissi un post che oggi appare profetico. In sintesi affermavo che il governo Monti rappresentava con la sua austerità , il grigio loden e l’idea di fare tagli e imporre sacrifici la vittoria psicologica del Super IO sociale.
Secondo la teoria psicoanalitica esistono in noi tre istanze psichiche definite Io, Super Io e ES.
I governi dell’austerità finanziaria, che sono seguiti, hanno determinato la sensazione collettiva di inibizione e costrizione entro regole imposte.
Psicologicamente il 4 marzo il popolo si è liberato dal giogo delle regole e dal confronto con la realtà dove due più due fa sempre quattro.
Tornare al dominio dell’ES collettivo e sociale in cui non esistono le regole e la libertà del desiderio deve essere totale è stato il messaggio dei partiti che hanno promesso “il paese dei balocchi”.
Mi pare che il nuovo governo Di Maio-Salvini rappresenti la rivincita dell’ES, contro Monti che rappresentava il Super IO, sulla scena politica.
Vogliamo tutto e subito. Nessuna contraddizione viene accettata e si semplifica ogni problema affermando che la soluzione è facile e a portata di mano.
Come psicologo so che se si accetta il dominio dell’Es ben presto ci si scontra con la realtà , appaiono i sensi di sconforto di fronte alle promesse non realizzabili e poi di colpa con la ricomparsa prepotente del Super Io.
In questo caso il Super Io sarebbe impersonato da un successivo nuovo governo “lacrime e sangue”.
Mi sento quindi di dare un consiglio ai nuovi governanti, sapendo già che, come il suggerimento dato all’epoca dell’insediamento del governo Monti, non verrà ascoltato.
Occorre riscoprire l’Io che media fra i bisogni del tutto subito e la realtà .
Offrire soldi facili, pensioni a tutti, redditi senza dover lavorare scatena il senso di festa ma ha insito lo sconforto di quando inevitabilmente la festa finisce.
Il nuovo governo più che distribuire denari dovrebbe puntare a migliorare la qualità della convivenza.
Nel libro Essere o avere Erich Fromm chiarisce che la nostra felicità è legata più alla capacità di capire noi stessi e di sentire vicini gli altri piuttosto che dal possesso di beni.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 6th, 2018 Riccardo Fucile
M5S: “RIPRISTINARE ART 18″… LEGA:”NON E’ NEL CONTRATTO”… RESTA IL NODO ACCIAIERIA … POSIZIONE AMBIGUA NEL CONTRATTO, ORA TUTTI HANNO PAURA DI PARLARE
A preoccupare la maggioranza ci sono già diversi dossier delicati, dal nodo Jobs Act fino all’Ilva. Temi, cioè, che dividono ancora i due partiti.
Non è un caso che nel contratto di governo le questioni siano state soltanto sfiorate. E che i diretti interessati non intendano sbilanciarsi troppo, prendendo tempo.
Basta osservare l’affaire Jobs Act. Lo stesso Luigi Di Maio ha già annunciato l’intenzione di voler intervenire su una delle più discusse e simboliche riforme renziane: “Va rivisto, c’è troppa precarietà ”. Eppure, non sarà semplice.
Perchè nel contratto di governo c’è poco o nulla in merito: “Particolare attenzione sarà rivolta al contrasto della precarietà , causata anche dal Jobs act, per costruire rapporti di lavoro più stabili e consentire alle famiglie una programmazione più serena del loro futuro”, si legge.
Il nodo però, resta quello della possibile reintroduzione dell’articolo 18.
Un tema sbandierato in campagna elettorale dai pentastellati e presente nel programma del M5s. Ma non certo in quello leghista, con il partito di Matteo Salvini attento alle esigenze del suo elettorato legato al mondo dell’impresa, tutt’altro che convinto di voler abbandonare la maggiore libertà di licenziamento concessa dal governo di Matteo Renzi.
Non è un caso, quindi, che le posizioni siano ancora siano distanti, al di là la prudenza dei ministri del governo
Al contrario, tra le seconde linee lo scontro sembra già aperto: “L’articolo 18? Va ripristinato per le aziende con più di 15 dipendenti, troveremo una soluzione con la Lega”, ha rivendicato il deputato del M5s Matteo Mantero.
Della stessa opinione il senatore Nicola Morra: “La nostra posizione è stata chiara fin dalla campagna elettorale”.
Più cauto è invece Riccardo Fraccaro, ministro dei Rapporti con il Parlamento e fedelissimo del neo ministro al Lavoro Luigi Di Maio: “Vogliamo portare in Aula i dossier, quando avremo i testi pronti ne discuteremo”.
Dalla Lega, però, sembrano già prepararsi alle barricate: “Non è nel contratto”, ha tagliato corto Armando Siri, già promotore della flat tax in versione salviniana. E pure Claudio Borghi sembra già escludere la possibile reintroduzione: “Faremo quello che c’è nel contratto”.
A prendere tempo, invece, è il collega Gian Marco Centinaio, neo ministro per le Politiche agricole: “Ne parleremo con Di Maio”
Certo, non è l’unico dossier.
Perchè più spinoso e imminente da affrontare resta quello legato al destino dell’Ilva. Tanto che pure dal Pd sono arrivate accuse al governo di restare silente, da Renzi, fino all’ex viceministro allo Sviluppo economico Teresa Bellanova: “Pensate di fare una nuova Bagnoli? Se chiude l’Ilva di Taranto non si cancella solo l’industria, ma si blocca anche Novi Ligure e vanno in difficoltà gli investimenti del Nord”. “Pretendiamo che fin da subito siano rispettate le prescrizioni ambientali”, ha spiegato via Facebook il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa.
L’incognita sul futuro dell’acciaieria, però, resta
Lo stesso Di Maio, prendendo tempo, aveva già preferito non replicare a chi gli chiedeva chiarimenti, nel primo giorno di lavoro al suo ministero, dopo aver incontrato riders e imprenditori.
Così come si è tenuto alla larga dal nodo Ilva lo stesso presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che, a domanda diretta, non ha risposto, nel giorno del voto di fiducia a Palazzo Madama.
Nè ha citato la questione nel suo discorso. Contratto alla mano, si parla soltanto di “concretizzare i criteri di salvaguardia ambientale secondo i migliori standard mondiali” e di “un programma di riconversione economica basato sulla progressiva chiusura delle fonti inquinanti”. Ma senza spiegare in dettaglio
Tutto mentre il tempo sta per scadere.
Gli stabilimenti che già furono dei Riva dovrebbero passare in mano agli indiani di Arcelor Mittal (vincitore della gara indetta dal ministero dello Sviluppo, ndr), entro fine giugno.
Il problema, però, è legato al mancato accordo con i sindacati su stipendi e livelli di occupazione, con un rischio legato a circa 4mila esuberi. L’incontro tra azienda e governo, per ora, è stato congelato. Ma in attesa che il governo e Di Maio trovino una soluzione al dossier, tra le due anime della maggioranza è già partito lo scontro.
E la domanda resta: Ilva continuerà a produrre, seppur messa in sicurezza e risanata? O verrà chiusa, in modo più o meno graduale?
In casa 5 Stelle non pochi puntano a questa seconda opzione, già da tempo: “Basta, siamo per la chiusura, ci sono già stati troppi morti. Si può riconvertire il lavoro con le bonifiche”, ha rilanciato ai microfoni de Ilfattoquotidiano.it il senatore Alberto Airola. E non è l’unico.
In casa Lega, la pensano in modo opposto. Tanto che è stato lo stesso Siri a ribadire come la chiusura non sia sul tavolo.
Così,ancora una volta, dal fronte governativo si predicano calma e silenzio. L’obiettivo? Allontanare lo scontro.
O quanto meno rinviarlo: “Vedremo quale sarà la soluzione migliore per una materia strategica”, ha tagliato corto Fraccaro.
Si è rifugiata nel silenzio, invece, Barbara Lezzi, leccese e neo ministro del Sud, che già in passato si occupò del caso. Tutto mentre anche da Confindustria chiedono garanzie sul futuro dello stabilimento, convinti che l’unica via sia quella del rilancio industriale.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 6th, 2018 Riccardo Fucile
SONO I CPR, CENTRI DI PERMANENZA PER IL RIMPATRIO, DOVREBBERO ESSERCENE UNO PER REGIONE, MA FINO AD OGGI SONO SOLO SEI…SAPETE DOVE MANCANO? NELLE REGIONI RETTE ANCHE DALLA LEGA PERCHE’ SI SONO OPPOSTI I GOVERNATORI LEGHISTI
Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ai cronisti in Transatlantico ha detto che “vanno realizzati Centri per i rimpatri “che permettano di espellere chi va espulso”. Centri “chiusi“, dunque, “che servono per ospitare momentaneamente chi deve tornare a casa sua”.
Centri di questo tipo — destinati non ai richiedenti asilo, ma agli irregolari destinatari di provvedimento di espulsione — sono già previsti dal decreto Minniti dell’aprile 2017: non si chiamano più Cie (Centri di identificazione e di espulsione) ma Cpr, “Centri di permanenza per il rimpatrio“, secondo il provvedimento voluto dall’ex capo del Viminale doveva essercene uno in ogni Regione da 150 posti al massimo ma fino a oggi quelli aperti sono solo 6 (Torino, Roma, Bari, Brindisi, Caltanissetta e Potenza) per poche centinaia di posti rispetto ai complessivi 1.600 previsti a regime. Altre strutture sono state individuate (da Iglesias a Bologna, a Santa Maria Capua Vetere), ma non avviate.
Il problema a cui Salvini si trova di fronte è l’opposizione di molti governatori e di molti sindaci.
Chissà come mai in Lombardia, Veneto e Liguria i governatori leghisti non hanno messo a disposizione strutture adeguate, visto che Salvini parla tanto.
Il problema in ogni caso è che per rimandare a casa gli irregolari e superare i poco più di 6mila i rimpatri in media ogni anno servono accordi con i Paesi di provenienza: l’Italia ne ha siglati solo con Tunisia, Egitto, Nigeria, Sudan e Gambia.
Quindi Salvini pensi a lavorare invece che fare annunci.
(da agenzie)
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Giugno 6th, 2018 Riccardo Fucile
MENO MALE CHE FICO AVEVA INVITATO IL PARLAMENTO A RITROVARE LA SUA CENTRALITA’, QUESTI NON TROVANO NEANCHE L’ENTRATA
Avevamo lasciato ieri l’onorevole pentastellato Francesco Berti intento a districarsi nei meandri del bicameralismo perfetto mentre si arrampicava sugli specchi accusando i deputati del Partito Democratico di non essere presenti in Aula al Senato mentre si votava la fiducia al governo del cambiamento di Di Maio e Salvini.
Oggi il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è alla Camera dei Deputati dove alle 17:45 si voterà la fiducia al nuovo esecutivo.
Nel frattempo in Aula si susseguono le dichiarazioni dei parlamentari sulla fiducia al governo in attesa della replica del premier (prevista alle 15:45).
La seduta è stata convocata alle ore 9 e quindi tutti i deputati — come spiegava ieri Berti — sono tenuti ad essere presenti.
Non sappiamo se Berti sia attualmente in Aula ma uno scatto postato su Facebook dalla deputata Giuditta Pini certifica — ovviamente scherzando sulla scorta di quanto accaduto ieri al neodeputato M5S — che intorno alle ore 11 la maggior parte deputati del MoVimento 5 Stelle era assente.
Non si sa se in ossequio a quanto chiesto dal presidente della Camera Roberto Fico che nel suo discorso di insediamento aveva invitato a riflettere sul fatto che «il parlamento torni a ritrovare la sua centralità ».
I deputati assenti sono in buona compagnia, a quanto pare nemmeno sui banchi del governo si registra il tutto esaurito delle grandi occasioni (Matteo Salvini non era presente alla Camera questa mattina).
Sarà che forse con i numeri della maggioranza a Montecitorio la fiducia è una mera formalità .
Sarà che il dibattito è poco interessante dal momento che tutto quello che c’è da dire è nel contratto.
Ma chissà , potrebbero esserci delle sorprese, ad esempio si potrebbe scoprire che oltre al contratto c’è di più. Cosa? Le coperture finanziarie per realizzare l’ambizioso programma di governo gialloverde, ad esempio.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 6th, 2018 Riccardo Fucile
CENSIS: QUEST’ANNO SARA’ RECORD DI 40 MILIARDI DI EURO.. LA TREDICESIMA DI UN OPERAIO VA PER FAR FRONTE ALLE SPESE SANITARIE DELLA FAMIGLIA
Gli italiani non hanno mai speso così tanto in cure e medicine.
Si calcola che il valore complessivo della spesa sanitaria privata degli italiani arriverà a fine anno a 40 miliardi di euro contro i 37,3 dello scorso anno.
Nel periodo 2013-2017 è aumentata del 9,6% in termini reali, molto più dei consumi complessivi (+5,3%).
Il rapporto Censis-Rbm Assicurazione Salute presentato oggi al “Welfare Day 2018” stima che nell’ultimo anno 44 milioni di italiani hanno speso soldi di tasca propria per pagare prestazioni sanitarie.
E la spesa sanitaria privata incide soprattutto sul budget delle famiglie più deboli: tra il 2014 e il 2016 i consumi delle famiglie operaie sono rimasti quasi fermi (+0,1%), ma le loro spese sanitarie sono aumentate del 6,4%: nell’ultimo anno, l’aumento è stato di 86 euro in più a famiglia.
Per gli imprenditori c’è stato invece un forte incremento dei consumi (+6%) e una crescita inferiore della spesa sanitaria privata (+4,5%: in media 80 euro in più nell’ultimo anno).
Per gli operai l’intera tredicesima se ne va per pagare cure sanitarie familiari: quasi 1.100 euro all’anno.
Per 7 famiglie a basso reddito su 10 la spesa privata per la salute incide pesantemente sulle risorse familiari.
E c’è chi si indebita per pagare la sanità . Nell’ultimo anno, per pagare le spese per la salute 7 milioni di italiani si sono indebitati e 2,8 milioni hanno dovuto usare il ricavato della vendita di una casa o svincolare risparmi.
Secondo il rapporto, 12 milioni di italiani hanno saltato le lunghe liste d’attesa nel pubblico grazie a conoscenze e raccomandazioni.
E proprio a casua delle lunghe attese, oltre che per i casi di malasanità , monta il rancore verso il Servizio sanitario.
A provare sentimenti di rabbia è il 38% degli italiani, quasi 4 su 10.
Sono soprattutto pazienti con redditi bassi (43,3%) e residenti al Sud (45,5%). Il 54,7% degli italiani – stimando il campione – è convinto che le opportunità di diagnosi e cura non siano uguali per tutti.
Ma per un miglioramento della sanità il 63% degli italiani non si attende nulla dalla politica: per il 47% i politici hanno fatto troppe promesse e lanciato poche idee valide, per il 24,5% non hanno più le competenze e le capacità di un tempo.
La sanità – emerge sempre dall’analisi del Censis – ha giocato molto nel risultato elettorale (per l’81% dei cittadini è una questione decisiva nella scelta del partito per cui votare), e sarà il cantiere in cui gli italiani metteranno alla prova “il governo del cambiamento”.
I più rancorosi verso il Servizio sanitario sono proprio gli elettori del Movimento 5 Stelle (41,1%) e della Lega (39,2%), meno quelli di Forza Italia (32,9%) e Pd (30%).
(da agenzie)
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Giugno 6th, 2018 Riccardo Fucile
NO, BASTA ELIMINARE I VU CUMPRA’, COSI’ PER MANGIARE VANNO A RUBARE E LUI E’ CONTENTO PERCHE’ PUO’ FARE UN POST… E GIA’ CHE C’E’, DOPO IL CONDONO AGLI EVASORI, ARRIVA L’APOLOGIA DEI RICCHI CHE “DEVONO PAGARE MENO TASSE”: I POVERI CONTINUINO A PAGARE E NON ROMPANO I COGLIONI
Perchè la flat tax? Lo spiega il ministro degli Interni, non quello dell’Economia o del Tesoro, il noto tuttologo fancazzista, ex comunista padagno passato a perorare la causa degli evasori fiscali (quelli che potranno pagare il 6% delle imposte evase, alla faccia dei pirla che hanno onorato la cartella esattoriale per intero).
La tesi è originale: “Perchè è giusto che chi guadagna di più paghi meno tasse. Perchè spende di più. L’importante è che ci guadagnino tutti: se uno fattura di più, risparmia di più, reinveste di più, assume un operaio in più, acquista una macchina in più, e crea lavoro in più”
Addio proporzionalità dell’imposta (chi guadagna meno paga un coefficiente inferiore rispetto a chi guadagna di più), bisogna privilegiare i ricchi, secondo Salvini.
Se il ricco spende di più, il povero potrà attaccarsi con il naso alla vetrina del negozio di lusso e sentirsi realizzato nel vedere il benestante che coi soldi risparmiati in tasse, si compra l’abito firmato.
Una goduria alla vista, a cui nessun disperato rinuncerebbe mai, vedere Salvini e una delle sue tre mogli o compagne andare a fare acquisti in via Montenapoleone, così quando torna a casa potrà raccontarlo ai suoi figli a cui non riesce a comprare i libri scolastici.
Salvini dovrebbe informarsi poi su come certi italiani benestanti coniugano il concetto “risparmia di più, investe di più, assume un operaio in più”.
Perchè risparmiare di più intanto vuol dire non “rimettere in circolo” la ricchezza, quindi è la negazione del postulato.
Investire di più è la prassi che certo capitalismo finanziario non fa da tempo, in quanto siamo passati dal “capitalismo d’impresa” a quello “speculativo”, come denunciato dalle statistiche dei media economici di tutto il mondo e considerato come il tipico difetto delle imprese italiane che non investono in innovazione.
Per finire con la balla “dell’assume un operaio in più”: ma quando, visto che in Italia crescono solo i contratti precari e a termine, non quelli a tempo indeterminato e con l’abolizione dell’art 18 sono state eliminate le tutele dei lavoratori, con il placet della Lega?
In vista dell’estate, Salvini poi lancia il dossier “spiagge sicure”: potenziamento dei bagnini e assunzione di terranova per salvare i bagnanti? Garanzia di non essere importunati da razzisti almeno in spiaggia?
No, provvedimenti per cacciare dalle spiagge i ‘vu’ cumprà ‘, così per mangiare i poveri dovranno andare a rubare la caciotta alla Esselunga e Salvini potra’ fare i suoi post anche a Ferragosto contro chi “sottrae il taleggio agli italiani”.
Quando presidierà le spiagge in costume per difendere i confini.
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Giugno 6th, 2018 Riccardo Fucile
UNA COSA HA CERTIFICATO: CHE I RICHIEDENTI ASILO PREFERISCE TENERLI IN ITALIA CHE REDISTRIBUIRLI IN EUROPA… SE DIMINUISCONO COME FA AD AIZZARE I RAZZISTI CHE LO VOTANO PER QUELLO?
Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha ribadito ieri che l’Italia voterà no (assieme ai paesi del “gruppo di Visegrad”) alla proposta di revisione del trattato di Dublino. Ieri il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha detto al Senato che il nostro Paese chiederà con forza il superamento del Regolamento di Dublino «al fine di ottenere l’effettivo rispetto del principio di equa ripartizione delle responsabilità e realizzare sistemi automatici di ricollocamento obbligatorio dei richiedenti asilo» dimostrando di ignorare che la proposta dell’Europarlamento prevede proprio la realizzazione di un sistema automatico di ricollocamento basato su quote.
Per Salvini clandestini, rifugiati e richiedenti asilo sono la stessa cosa
Tra il sistema di ripartizione dei richiedenti asilo (quindi non solo di chi ha già ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato) e quello ungherese che prevede la costruzione di reticolati di filo spinato e il categorico rifiuto del ricollocamento dei rifugiati Salvini sembra preferire il secondo.
Non è ben chiara quale sia la convenienza per l’Italia.
Ma non dobbiamo dimenticare che per Salvini migranti, profughi, richiedenti asilo sono solo parole inventate dai buonisti di sinistra per cancellare la parola “clandestino”.
Non è un caso che nel suo discorso Conte abbia detto che il suo governo intende difendere «gli immigrati che arrivano regolarmente sul nostro territorio».
È noto però che chi scappa da guerre o persecuzioni religiose non ha la possibilità di entrare regolarmente in Italia.
Un richiedente asilo è una persone che nella maggior parte dei casi è entrata clandestinamente nel nostro Paese, ma una volta che viene riconosciuto lo status di rifugiato gode degli stessi diritti (e doveri) di chi è entrato in Italia con regolare permesso di soggiorno.
Non tutti i migranti che arrivano in Italia saranno riconosciuti come rifugiati, ma questo non significa che tutti i rifugiati debbano provenire necessariamente da un paese in guerra.
Il diritto d’asilo non viene concesso solo a chi scappa da un conflitto ma anche ad altri individui (ad esempio a chi ha subito violenze domestiche, chi ha subito violenze durante il transito in Libia oppure a chi ha compiuto un significativo percorso di integrazione).
Inoltre il procedimento non termina con la decisione della commissione territoriale stabilisce che il migrante non è “idoneo”.
Il richiedente asilo può fare ricorso che in questo modo sospende l’espulsione fino a che non è stato esaminato il ricorso.
Ieri sera il ministro Salvini ha detto che «è strafinita la pacchia per chi ha mangiato per anni, alle spalle del prossimo, troppo abbondantemente: ci sono 170mila presunti profughi che stanno in albergo a guardare al tv».
Ma come fa Salvini a sapere che quei richiedenti asilo sono tutti “presunti profughi” da rimpatriare?
Molte delle persone ospitate nei centri di accoglienza (che non sono propriamente degli alberghi, si veda il caso di Cona, nel veneziano) sono richiedenti asilo in attesa che lo Stato italiano determini la loro condizione.
Salvini continua a fare oggi quello che ha fatto negli ultimi anni: alimentare la confusione tra “clandestino” — che è ogni migrante sbarcato o arrivato in Italia in maniera irregolare — e rifugiato.
Salvini insomma sta continuando a parlare della presunta invasione dei migranti. Invasione che nei fatti non c’è (qui le statistiche del Viminale aggiornate al 6 giugno 2018) visto che il picco risale al 2015.
Già nel 2016 — quindi dopo la “crisi” — l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati aveva pubblicato delle statistiche che dimostravano come l’Italia non fosse certo il paese vittima dei rifugiati.
Nel mondo ci sono circa 16 milioni di rifugiati (non di richiedenti asilo) e in Europa ce ne sono poco più di due milioni, persone che sono arrivate nel corso degli anni, dei decenni.
L’Italia — che generalmente accetta il 40% delle richieste d’asilo — ne aveva accolti in totale 131mila (su una popolazione di 60 milioni di abitanti).
Durante la puntata di ieri sera di Otto e Mezzo Paolo Pagliaro ha spiegato che nel 2017 l’Italia ha accolto 580 richieste d’asilo ogni milione di abitanti mentre la Germania ne ha accolte 3.943 (sette volte di più).
In rapporto alla popolazione residente hanno accolto più richieste d’asilo anche Francia, Liechtenstein, Finlandia, Grecia, Svezia, Cipro, Norvegia, Belgio, Svizzera, Malta Lussemburgo e Austria.
A questi vanno aggiunti coloro che hanno ricevuto il riconoscimento della “protezione sussidiaria” — ad esempio nel caso il migrante rischi di subire un “danno grave” al rientro in patria — e la “protezione umanitaria” (che viene concessa per altri motivi umanitari).
Curiosamente la “protezione umanitaria” è lo status che viene maggiormente riconosciuto ai migranti (ad aprile 2018 sono state assegnate 2.751 protezioni umanitarie contro 603 domande di asilo accolte).
Tra i “presunti profughi” di Salvini ci sono quindi molte persone che hanno visto riconosciuto il diritto a stare in Italia e soprattutto ce ne sono molte di più che stanno aspettando l’esito del procedimento.
Se Salvini accettasse la proposta di revisione del trattato di Dublino le richieste d’asilo non dovrebbero essere esaminate per forza nel paese di primo approdo (l’Italia) ma anche in altri stati membri.
In questo modo il ministro dell’Interno sta dicendo che preferisce tenere in Italia “finti profughi” invece che distribuire il carico dell’esame dei procedimenti in altri paesi europei.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 6th, 2018 Riccardo Fucile
LA STANZA DEL PORTAVOCE E’ TROPPO PICCOLA, CAMBIA TAPPEZZERIA E ARREDI… SPERAVA ANCHE IN UN ALLOGGIO INTERNO MA GLI E’ ANDATA MALE
Carmelo Lopapa su Repubblica racconta oggi le serene intenzioni di Rocco Casalino, che non apprezza la stanza del portavoce del presidente e ha intenzione di far cambiare l’arredamento e la tappezzeria:
Si guarda intorno ed è più forte di lui. Non può fare a meno di abbandonarsi alla delusione: «Un po’ piccolina per essere la stanza del portavoce del presidente».
Rocco Casalino è appena salito al primo piano di Palazzo Chigi, accompagnato dalla mamma Mina e dal compagno, è venuto il momento di prendere possesso dello studio che sarà il suo quartier generale a poca distanza dalla stanza del premier Giuseppe Conte.
Prenderà il posto che in questi anni, da Renzi a Gentiloni, è stato di Filippo Sensi, oggi deputato Pd. Stanza piccolina e arredamento così così.
«Certo il Quirinale è molto meglio» è la battuta alla quale si abbandona, raccontano i presenti alla visita di perlustrazione. Roba un po’ «vecchia, da rimodernare». Scopri di piu’
Il “cambiamento” tanto caro ai 5stelle, dei quali Casalino è stato lo spin doctor e in parte lo stratega in questi anni, dovrà passare anche da un bel rinnovamento alla tappezzeria, agli arredi e a quant’altro potrà servire a far sentire un po’ più a proprio agio l’ex inquilino della casa del Grande Fratello 1. Là dove tutto ebbe inizio.
In quest’altra casa, Palazzo Chigi, dovrà limitarsi però a lavorare e non a vivere.
È stata infatti negativa la risposta alla domanda che il portavoce avrebbe rivolto ai commessi, e cioè se ci fosse anche un appartamento a sua disposizione oltre a quello del premier.
(da “NextQuotidiano”)
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