Settembre 14th, 2022 Riccardo Fucile
DA UN LATO IL PRESIDENZIALISMO PER AUMENTARE I POTERI DELL’ESECUTIVO, DALL’ALTRO LA RIFORMA DELLA COSTITUZIONE PER DISTRUGGERE L’ARCHITETTURA COMUNITARIA EUROPEA
“In Europa sono tutti preoccupati per la Meloni al governo e dicono cosa succederà? Ve lo dico io cosa succederà, che è finita la pacchia e anche l’Italia si metterà a difendere i propri interessi nazionali come fanno gli altri, cercando poi delle soluzioni comuni”. Così Giorgia Meloni, ieri, dal palco di piazza del Duomo a Milano.
E forse, sebbene questa campagna elettorale non brilli per l’analisi e il confronto sui contenuti, andrebbero dedicati due minuti all’interpretazione di questa frase, che ciclicamente torna in bocca alla leader di Fratelli d’Italia.
Non serve un grande investigatore, intendiamoci. Perché è Giorgia Meloni stessa ad aver fornito le chiavi interpretative del suo progetto in una lettera al Foglio, pubblicata qualche giorno fa, in cui parlava di un’Europa “Confederale, rispettosa della sussidiarietà e delle sovranità nazionali, che faccia meno cose ma le faccia meglio”.
Ed è ancora Giorgia Meloni, facendo un paio di passi indietro, al 2018 per la precisione, ad aver spiegato come vuole realizzare questa sua idea di Unione Europea.
Banalmente, fino a un certo punto, cambiando tre articoli della Costituzione.
Più precisamente, si tratta dell’articolo 97, quello secondo il quale le pubbliche amministrazioni devono tenere il bilancio in equilibrio in coerenza con l’ordinamento Ue; l’articolo 117 che afferma come lo Stato debba fare le leggi nel rispetto dell’ordinamento comunitario.
E l’articolo 119, secondo cui anche regioni e comuni devono legiferare attenendosi ai vincoli comunitari.
In altre parole, Giorgia Meloni vuole cancellare dalla Costituzione Italiana ogni riferimento all’Unione Europea. Per uscirne, come dicevano di voler fare Matteo Salvini e Beppe Grillo qualche anno fa, o come vorrebbe fare oggi Gianluigi Paragone?
No, è diverso: Giorgia Meloni vuole cambiare l’Unione Europea sancendo il principio che le nazioni possano fare leggi che contrastino in modo palese quel che si decide tutti assieme a Bruxelles
Facciamo qualche esempio.
Con questa modifica costituzionale, l’Italia potrebbe decidere di non rispettare le regole del patto di stabilità, ad esempio, quelle che – almeno fino alla pandemia – dicevano che il deficit annuo dello Stato non avrebbe potuto superare per alcun motivo il 2% del suo prodotto interno lordo.
O ancora, potrebbe decidere di adottare una propria e autonoma politica agricola, o una propria e autonoma politica di regolazione dei flussi migratori, o di una propria e autonoma strategia per combattere (o non combattere) il riscaldamento globale.
In pratica, con la prevalenza del diritto nazionale su quello comunitario viene meno tutto il processo di costruzione degli Stati Uniti d’Europa come un’entità in grado, in un prossimo futuro, di superare gli Stati nazionali.
Ma più in generale, viene meno l’idea stessa di Cooperazione Europea nata dalle macerie del secondo conflitto globale, quello combattuto e vinto contro il nazifascismo.
Non è una battaglia iniziata da Fratelli d’Italia, intendiamoci. Quella dell’Europa confederale, o se preferite dell’Europa delle Nazioni, è la storica partita dei Conservatori inglesi, e soprattutto del partito di destra Giustizia e Libertà al governo ora in Polonia – entrambi, non casualmente, appartenenti alla stessa famiglia europea di Fratelli d’Italia – Paese la cui Corte Costituzionale ha già sancito il principio di prevalenza del diritto nazionale su quello comunitario e che proprio per questo è in guerra aperta con Bruxelles, anche perché tale leva è stata usata per discriminare donne e omosessuali, per vietare l’aborto anche in caso di malformazione del feto, e per creare una superprocura che avrà accesso a tutti i dati dei cittadini e potrà perseguirli penalmente.
Ecco: forse la riforma costituzionale di cui dovremmo davvero preoccuparci, in caso di vittoria di Giorgia Meloni, è soprattutto questa. Perché il diritto comunitario, in questi anni, è stato il vero argine contro le derive estremiste di qualsivoglia origine, contro il riemerge di tensioni e conflitti tra gli Stati europei.
Così come la cooperazione europea ci ha permesso di gestire al meglio il post pandemia, con un piano di aiuti mastodontico come Next Generation Eu, laddove invece l’assenza di cooperazione ha prodotto disastri come nel caso della gestione dei flussi migratori dall’Africa e da Medio Oriente.
Giorgia Meloni vuole mani libere per poter governare il Paese secondo dettami che sui diritti civili, sull’immigrazione, sulle politiche fiscali sono in aperto conflitto con i principi della cooperazione europea.
Ed è per questo che la vuole eliminare. Così come, del resto, vuole il presidenzialismo per dare all’esecutivo più poteri di quelli che ha oggi, senza i contrappesi che ha oggi.
Senza Bruxelles e senza il Quirinale come argini, forse, la sua ascesa ci spaventerebbe un po’ di più.
(da Fanpage)
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Settembre 14th, 2022 Riccardo Fucile
SALVINI SI ERA MOSTRATO INDIGNATO E AVEVA SOSPESO I TRE PER LA FIGURA DI MERDA… POI IN SILENZIO LI HA RIMESSI IN LISTA: QUESTA E’ L’ETICA SOVRANISTA
Sembra passata un’era da quando si monitorava il conto corrente per vedere se l’Inps avesse erogato i 600 euro di bonus Covid, all’inizio della pandemia, nel 2020.
Tra chi aspettava l’accredito non c’erano solo liberi professionisti messi alle strette dalla pandemia.
Scoppiò uno scandalo quando si scoprì che anche alcuni parlamentari ne avevano fatto richiesta. Si trattava di Andrea Dara, Elena Murelli, Marzia Casolati (Lega) e Marco Rizzone (Movimento 5 stelle).
Furono tutti sospesi dai rispettivi partiti, nel caso del Carroccio su sollecitazione diretta di Matteo Salvini.
Il quale dichiarò: «Ho dato indicazione che chiunque abbia preso o fatto richiesta del bonus venga sospeso e in caso di elezioni non ricandidato». Era il 12 agosto 2020.
Esattamente due anni dopo, durante la compilazione delle liste avvenuta – ironia della sorte – in un inedito mese di agosto, il segretario della Lega ha dimenticato la promessa fatta ai microfoni di Rai 3, come spiega Il Fatto Quotidiano.
Il deputato Andrea Dara correrà infatti all’uninominale per la Camera in Lombardia. La deputata Elena Murelli è stata candidata al Senato, dove è seconda in lista al plurinominale ed è il nome scelto per l’uninominale in Emilia-Romagna. Marzia Casolati, invece, ha ricevuto ben tre caselle per riottenere un seggio a Palazzo Madama: uninominale in Piemonte, capolista e in seconda posizione in altri due collegi piemontesi del plurinominale
Anche il grillino Marco Rizzone non è stato lasciato a casa. Espulso dal M5s, ha trovato nella lista “Noi moderati” un vagone con il quale tentare di rientrare a Montecitorio: Rizzone è capolista di un plurinominale pugliese per il soggetto politico che fa riferimento a Giovanni Toti, Maurizio Lupi, Luigi Brugnaro e Lorenzo Cesa.
E pensare che fu proprio Giovanni Toti, in un tweet, ad attaccare pesantemente l’allora deputato di Giuseppe Conte, quando fu reso noto che aveva fatto richiesta del bonus di 600 euro: «Rizzone, protagonista dell’alleanza giallo rossa in Liguria, è stato cacciato dal movimento per aver preso vergognosamente il bonus Covid da 600 euro: molto bene. Gli elettori manderanno a casa il resto della ciurma!».
(da agenzie)
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Settembre 14th, 2022 Riccardo Fucile
“DOBBIAMO PRENDERE ATTO DI AVER SUBITO UNA SCONFITTA, IL NOSTRO AVVERSARIO E’ MOLTO POTENTE E NOI IMPREPARATI”
Con la controffensiva delle forze ucraine che avanza, e la conseguente ritirata dell’esercito russo, sempre più massiccia, il consenso russo nei confronti dell’«operazione speciale» inizia a incrinarsi, anche nei più fedeli sostenitori di Vladimir Putin.
Lo dimostra uno spezzone di un talk show sulla Russian State Tv, raccolto dalla giornalista statunitense Julia Davis, creatrice del Russian Media Monitor.
Durante il programma, uno degli ospiti, il regista filoputiniano Karen Georgievic Shakhnazarov, lancia una sorta di appello alla consapevolezza, in disaccordo con la maggior parte dei presenti. Il regista, che chiama l’«operazione speciale» guerra (per di più sottolineandolo), invita i presenti ad ammettere di aver subito una sconfitta, a guardare le cose realisticamente, senza cedere al panico.
«Nessuno, né Putin, né Zelensky, né l’Occidente, può far finire questa guerra. La guerra finirà solo con la sconfitta definitiva di una delle due parti. E per noi potrebbe rivelarsi fatale, potrebbe portare alla disintegrazione del paese», avverte.
Bisogna «riconoscere che ci stiamo battendo contro un avversario molto potente. Siamo tutti a conoscenza dei problemi delle nostre forze amate, eravamo chiaramente impreparati a una guerra di questa portata, mentre l’esercito ucraino era pronto», continua, sottolineando la necessità di cambiare metodo.
Ma la svolta, secondo Shakhnazarov, non sarebbe nella mobilitazione nazionale, bensì in una soluzione politica del conflitto: «Dobbiamo accettare che la popolazione ucraina esiste. E nei territori liberati possiamo offrire una versione alternativa dell’Ucraina, amichevole nei confronti della Russia»
Poi ribadisce la forza morale e fisica dell’avversario. «Negli ultimi sei mesi ho sentito solo: “Annetteremo questo, quell’altro, ecc.”. Se io fossi dall’altra parte e mi sentissi continuamente dire “Questo e quest’altro ti verranno portati via”, anch’io combatterei fino all’ultimo sangue. Loro ci stanno combattendo molto duramente. Ho sentito conversazioni su una resa di massa, ma io non vedo nessuna resa, anzi: si sono molto impegnati nella difesa, ma ora viene fuori che sanno combattere anche attaccare. La loro motivazione è forte, stiamo affrontando una dura resistenza…».
E il moderatore lo interrompe: «In ogni caso siamo obbligati a vincere. L’esistenza del nostro grande Paese è a rischio».
(da agenzie)
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Settembre 14th, 2022 Riccardo Fucile
I SOLDATI DI MOSCA VOGLIONO SCAPPARE DAL DONBASS
A Cherson, città dell’Ucraina meridionale ancora occupata dall’esercito russo, gli ufficiali di polizia locale nominati dalle forze di invasione stanno presentando dimissioni in massa visti i recenti successi sul campo di battaglia dell’esercito ucraino nella regione.
A riportarlo l’agenzia Ukrinform, alla quale una fonte qualificata ha rivelato che il numero di agenti pronti a lasciare il servizio, dopo essere passati dalla parte dei russi solo pochi mesi fa, è aumentato in modo significativo.
Uno dei dimissionari sarebbe Rostyslav Malinovsky, «un traditore locale che si è unito alla cosiddetta Direzione principale del ministero degli Affari interni nella regione di Cherson».
Come verificato dal servizio di sicurezza ucraino, «è disposto a dimettersi dalla posizione di vice capo del dipartimento di investigazione criminale, chiedendo la risoluzione del suo contratto in relazione al peggioramento della situazione della regione di Cherson».
Un altro “poliziotto” che lavora nella regione occupata di Cherson, D.A. Mettus, apparentemente di nazionalità russa, chiede di essere trasferito a San Pietroburgo per tornare al suo precedente posto di lavoro.
Essendo un «supervisore del Dipartimento di Polizia della città di Suvorov del dipartimento principale del ministero degli Affari Interni della Russia nella regione di Cherson», chiede il trasferimento «a causa della mancanza di alloggi e di un adeguato livello di sostegno finanziario» a Cherson.
Secondo la fonte, lo stato d’animo generale delle forze militari e di sicurezza russe nei territori occupati dell’Ucraina comporta la volontà di «abbandonare e fuggire».
(da agenzie)
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Settembre 14th, 2022 Riccardo Fucile
NEL 2014 LA DONNA SI ERA UNITA ALL’ESERCITO DI KIEV: “MI VERGOGNO DEL MIO PAESE”
Una giovane donna di origine russa, che aveva scelto di combattere per la libertà dell’Ucraina.
È morta in battaglia la sergente Olga Simonova, 34 anni, detta «Simba». Secondo l’agenzia di stampa ucraina Unian, la donna sarebbe stata uccisa da un ordigno esplosivo nella regione di Donetsk, nel Donbass.
Nel 2014, Simonova – originaria di Chelyabinsk, nella zona orientale degli Urali – aveva rinunciato alla cittadinanza russa per trasferirsi a Kiev.
Nei suoi primi anni in Ucraina, ha lavorato come paramedico in un’unità di volontariato, salvo poi diventare soldata nell’esercito ucraino.
E proprio mentre prestava servizio per le forze armate di Kiev, Simonova ha ricevuto il passaporto ucraino e i gradi di sergente.
«Provo vergogna verso il mio Paese», aveva dichiarato in un’intervista nel 2018. Quando viveva a Chelyabinsk, Simonova era un ingegnere e un’insegnante di diversi sport. Dopo l’annessione della Crimea, però, aveva deciso di fare le valigie, comprare un biglietto per Kiev e trasferirsi per sempre in Ucraina. Dall’inizio della guerra con la Russia, «Simba» ha preso parte ai combattimenti nella regione di Lugansk, nel Donbass. Secondo i giornalisti di Unian, agenzia di stampa ucraina, «Olya Simonova, che ha imparato bene la nostra lingua ,è un esempio di come ucraini non si nasce, ma si diventa».
(da agenzie)
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Settembre 14th, 2022 Riccardo Fucile
“LA REPUBBLICA” SOSTIENE CHE, ALLA RICHIESTA INSISTENTE DI PALAZZO CHIGI SUL COINVOLGIMENTO O MENO DI PARTITI ITALIANI, DA WASHINGTON “HANNO OPPOSTO RISPOSTE VAGHE”
“Mi sono confrontato con l’Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica Franco Gabrielli” sul rapporto dell’ intelligence Usa che riferisce di finanziamenti della Russia a partiti di Paesi esteri “ed al momento non esistono notizie che ci sia l’Italia” tra i Paesi coinvolti. Così il presidente del Copasir Adolfo Urso ad ‘Agorà’ su Rai 3.
Palazzo Chigi sa che il rapporto esiste. E lo sa perché glielo hanno comunicato gli americani, sollecitati dall’intelligence italiana. Sulla lista dei Paesi coinvolti e sui nomi dei leader che hanno ricevuto finanziamenti da Mosca, però, la partita è assai più intricata. Perché Roma ha chiesto a Washington se l’Italia è parte del dossier e l’identità degli eventuali politici finiti nella rete.
L’ha fatto con una pressione crescente, a partire da metà giornata. Attraverso tutti i canali a disposizione, dunque di intelligence e diplomatici. Ma gli Stati Uniti hanno opposto risposte vaghe, ragionamenti ancora generici. Una riservatezza che significa soltanto una cosa: c’è una operazione in corso, siamo noi ad avere in mano il pallino, intendiamo mantenerlo e preferiamo farlo senza interferenze.
(da agenzie)
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Settembre 14th, 2022 Riccardo Fucile
NEL CABLO USA NON C’È SCRITTO SOLO IL PASSATO, MA LA MINACCIA FUTURA A BREVE: LA RUSSIA HA PIANIFICATO DI TRASFERIRE “ALMENO ALTRE CENTINAIA DI MILIONI DI DOLLARI”
Secondo un cablo del Dipartimento di Stato firmato da Anthony Blinken, che cita documenti di intelligence americana appena declassificati per volontà precisa di Joe Biden – e il cui contenuto è stato riferito, per ora solo nelle grandi linee, a un gruppo di giornalisti internazionali da parte di un alto ufficiale dell’amministrazione Usa in carica – dal 2014 in avanti la Russia ha trasferito più di 300 milioni di dollari a partiti politici, funzionari e politici stranieri in più di due dozzine di Paesi nel mondo.
Non sono stati per ora resi noti i Paesi e i politici stranieri coinvolti da questa gigantesca operazione d’influenza. Gigantesca perché, stando a fonti occidentali consultate da La Stampa, i 300 milioni sono solo quelli di cui si ha la certezza documentale, ossia qualche tipo di riscontro tangibile già individuato. «Ma pensiamo sia solo la punta dell’iceberg», dicono gli americani. L’operazione coperta russa avrebbe riguardato, secondo quanto risulta a La Stampa, di sicuro le recenti elezioni in Bosnia, Montenegro e Albania.
Ma anche think tank e società di comodo che hanno fatto da front per i russi in Europa. E imprese statali in America centrale, Asia, Medio Oriente e Nord Africa. Una minaccia ibrida per lo più esercitata attraverso propagandisti infiltrati nelle tv e nei think tank dei Paesi europei, e corruzione ambientale.
La grande domanda adesso è: qualcuno in Italia ha preso questi soldi? «Gli Stati Uniti forniranno ai Paesi coinvolti le informazioni classificate riguardo quei politici che risultano essere stati finanziati», spiegano fonti americane. Se ci fossero informazioni riguardanti l’Italia, i primi avvisati sarebbero il Dipartimento per le informazioni e la sicurezza, e ovviamente il premier in persona.
Negli ultimi anni molte sono state le polemiche per rapporti o trattative pericolose – politiche e non solo – di mondi politici italiani con i russi. Infinite le riviste e i siti, soprattutto populiste e sovraniste, che hanno svolto propaganda pro Cremlino. Un consigliere di Salvini trattò all’hotel Metropol una rivendita di gas con elargizione di presunti finanziamenti alla Lega (69 milioni) da parte del giro dell’oligarca Konstantin Malofeev, vicenda sulla quale è ancora aperta una difficile indagine della Procura di Milano (la Lega nega che la cosa sia mai andata in porto) con ipotesi di corruzione internazionale.
La Lega firmò un accordo politico con l’emissario di Putin, Sergey Zeleznyak, che comprendeva anche «scambi di informazioni».
Lo stesso accordo politico, negli stessi due mesi, fu trattato dal M5S con Alessandro Di Battista, i 5 Stelle solo alla fine non lo firmarono, dopo che il caso era stato rivelato da La Stampa. Per due volte dopo il 2014 delegazioni parlamentari 5 Stelle andarono in Crimea a sostenere la posizione annessionista filorussa, contro l’Ucraina. Grillo era ospite privilegiato a RT, oggi bannata in Europa.
Il leader M5S Giuseppe Conte fu al centro di forti polemiche nel marzo 2020, per aver concesso una sfilata di mezzi militari e intelligence e generali russi in Italia, che i russi presentavano come «missione di aiuti».
Mentre a luglio è esploso il caso dei contatti tra un emissario di Salvini e uomini dell’ambasciata russa che gli domandarono – due mesi prima della caduta di Draghi – se i leghisti erano «orientati a ritirare i ministri dal governo». Naturalmente nulla vieta che tutte queste posizioni pro Cremlino siano state prese in Italia gratis e senza contropartite. E per ora non sappiamo se di questi 300 milioni qualcosa, e quanto e a chi, sia arrivato in Italia.
Ma l’ufficiale americano avvisa: «Stiamo avvertendo questi partiti e candidati stranieri che se accettano denaro russo in segreto, possiamo smascherarli e lo faremo. Putin ha speso larghe somme nel tentativo di manipolare le democrazie dall’interno». Nel cablo non c’è scritto solo il passato, ma la minaccia futura a breve: la Russia ha pianificato di trasferire «almeno altre centinaia di milioni di dollari» per finanziare partiti e funzionari simpatizzanti in tutto il mondo.
(da La Stampa)
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Settembre 14th, 2022 Riccardo Fucile
WASHINGTON NON SVELA A ROMA L’IDENTITA’ DEI POLITICI CHE AVREBBERO RICEVUTO I FONDI: “OPERAZIONE ANCORA IN CORSO”
Il governo Draghi è a conoscenza del report d’intelligence che sostiene che la Russia ha trasferito 300 milioni di dollari ad alcuni partiti di oltre 20 paesi a partire dal 2014. Di più: Roma ha chiesto a Washington di sapere se nel dossier c’è anche l’Italia. E l’identità dei politici che avrebbero ricevuto fondi. Ma gli Stati Uniti hanno fornito risposte generiche ed evasive. Perché l’operazione sarebbe ancora in corso.
E perché è più probabile che i nomi escano da fonti ufficiali o media americani. Visto che in questo modo gli Usa eviterebbero all’esecutivo di scegliere se intervenire o meno durante la campagna elettorale. Intanto l’ex ambasciatore Usa alla Nato Kurt Volker sostiene che anche Fratelli d’Italia ha ricevuto aiuto da Mosca. Come Forza Italia e Lega.
Con ordine. Secondo l’intelligence Usa i paesi coinvolti nelle “sponsorizzazioni” di Vladimir Putin si trovano in Asia del Sud, Africa ed Europa. Secondo i funzionari si tratta di un tentativo di manipolare il funzionamento delle democrazie dall’interno.
Una fonte dell’amministrazione statunitense dice a La Stampa che la preoccupazione di Washington è che si venga a creare una divisione tra i governi che sostengono l’Ucraina e la gente che paga di tasca propria le ripercussioni economiche del conflitto. Da qui la decisione di rendere pubblico il dossier. Per far sapere a chi ha preso i soldi che Oltreoceano si sa tutto. «Stiamo avvertendo questi partiti e candidati stranieri che se accettano denaro russo in segreto, possiamo smascherarli e lo faremo. Putin ha speso larghe somme nel tentativo di manipolare le democrazie dall’interno».
Anche perché nel cablo si sostiene che la Russia ha pianificato di trasferire «almeno altre centinaia di milioni di dollari» per finanziare partiti e funzionari simpatizzanti in tutto il mondo. Il quotidiano spiega anche che nel documento diffuso dall’intelligence non si citano la Lega o i suoi esponenti. Mentre la Repubblica aggiunge che il dossier rivelato dal Washington Post svela che i russi hanno utilizzato think tank e società di comodo per far arrivare i soldi. Il cable nomina gli oligarchi russi coinvolti negli schemi di finanziamento”. Tra questi Yevgeniy Prigozhin e Aleksandr Babakov. Il quotidiano elenca una serie di eventi sui quali si staglia l’ombra di Mosca. Come il referendum per la Brexit in Gran Bretagna. Oppure la vittoria di Trump nelle presidenziali del 2016, dopo il furto delle email personali di Hillary Clinton.
E ancora: le presidenziali francesi, fra Macron e Le Pen. i disordini catalani in Spagna; le elezioni tedesche, a favore dell’estrema destra. Fino al referendum costituzionale in Italia, per affondare il progetto di Renzi. E il movimento No Vax in Europa. Ma nell’intervista rilasciata a Paolo Mastrolilli l’ex ambasciatore Usa alla Nato Kurt Volker fa esplicitamente i nomi di Fdi, Lega e Forza Italia. «Sapevamo da anni che i russi spendono per influenzare le elezioni in tutto l’Occidente. Cercano di promuovere la divisione nelle nostre società e fra i nostri paesi. Questi 300 milioni non hanno fruttato molto, però hanno migliorato le prospettive di alcuni partiti, come quello di Le Pen in Francia e Fratelli d’Italia da voi».
Come? «Per promuovere la loro narrativa. A volte i fondi vanno ai partiti in Europa, o anche ai singoli politici, con pagamenti diretti oppure affari conclusi da compagnie russe che beneficiano questi politici, creando in loro un interesse diretto ad aiutare Mosca». L’ambasciatore ammette di non avere prove dirette personali, «ma è un ritornello costante che c’è stata qualche forma di assistenza». E poi cita Lega e Fdi: «La Lega è in circolazione da parecchio tempo ed era noto che riflettesse le prospettive russe. FdI è una formazione più recente, anche se erede di altri partiti, ed è cresciuta in maniera straordinaria nell’ultimo anno. Ciò obbliga a porsi domande su quali sono le fonti dei loro finanziamenti, delle posizioni prese e dell’aumento della popolarità».
E mentre, riflette l’ambasciatore, il caso Metropol dimostra che ci sono state discussioni riguardo i finanziamenti al Carroccio, ci sono sospetti anche riguardo Forza Italia. «È interessante che Berlusconi non fosse così filo russo, quando aveva fatto il premier la prima e la seconda volta, ma alla terza è completamente cambiato. Ha sviluppato uno stretto rapporto personale con Putin, e forti relazioni di business con la Russia», sostiene Volker.
In effetti in un’intervista qualche giorno fa l’attuale compagna del Cav Marta Fascina ha sostenuto che l’ex premier «ha avuto il merito di porre fine alla Guerra Fredda con gli accordi di Pratica di Mare, vero e ineguagliabile miracolo di politica estera targato Berlusconi». Ma è anche vero che l’ultimo governo Berlusconi è caduto nel novembre 2011. Mentre il dossier parte dal 2014.
(da NextQuotidiano)
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Settembre 14th, 2022 Riccardo Fucile
“L’USO PIU’ SEMPLICE DEI FONDI E’ CON I SOCIAL MEDIA”… LA MELONI MINACCIA QUERELE, URSO DICE CHE “AL MOMENTO” NON RISULTANO FONDI A PARTITI ITALIANI
“Le simpatie per la Russia della Lega e di Berlusconi erano note, ma ora il ritornello costante è che anche Fratelli d’Italia abbia ricevuto qualche aiuto”. È il sorprendente commento di Kurt Volker, ex ambasciatore Usa alla Nato col presidente Bush e inviato speciale per l’Ucraina con Trump, alla denuncia del segretario di Stato Blinken: “Sapevamo da anni che i russi spendono per influenzare le elezioni in tutto l’Occidente. Cercano di promuovere la divisione nelle nostre società e fra i nostri paesi. Questi 300 milioni non hanno fruttato molto, però hanno migliorato le prospettive di alcuni partiti, come quello di Le Pen in Francia e Fratelli d’Italia da voi”.
Come usano i soldi?
“Dipende dai paesi e dalle circostanze. L’utilizzo più facile sono i social media, per promuovere la loro narrativa. A volte i fondi vanno ai partiti in Europa, o anche ai singoli politici, con pagamenti diretti oppure affari conclusi da compagnie russe che beneficiano questi politici, creando in loro un interesse diretto ad aiutare Mosca”.
Vede un collegamento tra la denuncia di Blinken e il fatto che tra dieci giorni in Italia si vota
“Certo. C’è la preoccupazione che un governo di estrema destra in Italia sia più favorevole alla Russia. Ricordiamoci però che tra due mesi ci sono le midterm negli Usa, e i democratici vogliono ricordare ai nostri cittadini che quanto sentiranno durante la campagna elettorale potrebbe essere ispirato o promosso da Mosca”.
Davvero l’allarme riguarda anche Fratelli d’Italia?
“Non ho prove dirette personali, ma è un ritornello costante che c’è stata qualche assistenza. Se guarda bene la loro linea politica, alcuni aspetti riflettono le posizioni russe”.
Si riferisce a Fratelli d’Italia o alla Lega?
“La Lega è in circolazione da parecchio tempo ed era noto che riflettesse le prospettive russe. FdI è una formazione più recente, anche se erede di altri partiti, ed è cresciuta in maniera straordinaria nell’ultimo anno. Ciò obbliga a porsi domande su quali sono le fonti dei loro finanziamenti, delle posizioni prese e dell’aumento della popolarità”.
Loro dicono che sono atlantisti e resteranno fermi nel sostegno all’Ucraina. Teme che sia solo una mossa elettorale?
“Non lo sappiamo, perché finora non hanno mai guidato il governo e non possiamo prevedere come reagiranno. È vero che negli ultimi tempi hanno detto le cose giuste e se andranno al potere dovremmo incoraggiarli anche a farle. Però come si comporteranno davvero è un’incognita”.
Vale anche per la Lega?
“Sì, ma in questo caso qui ci sono le prove quanto meno delle discussioni avvenute sui finanziamenti”.
Si riferisce alle conversazioni di Savoini al Metropol?
“Certo”.
E sospetta anche di Forza Italia?
“Sì. È interessante che Berlusconi non fosse così filo russo, quando aveva fatto il premier la prima e la seconda volta, ma alla terza è completamente cambiato”.
Perché?
“Ha sviluppato uno stretto rapporto personale con Putin, e forti relazioni di business con la Russia”.
Come giudica gli sviluppi militari in Ucraina?
“Sapevamo che l’apparato militare russo era esausto. Kiev ora ha armi migliori, più precise e di lunga gittata, e le sta usando bene. La controffensiva continuerà”.
Perciò Putin cerca di usare le influenze politiche?
“Certo. Sta perdendo militarmente e soffrendo sul piano economico. Quindi deve usare i canali della disinformazione per dare l’impressione che le cose vadano meglio della realtà e dividere gli occidentali come ultima arma. Ma non ci riuscirà”.
(da La Repubblica)
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